Angela Greco, Anamòrfosi, poesie
Ed.Progetto Cultura, Roma, 2017, prefazione di Giorgio Linguaglossa
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Premessa dell’autrice
Anamòrfoṡi, alla greca, è un sostantivo femminile, dal greco, appunto, ἀναμόρϕωσις «riformazione», derivato di ἀναμορϕόω «formare di nuovo». Tra le differenti accezioni del termine, secondo il dizionario, è così chiamato anche un tipo di rappresentazione pittorica realizzata secondo una deformazione prospettica, che ne consente la giusta visione da un unico punto di vista, risultando invece deformata e incomprensibile se osservata da altre posizioni. Da qui, il titolo che indica una nuova scrittura poetica (rispetto a quella utilizzata in precedenza) comprensibile da una particolare angolazione \ prospettiva, dove la “visione” si rende manifesta spostando il punto di vista, piegandosi e mutando la propria posizione rispetto alla poesia a cui siamo abituati.
In pratica, mutuando una definizione ancora dal dizionario, Anamòrfosi “è il racconto di una azione che dev’essere interpretata diversamente dal suo significato apparente”. L’azione o, meglio, le azioni da leggere nei versi, oltrepassando il significato apparente, appunto, sono i passaggi che conducono alla liberazione necessaria all’atto della creazione poetica, abbandonando strada facendo quanto scritto fino a quel momento, per compiere il cambiamento di cui nel titolo. La narrazione, tra dubbi ed interrogativi, esprime l’allontanamento da tutto un consolidato mondo chiuso nella propria tradizione poetica, usurato, feroce e sempre pronto a stroncare ogni nuova voce.
Nelle varie sezioni si susseguono cambi di scena e dialoghi tra: una figura maschile – il maestro, che incarna colui che conosce la materia poetica e la sua situazione fino a quel momento, la razionalità e la concretezza, chiusa nella stanchezza e nella sfiducia -, una figura femminile – che rappresenta il discepolo, l’istinto e la creazione, che si identificherà alla fine col poeta – ed una voce, la poesia. (A.G.)
….Quello che ora è necessario è una nuova visione di ciò che è il reale e di ciò che la poesia vuole essere. È da qui che ha inizio il lavoro poetico di Angela Greco, il suo progetto di ampliare la «forma-poesia» per creare una poesia nuova, moderna, dialogata e narrativa che sappia argomentare e presentare i suoi Personaggi, le sue Maschere. E sarà su questo punto che si disegnerà un nuovo spazio per la poesia del futuro. La poetessa pugliese riparte dal punto tracciato da Czesław Miłosz in Ars poetica del 1957, posta in epigrafe del libro, alla ricerca di uno spazio espressivo integrale che sia contenitore di una «forma» più ampia e di un «tempo» più ampio (tempus regit actum, dicevano i giuristi romani), una linea di riflessione che attraversa la poesia del secondo Novecento. Una linea di riflessione, che diventa una linea di demarcazione. Angela Greco accetta di misurarsi con una «forma più spaziosa», seguendo e traendo le conseguenze dalla impostazione che ha dato Czesław Miłosz al problema della poesia dell’avvenire. È dentro questa problematica che si situa questo lavoro della poetessa di Massafra.” – (Dalla prefazione di Giorgio Linguaglossa, retrocopertina)
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Giorgio Linguaglossa, commentando su altra piattaforma, scrive: “È appena uscito il libro di poesia di Angela Greco, «Anamòrfosi» (Roma, Progetto Cultura, 2017) nella collana che ho l’onere di curare. Credo sia un libro importante. Finalmente un libro che si pone l’obiettivo di scrivere entro l’orizzonte di una precisa poetica. Non dunque, poesia d’occasione o poesia commento o poesia estemporanea, ma, direi, poesia in “diretta”, in presa diretta sul reale, una poesia che si fa in parallelo con il tempo nella convinzione che il tempo e lo spazio siano entità contingentate in poesia e ne determinano finanche la struttura interna. …La poesia di Angela Greco rende evidente che tra esperienza e rappresentazione del tempo dell’esperienza si dà sempre un campo di tensione irresolubile. E ciò è da attingere alla irreversibilità del tempo cosmologico e quantistico mentre invece la forma-poesia tende, per il suo divenire e sua essenza, a voler creare l’illusione di una reversibilità del tempo. Ecco la ragione della profonda illusorietà dell’arte moderna e in particolare della poesia, che essa si fonda sulla accettazione della illusorietà della rappresentazione sia prospettica che aprospettica…”