
Ingrid De Kok, due poesie da Other Signs (Kwela Books, 2011)
Per questo articolo si ringrazia la rivista “Atelier poesia”.
Ci sono venuta da sola ma la via del nettare mi ha aiutato.
Ci sono stati altri segni, come sempre ci sono.
La bussola di mio padre per darmi la direzione.
I messaggi in aria di mia madre,
Frecce bianche agli incroci, dipinte da amici,
Il codice dell’infanzia, tutti e sette i sensi,
Segnali di pericolo lanciati da sconosciuti,
Le tombe del mio paese, i suoi recinti elettrici.
Uno zaino di canzoni, una mappa di parole,
Una Bibbia, dieci penne, carta filigranata.
Oggetti ordinari per lo più.
Le stelle sono state indispensabili, certo,
Anche la luna, a volte una pillola amara.
E un po’ di vento ha continuato a battere le ali venate
Piegando me e il salice al suo volere.
Per trovare la strada mi raccontavo storie.
Quella di Arianna mi è servita ma il suo filo di seta
Ti lega le caviglie se non fai attenzione.
E non mi sono persa, anche se tutto si è ridotto
A una dimora che un tempo respirava
Dove canzoni, il suono del liuto,
Perfino il graffio della penna, non si sentono più.
Il verso indifferente di un gufo.
Inclina i ciuffi delle orecchie,
Guardando, aspettando, come deve,
Troviamo la strada nella boscaglia
Ci liberiamo dei nostri zaini preziosi
Miglio dopo ultimo miglio,
Di nuovo all’inizio e alla fine,
Silenzio, luogo di riposo.
.
.
*
.
I led myself here though the honeyguide helped.
There were other signs, as there always are.
Father’s compass to spin me around,
Mother’s messages in the air,
White arrows at crossoroads, painted by friends
Childhood’s morse, all seven senses,
Warning flares fired by strangers,
My country’s graves, its electric fence.
A backpack of songs, a map of words,
Even a rythming dictionary.
A bible, ten pens, watermarked paper.
Most things quite ordinary.
The stars of course were indispensable,
Also the moon, though sometimes a bitter pill.
And a little wind kept beating its veined wings
For the willow and me to bend to its will.
To find my way I told myself stories.
Ariadne’s helped but her silken twine
Encircles your ankles if you’re not careful.
And I am not lost, though things are winding down
To a once breathing house
Where song, recorded lute,
Even pen’s scrape, have almost ceased.
An owl’s indifferent hoot.
Watching, waiting, as it must,
For me and other singers,
To find our way through the brush,
To shed our precision packs
As we lead ourselves here
Back to the beginning and the end,
Silence, resting place.
.
.
.
Solo indifferenza ordinaria
Disastro di più vasta scala
Not much more could have been done
Disasters on a bigger scale
.
.
(Traduzioni dall’inglese di Paola Splendore)
Ingrid De Kok: nata nel 1951 nei pressi di Johannesburg, Ingrid De Kok emigra in Canada negli anni settanta. Nel 1983 torna in Sudafrica dove tuttora dirige un programma di educazione per adulti presso l’Università di Cape Town ed è impegnata in varie attività editoriali e culturali. Quattro le raccolte poetiche principali: Familiar Ground (1988), Transfer (1997), Terrestrial Things (2002) e Seasonal Fires (2006). La poesia di De Kok, tradotta in molte lingue europee e in giapponese, appare per la prima volta in traduzione italiana nell’antologia Mappe del corpo edita nel 2008 da Donzelli.
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Ottima proposta e grazia perché non conoscevo per niente questa autrice
Grazie dell’apprezzamento, Flavio 😊
Ciao Angela, è possibile scriverti in privato? Mia mail p*****@libero.it
Grazie
Salve Paolo, la contatto all’indirizzo che ha scritto e che ho dovuto criptare per privacy.