—–Approfittando della presenza del nostro stimatissimo amico Flavio Almerighi a Venezia, ospite con i suoi versi dell’ultimo incontro del ciclo “Callisto – Incontri di Poesia a Palazzo Grimani” sul tema delle metamorfosi, Il sasso nello stagno di AnGre è lieto di condividere una pagina sulla città lagunare, così da partecipare – seppur virtualmente – sia all’evento, che della bellezza di una città senza eguali. Buona lettura.
(in apertura foto di Gianni Berengo Gardin, Venezia, 1959)
due inediti di Flavio Almerighi
(immagine in alto: Fortunato Depero, Coleottero Veneziano, 1938)
—–[42] In questa città si può versare una lacrima in diverse occasioni. Posto che la bellezza sia una particolare distribuzione della luce, quella più congeniale alla retina, una lacrima è il modo con cui la retina – come la lacrima stessa – ammette la propria incapacità di trattenere la bellezza. In generale, l’amore arriva con la velocità della luce; la separazione, con quella del suono. Ciò che inumidisce l’occhio è questo deterioramento, questo passaggio da una velocità superiore ad una inferiore. Poiché siamo esseri finiti, una partenza da questa città sembra ogni volta definitiva; lasciarla è un lasciarla per sempre. Perché con la partenza l’occhio viene esiliato nelle province degli altri sensi: nel migliore dei casi nelle crepe e nei crepacci del cervello. Perché l’occhio non si identifica col corpo, ma con l’oggetto della propria attenzione. E per l’occhio la partenza è un processo speciale, legato a ragioni puramente ottiche: non è il corpo a lasciare la città, è la città ad abbandonare la pupilla. Allo stesso modo il commiato dalla persona amata provoca dolore,e soprattutto un commiato graduale, chiunque sia a partire e per qualsiasi motivo. Nel mondo in cui viviamo, questa città è il grande amore dell’occhio. Dopo, tutto è delusione. Una lacrima anticipa quello che sarà il futuro dell’occhio.
da Fondamenta degli Incurabili (Adelphi, 2012) di Iosif Brodskij
—–Sfumata in un residuo di nebbia che non ce la faceva né a dissiparsi né a diventare pioggia, un po’ disfatta da un torpido scirocco più atmosfera che vento, assopita in un passato di grandezza e splendore e sicuramente d’immodestia confinante col peccato, la città era piena di attutiti rumori, di odori stagnanti nel culmine d’una marea pigra. Sole e luna le segnavano un ritmo diverso, e come sospinta da un doppio scorrere di tempo essa incessantemente moriva nei marmi e nei mattoni, nei pavimenti avvallati, in travi e architravi ed archi sconnessi, in voli di troppi colombi, nell’inquietudine di miriadi di ratti che si annidavano moltiplicando in attesa. Della gente ognuno portava in sé un particella di quella finalità irrimediabile. Facevano le cose d’ogni altra gente, comprare il pane o il giornale, andare al tribunale o ad aprire bottega o a scuola e perfino in chiesa, e lo facevano con più spensieratezza che altrove, con un ridere arguto e gentile, in una parvenza di commedia che peraltro era, appunto, un invito affinché la morte facesse più in fretta.
Poi, un campanile dietro l’altro, il cielo opaco fu raggiunto dal mezzogiorno, ma non bastò a fare allegria nell’umido mezzogiorno di novembre. Al di là della commedia, chi aveva sentimenti e presentimenti poco lieti doveva per forza tenerseli. I mori dell’orologio batterono a turno, anch’essi due volte, le dodici ore sui tetti e sopra la vasta piazza del santo evangelista.
da Anonimo veneziano (Ed.BUR) di Giuseppe Berto
Ringrazio Flavio per la bella “scusa” come si dice da me, ovvero opportunità, che la sua lettura in Venezia mi ha dato per realizzare un omaggio ad una delle città più affascinanti che abbia mai visto. Un piccolo omaggio in arte, poesia e prosa anche ad un poeta, Almerighi, che apprezzo molto per il gusto tagliente della sua scrittura e per la sua capacità di saper essere al contempo dentro e fuori della realtà, mai banale e già con un piede nel domani. Un equilibrio funambolico, che in senso buono gli invidio.
Bellissimo post. Mi piace molto ” Muoriti stella ” un uso sfrontato del linguaggio come il tema.
Eletta
grazie, Eletta, della lettura 😀
Almerighi è autentico e nella autenticità non c’è divisione. È centrale non centrifugo.
Angela, ma chi sceglie le foto che sono una meglio dell’altra salvando la prima che é É!
Caro Lorenzo, grazie di esserci. Spero anche in eventuali risposte di Almerighi ai vostri commenti, magari non ha avuto modo di leggere ancora…
Ogni immagine che appare sul blog é sempre una mia precisa scelta esclusivamente dettata dal gusto personale, nulla di più. Grazie di cuore per l’apprezzamento 😀