“The Gunner’s dream”, tradotto come “Il sogno dell’artigliere”, parla di un soldato che, dal fronte dove si trova, fra le bombe che gli cadono intorno facendolo sobbalzare, sogna. Sogna una vecchiaia accanto alla donna amata i cui capelli si tingono d’argento; sogna una casetta con il giardino sul retro, un posto tranquillo dove vivere appagato in amore e in pace. “His dream is driving me insane” recita ad un certo punto la canzone, ovvero “Il suo sogno mi sta facendo impazzire”, indicando il progetto di Waters, in questo album, di elaborare un concept legato al “tradimento del sogno postbellico”; concept pacifista, che rappresenta il filo conduttore ideale tra gli eventi di attualità del 1982 e la seconda guerra mondiale.[Giorgio Chiantini]
“Il sogno dell’artigliere” si apre immergendo subito l’ascoltatore in un’atmosfera da battaglia appena conclusa, di attacco nemico appena trascorso e dal quale, forse, si ha avuto la fortuna di salvarsi fisicamente, ma non mentalmente. La voce del cantante ha tono dolce, quasi di benevolenza verso l’ineluttabile destino che suo malgrado ha dovuto subire e lascia intendere la speranza che tutto quanto accaduto possa essere finito magari per sempre. Ma così non sarà e, di fatto, il testo procede su toni utopici, ma con la consapevolezza che la guerra inevitabilmente fa parte della natura umana. A metà brano, l’assolo di sax segna il punto di massima tensione a cui corrisponde la frase chiave dell’intero brano “And hold on to the dream” alla lettera “tenere, mantenere il sogno” quindi aggrapparsi ad esso (“E ti aggrappi ostinatamente al tuo sogno” nella traduzione qui proposta), che segna uno spartiacque tra l’ideale e il reale, conferendo corpo, concretezza alle parole nella resa dinnanzi al fatto che nei confronti di un sogno si può solo avere l’ostinazione di continuare a credere e a sperare in esso. [Angela Greco]
Il testo della canzone è il monologo di un aviatore (in inglese air gunner) che, dopo essere stato colpito durante uno scontro aereo, mentre sta precipitando inesorabilmente verso la sua morte, ripensa alla sua vita passata e al futuro senza di lui; lo si può quindi definire un testamento. Subito dopo essere stato colpito, infatti, ripensa alla propria vita (Floating down through the clouds/Memories come rushing up to meet me now), rielaborando con una calma inquietante il suo passato. In particolare, il soldato morente parla di un sogno che aveva (I had a dream) e che è stato infranto dalla guerra e dalla sua morte. Il suo sogno consisteva in quello che può essere chiamato “un mondo migliore”: “dove si possa mangiare, dove si possa parlare ad alta voce dei propri dubbi e delle proprie paure, dove nessuno scompare senza motivo, dove tutti sono uguali davanti alla legge e dove nessuno uccide più i bambini” (A place to stay/Enough to eat/Somewhere old heroes shuffle safely down the street/Where you can speak out loud/About your doubts and fears/And what’s more/no-one ever disappears/[…]And everyone has recourse to the law/And no-one kills the children anymore/And no-one kills the children anymore). L’ultima frase, pronunciata due volte, rimane come sospesa appena prima della variante musicale, in modo da lasciare il tempo all’ascoltatore per riflettere su uno dei crimini più gravi di cui un uomo possa macchiarsi.
Subito dopo, il brano si tuffa in una fase più aggressiva e maestosa, e sembra che il monologo si sposti su una terza persona (Night after night/Going round and round my brain/His dream is driving me insane, Notte dopo notte vagando nella mia mente il suo sogno mi sta facendo impazzire), forse il padre. Dopo la variante, la musica torna più calma, creando un’atmosfera surreale. Il testo prosegue proclamando che “l’aviatore questa notte dormirà in qualche angolo di un campo straniero. Non si può però scrivere la parola fine: prendetevi cura del suo sogno” (In the corner of some foreign field/The gunner sleeps tonight/What’s done is done/We cannot just write off his final scene/Take heed of the dream): il soldato cioè continua a vivere attraverso i suoi ideali di una vita giusta. La frase And maniacs don’t blow holes in bandsmen by remote control (“e maniaci non fanno esplodere (lett.: non fanno buchi) a distanza i musicisti”) è una chiara allusione all’attentato del 1982, quando durante un concerto ad Hyde Park, l’IRA piazzò una bomba sotto il palco. Facendo esplodere l’ordigno, uccisero i musicisti e i civili più vicini”. [Wikipedia via Canzoni contro la guerra]
The Final Cut (fin dal titolo) doveva essere l’ultimo album dei Pink Floyd, che poi si sciolsero non definitivamente, ma si ricostituirono pochi anni dopo per motivi strettamente legati al soldo. Il disco risente di due fattori negativi, la defenestrazione del tastierista Richard Wright e l’esclusività nelal firma dei brani da parte di Roger Waters. Più che un disco dei Floyd, questo è un disco solista di Waters: oscuro, noioso e tutto incentrato sulla morte del padre di Waters durante lo sbarco a Salerno. Già negli anni Sessanta i Floyd produssero un brano che toccava l’argomento e che propongo qui sotto.
grazie, Flavio, per il contributo!!
io sono sempre rimasto convinto che Waters fosse il migliore dei Floyd, e al di là delle sue altalenanti fasi, ha dimostrato, dopo la sua dipartita dal gruppo, che gli altri in fatto di creatività erano un gradino al di sotto. Poi come sempre succede è sempre il lavoro di gruppo che genera un capolavoro, e come tale, senza considerare i rapporti fra le parti, rimane nella memoria collettiva proprio per la sovrapposizione e per la capacità di fare di ogni elemento, un caposaldo da cui non si può prescindere. Il cuore e il cervello sono gli organi portanti di un corpo vivente, ma senza gli altri organi sarebbero inutili. Detto questo e ritornando al tuo bellissimo post, l’ossessione per la morte del padre è stato per il nostro protagonista, un travaglio interiore molto radicato (lo si vede ancora nel suo ultimo album del 2017) che, come tale, condiziona sia in positivo che in negativo un processo creativo, il quale, può piacere o meno.
Cavoli mi sono dilungato… ma mi ripeto, bel post !
Grazie, Antonio, dilungati quanto vuoi, ne siamo contenti!
Personalmente condivido il fatto che, per quanto in un gruppo possano esserci personalità emergenti, caratteracci e componenti più remissivi, il risultato deve sempre rimanere un lavoro di squadra.
Poi, nel caso di The Final Cut, è vero, siamo al limite dell’ossessione della perdita paterna, però, The Gunner’s Dream secondo me rimane un pezzo degno di nota che a me piace e piace assai!!