AIessia e Mirta (Ibiskos Ulivieri, 2019) è una silloge di versi redatta da Raffaele Piazza (Napoli, 1963) subito dopo Alessia, una raccolta precedente prodotta dall’Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano nel 2015, che subito apre alla curiosità su come possa un poeta titolare per ben due volte un libro inserendo lo stesso nome di donna. Evidentemente l’argomento non si era esaurito con la prima pubblicazione, ma sorge anche la domanda su cosa possa rappresentare per l’autore questa donna o questa figura o, perché no, questa metafora alla quale nella seconda pubblicazione affianca un altro nome femminile, Mirta, che, però, nel libro non trova l’ampio spazio dedicato alla prima.
Alessia, come ho già scritto in precedenza a riguardo della prima opera, è un mantra, una formula magica, una figura reale seguita passo passo, giorno dopo giorno, attimo dopo attimo con la perizia del segugio, l’affanno di chi ne è in qualche modo coinvolto, l’ossessività del voyeur che, però, non si limita a guardare da un minimo spazio immaginando il resto; di Alessia sappiamo quello che fa, quello che vive, quello che impara, addirittura viene detto della sua vita sessuale con l’innamorato, quasi dovesse per una scelta forzata dell’autore, far parte per forza del vissuto anche del lettore. E personalmente avverto l’ingerenza, la pressione, la forzatura, al limite del respiro affannoso e non riesco a nascondere la difficoltà caratteriale di essermi dovuta intromettere gratuitamente in una vita altrui in maniera tanto esplicita.
Una scelta ardua, quella che opera Raffaele Piazza, coraggiosa da certi punti di vista, emblematicamente resa manifesta nell’indice del libro, dove ci si ritrova come in un cinema muto la cui pellicola, a fine proiezione, sganciata dal macchinario, reitera sempre lo stesso fotogramma, lasciando allo spettatore solo il suono di un inciampo, di un ostacolo da cui difficilmente ci si riesce a liberare, fino a restarne allucinati, drogati, inebetiti. Perché il rischio che si corre con tale abuso è di perdere di vista tutto il resto: superata la naturale curiosità dei primi eventi, si entra in un meccanismo di perversione, violando la sacralità del non detto che in poesia ha un ruolo importante. Forse, ma è un parere tutto personale, eliminando i titoli, si sarebbe ottenuto un effetto più armonico e maggiormente coinvolgente. Perché non tutti siamo curiosi morbosi tali da poter vivere con serenità questo libro.
Oltrepassato ciò, la poesia di Piazza si conferma anche in quest’opera di stampo diaristico, minuziosa nel dettaglio, originale in alcune trovate linguistiche, degna di questo tempo, in cui per la maggior parte delle persone le giornate non assumono sfumature particolari e si realizzano tra abitudinarietà e vizi da fruitori di mezzi di comunicazione di massa. Perché scorrendo le pagine di Alessia e Mirta si ha un po’ la sensazione del Grande Fratello seppur con una veste da sera, quella della poesia, con gli occhi sbarrati su uno schermo e ormai incapaci di molte cose. Resta però il fatto che una poesia simile, destreggiantesi tra le piccole cose e quel gradito (ai più) grado di orizzontalità, è bene accetta, oggi, da lettori ormai avvezzi ad un certo livello letterario, supportata anche da nuove tendenze che mirano all’instaurarsi di correnti poetiche (ri)fondate sul non senso e sull’alleggerimento di pensiero e contenuti, assolutamente aderenti ai nuovi processi cognitivi di questi ultimi anni, dove le domande fondamentali sono in via di estinzione e il relativismo fa il resto. Oggi, tutta la poesia è una buona poesia, per molti, per troppi. Ma non si vuole, in questa sede, utilizzare la silloge di Rafaele Piazza per fare critica al sistema, me ne guarderei bene; sta di fatto, purtroppo, che la Poesia ha, tra i suoi dolenti ruoli, anche quello di far riflettere il lettore ed io non mi sottraggo a tanto.
Dopo queste riflessioni, non risulta fuori luogo pensare che “Alessia” sia proprio il tempo e soprattutto il tempo che passa e che la sua reiterazione altro non sia che l’umano e comprensibilissimo gesto di trattenere – per le ragioni più disparate e, in questo caso, da ritenersi tutte plausibili – quello che si sa benissimo non tornerà più. “Mirta” è, invece, l’incursione dell’evento fuori dall’ordinario, che sia un ricordo o un desiderio non fa differenza; senza entrare nel dettaglio del rapporto che intercorre tra il poeta e le figure di cui scrive, ma limitandosi alla lettura dei testi, Mirta è colei che finalmente spezza la routine, ma di cui il poeta sembra avere quasi timore, mentre corre e scorre la sua vita interamente votata e dedicata ad Alessia. [Angela Greco AnGre]
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Tre poesie tratte dal libro:
Analisi dotta ed interessante.
Grazie del sempre gradito spunto.
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Grazie a te, Luigi!!
la tua lettura è minuziosa e puntuale, quel che non mi entusiasma è la poesia, sembra di ritrovare una “ragazza Carla” un po’ sdoppiata
Condivido caro Flavio… grazie per l’attenzione e per la lettura, ma, onestamente, il livello non è quello del testo che hai citato…