Il padre, di Pablo Neruda
Terra dalla superficie incolta e arida
terra senza corsi d’acqua né strade
la mia vita sotto il sole trema e si allunga.
Padre, i tuoi dolci occhi non possono nulla
come nulla poterono le stelle
che mi bruciano gli occhi e le tempie.
Il mal d’amore mi tolse la vista
e nella fonte dolce del mio sogno
una fonte tremante si rifletté.
Poi… chiedi a Dio perché mi dettero
ciò che mi dettero e perché poi
incontrai una solitudine di terra e di cielo.
Guarda, la mia giovinezza fu un candido germoglio
che non si aprì e perde
la sua dolcezza di sangue e vitalità.
Il sole che tramonta e tramonta in eterno
si stancò di baciarla… È l’autunno.
Padre, i tuoi dolci occhi non possono nulla.
Ascolterò nella notte le tue parole:
…figlio, figlio mio …
E nella notte immensa
resterò con le mie e con le tue piaghe.
*
Ricordo del padre, di Sibilla Aleramo
Sempre che un giardino m’accolga
io ti riveggo, Padre, fra aiuole,
lievi le mani su corolle e foglie,
vivo riveggo carezzare tralci,
allevi rose e labili campanule,
silenzioso ti smemorano i giacinti,
stai fra colori e caldi aromi, Padre,
solitario trovando, ivi soltanto,
pago e perfetto senso all’esser tuo.
*
Il pastrano, di Alda Merini
Un certo pastrano abitò lungo tempo in casa
era un pastrano di lana buona
un pettinato leggero
un pastrano di molte fatture
vissuto e rivoltato mille volte
era il disegno del nostro babbo
la sua sagoma ora assorta ed ora felice.
Appeso a un cappio o al portabiti
assumeva un’aria sconfitta:
traverso quell’antico pastrano
ho conosciuto i segreti di mio padre
vivendoli così, nell’ombra.
*
A mio padre, di Alfonso Gatto
Se mi tornassi questa sera accanto
lungo la via dove scende l’ombra
azzurra già che sembra primavera,
per dirti quanto è buio il mondo e come
ai nostri sogni libertà s’accenda
di speranze di poveri di cielo,
io troverei un pianto da bambino
e gli occhi aperti di sorriso, neri
neri come le rondini del mare.
Mi basterebbe che tu fossi vivo,
un uomo vivo col tuo cuore è un sogno.
Ora alla terra è un’ombra la memoria
della tua voce che diceva ai figli:
“Com’è bella la notte e com’è buona
ad amarci così con l’aria in piena
fin dentro al sonno”. Tu vedevi il mondo
nel plenilunio sporgente a quel cielo,
gli uomini incamminati verso l’alba.
*
[senza titolo] di Angela Greco
Caro papà
Caro Papà.
Tu che ora sei nei pascoli celesti, nei pascoli terreni, nei pascoli marini.
Tu che sei tra i pascoli umani. Tu che vibri nell’aria. Tu che ancora ami tuo figlio Alesi Eros.
Tu che hai pianto per tuo figlio. Tu che segui la sua vita con le tue vibrazioni passate e presenti.
Tu che sei amato da tuo figlio . Tu che solo eri in lui. Tu che sei chiamato morto, cenere, mondezza.
Tu che per me sei la mia ombra protettrice.
Tu che in questo momento amo e sento vicino più di ogni cosa.
Tu che sei e sarai la fotocopia della mia vita.
Che avevo 6-7 anni quando ti vedevo Bello – forte – orgoglioso – sicuro – spavaldo rispettato e temuto dagli altri, che avevo 10-11 anni quando ti vedevo violento, assente, cattivo, che ti vedevo come l’orco che ti giudicavo un Bastardo perché picchiavi la mia mamma.
Che avevo 13-14 anni quando ti vedevo che vedevi di perdere il tuo ruolo.
Che vedevo che tu vedevi il sorgere del mio nuovo ruolo, del nuovo ruolo di mia madre.
Che avevo 15 anni e mezzo, quando vedevo che tu vedevi i litri di vino e le bottiglie di cognac aumentare spaventosamente.
Che vedevo che tu vedevi che i tuoi sguardi non erano più belli, forti, orgogliosi, fieri, rispettati e temuti dagli altri.
Che vedevo che tu vedevi mia madre allontanarsi. Che vedevo che tu vedevi l’inizio di un normale drammatico sfacelo.
Che vedevo che tu vedevi i litri di vino e le bottiglie di cognac aumentare fortemente.
Che avevo 15 anni e mezzo che vedevo che tu vedevi che io scappavo di casa, che mia madre scappava di casa.
Che tu hai voluto fare il Duro.
Che non hai trattenuto nessuno.
Che sei rimasto solo in una casa di due stanze più servizi.
Che i litri di vino e le bottiglie di cognac continuavano ad aumentare.
Che un giorno. Che il giorno. In cui sei venuto a prendermi dalle camere di sicurezza di Milano ho visto che tu ti vedevi solo. Che tu volevi o tua moglie o tuo figlio o tutti e due in quella casa da due stanze più servizi. Che ho visto che tu hai visto che eri disposto a tutto pur di riavere questo.
Che ho visto che tu hai visto la tua mano stesa in segno di pace, di armistizio.
Che ho visto che tu hai visto sulla tua mano uno sputo.
Che ho visto che tu hai visto i tuoi occhi lacrimare solitudine incrostata di sangue masochista, punitivo.
Che ho visto. Che tu hai visto il desiderio di voler punire la tua vita.
Che ho visto che tu hai visto il desiderio di non soffrire. Che ho visto che tu hai visto i litri di vino e le bottiglie di cognac continuare ad aumentare.
Che ho visto che hai visto in quel periodo la tua futura vita.
Che ho saputo che hai saputo che tuo figlio era un tossicomane che tua moglie attendeva un figlio da un altro uomo (figlio che a te non ha voluto dare).
Che ho visto che hai visto 3 anni passare. Che ho visto che hai visto che il giorno 9-XII-69 non sei venuto a trovarmi al manicomio. Perché eri morto.
Che ora tu vedi che io vedo. Che ora il 1° sei tu che giochi questo tresette col morto facendo il morto.
Ma che giochi ugualmente, che ora vedi che io vedo che ti adoro che ti amo dal profondo dell’essere.
Che ora vedi che io vedo che mia madre rimpiange.
ALESI
FELICE
PADRE DI ALESI EROS
Che vedi che io vedo che sono fuggito ancora una volta verso la solitudine.
Che tu vedi che io vedo solo grande grandissimo nero lo stesso nero che io vedevo che tu vedevi.
Che ora continuerai a vedere ciò che io vedo.
Eros Alesi, 1951-1971
da Per la poesia. Manifesto del Pensiero Emotivo, Giorgio Manacorda,
Editori Riuniti, 1993
Grazie Flavio!
Come mio padre
Ristretto, camicia pensata
taglie più grandi e tempo
sempre meno, che vorrei
riportare in vita,
capelli molto meno scuri
non sapere cosa rispondere,
niente di straordinario
è la mia polizza morale.
(Flavio Almerighi)
grazie ❤
Questa è la poesia che ho dedicato a mio padre morto tre anni fa:
Padre
Immaginarti giovane e sportivo
vederti diciottenne irruente
con negli occhi la vita,
poi, vederti innamorato
inseguendo il folle sogno,
delle giovani vite; l’eterea
felicità sogno di tutti, che si
nega ai più, e rimane nascosta
ma che ognuno insegue,
ognuno anela, ognuno uccide
con i suoi passi falsi, le fragilità
le proprie limitazioni, siamo
cosi imperfetti, appena abbozzati
schizzi d’un pittore folle, immaginifico
e disperato, che la sua trama
non coincide con le sue emozioni
siamo gocce sperdute nell’universo
che cercano, invano, l’oceano madre
che tremano fragili, foglie di un albero
bruciato.
grazie ❤
Che splendidi doni, grazie!! Queste sono le cose belle che la Poesia riesce a realizzare!! Emozionata.