Due poesie da Robert Frost “Fuoco e ghiaccio”, trad.Silvia Bre, Adelphi, 2022.
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Il taglio del fieno
Nessun rumore accanto al bosco, solo
la lunga falce sussurrava al suolo.
Sussurrava che cosa? Va’ a saperlo;
riguardava magari il sole caldo,
o forse invece l’assenza di rumore –
ecco perché sussurri e non parole.
Non era il dono in sogno di ore oziose
né l’oro alla portata di elfi o fate:
ogni aggiunta alla verità suonava fioca
al serio amore che allineava i fossi,
incluse lievi spighe di fiori (pallide
orchis) e impauriva un serpe verde lucido.
Il reale è il dolce sogno del lavoro.
Lei sussurrava, lasciando il fieno a farsi.
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L’assalto
Sempre così, quando una notte fatale
la neve accumulata infine cade
bianca nel nero bosco, e con un canto
che mai ripeterà lungo l’inverno
sibilato sul suolo ancora sgombro,
guardando in alto e intorno io quasi inciampo
come uno che sorpreso dalla fine
rinuncia al compito e lascia che la morte
scenda su lui dov’è, senza agire
sul male, senza riportare trionfi,
come non fosse iniziata mai la vita.
Eppure dalla mia ho i precedenti:
so che la morte invernale sfida la terra
solo per fallire: la neve in lunghe tormente
può arrivare senza vento a un metro
contro le querce, le betulle, gli aceri,
ma non frena il gracidio argento delle rane;
e vedrò la neve precipitare a valle
nell’acqua di un rio d’aprile che guizza
tra felci e erbe morte dell’anno prima
come un serpente che sparisce. Nulla
di bianco rimarrà, se non qui una betulla,
un grappolo di case là con una chiesa.
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Robert Lee Frost (1874 – 1963) è stato un poeta statunitense. È uno dei più noti e importanti poeti americani; fu anche traduttore, drammaturgo e vincitore per quattro volte del Premio Pulitzer.