
ASSENZA DI DIO
Diciamo che ti allontani definitivamente
verso il pozzo d’oblio da te scelto,
ma la parte migliore del tuo spazio,
in realtà l’unica costante del tuo spazio,
rimarrà per sempre in me, dolente,
persuasa, frustrata, silenziosa,
rimarrà in me il tuo cuore inerte e sostanziale,
il tuo cuore di un’unica promessa
in me che resto completamente solo
a sopravviverti.
Dopo quel dolore rotondo ed efficace,
pazientemente aspro, d’invincibile dolcezza,
non importa se sfrutto la tua assenza insopportabile
né oso chiedere se una parola
può contenerti come al solito.
La verità è che ora non sei nella mia notte
di straziante e totale somiglianza con altre
in cui ho cercato di averti o circondarti.
Resta soltanto un’eco irrimediabile
della mia voce infantile, quella ignara.
E adesso che inutile paura, che vergogna
non avere preghiere come morsi,
né fede per piantare le unghie,
non avendo altro che la notte,
sapere che Dio muore, che Dio scivola,
che sta arretrando con le braccia chiuse,
con le labbra chiuse, con la nebbia,
come un campanile a pezzi
che ritornasse indietro secoli di cenere.
È tardi ormai. Eppure io darei
tutti i giuramenti e poi le piogge,
le pareti con insulti o amorosi richiami,
le finestre d’inverno, il mare a volte,
pur di non avere in me il tuo cuore,
inevitabile cuore sofferente
in cui mi trovo completamente solo
a sopravviverti.
‘
[da Soltanto nel frattempo (1948 – 1950)]
*
DESAPARECIDOS
Sono da qualche parte / a concertarsi
a sconcertarsi / sordi
cercandosi / cercandoci
impediti dai segni e dai dubbi
a guardare i cancelli delle piazze
campanelli di porte / vecchi terrazzi
a fare ordine nei sogni negli oblii
forse convalescenti di una morte privata
nessuno ha spiegato loro con certezza
se sono già partiti oppure no
se sono manifesti o appena un tremolio
se son sopravvissuti o semplici responsi
vedono uccelli e alberi che passano
e non sanno a quale ombra appartengono
quando cominciarono a scomparire
tre cinque o sette cerimonie fa
a scomparire come senza sangue
come senza volto e senza motivo
videro dalla finestra dell’assenza
ciò che restava dietro / l’impalcatura
di abbracci e fumo
quando cominciarono a scomparire
come l’oasi scompare dai miraggi
a dileguarsi senza un’ultima parola
reggevano in mano brandelli
di cose che amavano
da qualche parte sono / nube o tomba
da qualche parte stanno / ne sono certo
forse nel sud dell’anima
la bussola sarà andata persa
e ora girano sempre a domandare
dove cazzo rimane il buon amore
perché loro vengono dall’odio
‘
[da Geografie (1982 – 1984)]
*
ESSERE VIVO
Sono vivo
non è brutto essere vivo
e ascoltare ancora Zitarrosa
che è morto
è brutto che sia morto
le voci che tu ami non tacciono mai
vivono e sopravvivono / galleggiano
nella memoria fedele scandalosa
io ritorno a me stesso
mi saluto
con la seta del lago e quattro cigni
con il segno fatale degli identici
e con i fili della di speranza
con la prudenza degli egoisti
e l’imprudenza dei generosi
sono vivo
non è brutto essere vivi
e ascoltare ancora Gustav Mahler
avanzo piano e con cautela
e nessuno bada alle mie orme
medito a labbra strette
e verifico
non è brutto essere vivi
‘
[da Il mondo che respiro (2000)]
*
(tratto da Mario Benedetti, Inventario – poesia 1948 – 2000, Le Lettere)
Grazie per questa proposta Angre, è davvero un Autore da conoscere per contenuti e per come li propone. Autentico e autentici i suoi versi, capaci di dimenticarsi l’io e abbracciare un noi, sfiorare e addentrarsi invece nelle pieghe più strette, e tutto con una leggerezza di pochi.
Segno.
Alla tua attenzione e alla stima che hai per questo luogo dedico il 2000° commento de Il sasso nello stagno e sono contenta che sia una rivolto a te, carissimo Romeo, pensando e “rispondendo” alla tua sensibilità e alla tua cara presenza in questo collettivo.
Un abbraccio grande 😛
al seguente link, l’articolo completo in collaborazione con Antonino Caponnetto
http://caponnetto-poesiaperta.blogspot.it/2013/11/mario-benedetti-da-inventario-poesie.html