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LAMENTO DELLA SPOSA BAROCCA (OCTAPUS)
T’avrei lavato i piedi
oppure mi sarei fatta altissima
come i soffitti scavalcati di cieli
come voce in voce si sconquassa
tornando folle ed organando a schiere
come si leva assalto e candore demente
alla colonna che porta la corolla e la maledizione
di Gabriele, che porta un canto ed un profilo
che cade, se scattano vele in mille luoghi
– sentite ruvide come cadono -; anche solo
un Luglio, un insetto che infesta la sala,
solo un assetto, un raduno di teste
e di cosce (la manovra, si sa, della balera),
e la sorte di sapere che creatura
va a mollare che nuca che capelli
va a impigliare, la sorte di ricevere; amore
ti avrei dato la sorte di sorreggere,
perché alla scadenza delle venti
due danze avrei adorato trenta
tre fuochi, perché esiste una Veste
di Pace se su questi soffitti si segna
il decoro invidiato: poi che mossa un’impronta si smodi
ad otto tentacoli poi che ne escano le torture.
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CONGEDO
“Le fer des mots de guerre se dissipe dans l’hereuse matièere sans retour.”
così dal colmo, ormai, nuoce
il dimandar parenzé, come
il Distrarsi. Lasciatemi
a questa strana circostanza. Qui
so, con il mio amore, e con chiunque
vi arrivi, che a questo inferno minore, tutto è minore; medesimo
è solo il Carnevale. Ahi l’impostura
seguente che riduce che quagiuso nemena.
[tratte da Claudia Ruggeri, Inferno minore, a cura di Mario Desiati, peQuod 2006)
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Il calice di fiele che mi hai dato
Questa croce pesante
che ho portato senza proteste
sopra il mio Calvario.
Questi chiodi crudeli
ho lasciato trafiggere
il mio corpo e il mio sudario.
Queste piaghe profonde
che ho guardato aprirsi nella carne:
oh, mio Signore, tutto questo,
lo sai,
te l’ho donato.
E pure, adesso che il festino è finito
Oh, mio Signore, ti faccio omaggio,
e, sorridendo,
brindo
col calice di fiele
che mi hai dato.
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§
Prego i tristissimi occhi
d’eroe di guardare
che i suoi logori sguardi
vertano sul mio dolore.
E poi volino
fantastici e stanchi
partendo da lì.
Dal dolore.
Prego che Vittoria
sappia che nel suo volo di pietra
è la perdita umana
Prego che Eroe e sua Vittoria
passeggino insieme
per poco, nel mondo.
Che le estati li investano, torride,
e così lunghe notti
nel freddo.
Che la terra riempia di sassi
le palpebre giovani
e le guidi fin dentro
dai suoi dannati.
Prego le ragioni della luce
di illanguidire i loro respiri,
e le sabbie di soffocarne la voce.
Prego il mare
affinché disperda i loro cuori
nelle sue acque.
Poi li trovarono
nella nicchia di un tempio
contorti e iniziati.
Li esposero in lunghissimi
treni di legno.
L’organo vomitava rigido
algide melodie.
Carcerata la loro giovinezza
da tetti di mogano,
zolle di terra
e poi rovi di vermi.
Li trovarono
e trovarono la mia preghiera
nei loro occhi
pallidi ed attoniti.
Lontano, in un giardino fiorito
qualcuno prepara una croce e dei chiodi.
Un giorno dei saggi
potando gli sterpi
in un vecchio giardino
troveranno anche me
con un passero
duro tra i denti.
[tratte da Canto senza voce di Claudia Ruggeri, a cura di Esther Basile e Angela Schiavone, Terra d’ulivi 2013]
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Claudia Ruggeri, poetessa salentina, nacque a Napoli nel 1967 da madre napoletana e da padre leccese. Nel 1968, si trasferì, con la famiglia, a Lecce dove visse fino alla fine. Frequentò il Liceo Scientifico approfondendo in contemporanea lo studio della lingua inglese. In seguito si iscrisse, simultaneamente, alla facoltà di lettere moderne ed a quella di teologia. Malgrado avesse sempre ottenuto risultati brillanti, non riuscì a laurearsi perché i problemi psichici l’aggredirono sopraffacendola. Dedicava buona parte del suo tempo libero alla lettura attraverso la quale acquisì una notevole cultura. La sua formazione culturale risultò ampiamente arricchita dai numerosi viaggi effettuati sin dall’infanzia. Particolarmente significativi per lei furono il lungo, avvincente, periplo della Turchia che la pose in contatto con il fascino di antiche civiltà nostre antenate. In seguito partecipò ad un tour, attuato prima della caduta del muro di Berlino, nei paesi dell’est europeo (Polonia, Ungheria, Russia) durante il quale potette constatare, de visu, parte di alcune realtà contemporanee allora pressoché sconosciute alla maggior parte dell’occidente. Un’altra esperienza significativa fu quella che le procurò un viaggio in India e nello Sri Lanka. Dall’età di circa 18 anni fece parte del “Laboratorio di poesia” creato nel 1985 e diretto da un docente dell’Università di Lecce, il Prof. Arrigo Colombo, filosofo scrittore e poeta il quale, con la collaborazione di un altro intellettuale, il Prof. Walter Vergallo, riuscì a dare un forte impulso al fermento culturale salentino. Nacque la rivista “L’incantiere” e prese il via il festival “Salentopoesia”. Si trattava dei primi reading pugliesi dove i migliori autori italiani si cimentavano, per intere serate, nella lettura di poesie. Vi partecipò anche Claudia incantando la platea non solo per la sua straordinaria bellezza, ma anche per il fascino delle sue performance. Nel “Laboratorio di poesia” convergevano i maggiori poeti salentini e Claudia fu considerata come la più dotata, forte e fortemente creativa nel discorso lirico, straordinaria ed incomparabile nella recitazione; personalissima sempre. Con la sua poetica ardua e singolare, Claudia si impose per la vitalità espressiva e per l’uso quasi spregiudicato della lingua, tanto che Franco Fortini, pur riconoscendo in lei le stimmate dell’artista, le rimproverò la foga letteraria in termini di “impunità” della parola. Fu in quegli anni che fece conoscenza, e sovente strinse relazioni di amicizia, con numerosi personaggi del mondo letterario ed artistico.
Dopo la sua morte venne pubblicato soltanto un numero della rivista “L’incantiere” interamente dedicato a testi suoi ed a saggi critici sulla sua poetica e, in concomitanza, venne realizzata una serata commemorativa organizzata presso l’Università di Lecce; in seguito più nulla accadde. Otto anni dopo la sua scomparsa lo scrittore Mario Desiati, caporedattore di “Nuovi argomenti”, rivista letteraria edita dalla Mondadori, le dedicò un’ampia sezione nel n° 28 (ottobre-dicembre 2004) pubblicandone una significativa selezione di versi, testimonianze e ritratti fotografici. E fu lo stesso Mario Desiati che in seguito, per conto della casa editrice peQuod, nel 2006 ha curato anche la stampa del volume “Inferno minore” che contiene, altresì, “Le pagine del travaso” ed un cospicuo numero di altri componimenti.
Nel 2007 “Terra d’ulivi” di Lecce edita “Oppure mi sarei fatta altissima” saggio sulla poetica di Claudia Ruggeri di Alessandro Canzian, che ha dedicato altri scritti alla poetessa mostrando una notevole perspicacia ed una grande sensibilità nell’interpretazione di testi di non facile approccio.
Buona parte dei manoscritti della poetessa si trova a Firenze, presso il “Gabinetto G.P. Vieusseux”, dietro richiesta del suo Direttore Prof. Giovanni Gozzini. (notizie tratte da dal sito claudiaruggeri.it)
Bellississimi i versi di questa poetessa, purtroppo leggo, scomparsa giovanissima all’età di 29 anni. Ringrazio Angela per il grande lavoro che sta facendo di presentare in questi articoli, dedicati agli autori contemporanri, poeti che almeno io non conoscevo che ora posso apprezzare.
Grazie Giorgio per la partecipazione. Claudia Ruggeri è una voce originale e familiare per noi salentini; la sua scelta tragica è il risultato di un difficile percorso di vita; vita nella quale la Poesia aveva ed ha ancora oggi – grazie alle persone tra cui sua madre che si occupano dei suoi scritti – un ruolo assolutamente centrale.
E’ difficile essere donna giovane, poeta e pure brava. Il mondo non è pronto per questo.
“E’ difficile essere donna giovane, poeta e pure brava”…. e pure bellissima!
sì, Lucia, una bellezza, ma soprattutto una bravura che non passavano inosservate
ricevo in mail e trascrivo qui:
Raro, molto raro incontrare -come in questo caso- il sentimento che proscrive il sentimentalismo e le sue trappole retoriche. Questa Autrice, che non conoscevo, esperisce proprietà formale e spessore di contenuti sorretti da espressività tutta sua, personale, subito distinguibile.
Ringrazio per questa bella lettura.
Leopoldo Attolico
grazie Leopoldo, per il tuo contributo nonostante l’inconveniente tecnico che ci ha fatto usare l’e-mail! Sono lieta che dalle pagine de Il sasso tu abbia potuto “incontrare” questa mia grande conterranea e per le parole che hai avuto per lei. Grazie!