Riproponiamo: Alexander Calder e il fascino del movimento e del colore – sassi d’arte

Alexander Calder (Lawnton, 22 luglio 1898 – New York, 11 novembre 1976) è stato uno dei maggiori innovatori della scultura del XX secolo.Artista molto ammirato in America e tra i più acclamati della scena internazionale, “Sandy” Calder, com’era conosciuto nella cerchia di amici, ha saputo cogliere lo spirito del suo tempo e fare del movimento e del colore le componenti fondamentali della sua opera.

I suoi mobiles, azionati dal vento, di dimensioni, forme e colori diversi, lo hanno reso famoso in tutto il mondo. Questi dischi di metallo sospesi a fili di ferro liberi di muoversi, animati dal minimo soffio d’aria e capaci di dare vita a complesse sequenze cinetiche estremamente affascinanti, con il loro sistema di elementi delicatamente in equilibrio, sembravano sfidare le leggi di gravità. Per Calder, la forma delle sue sculture simboleggiava il movimento universale del sistema solare e della vita. “La base di tutto quello che faccio – era solito dire – è l’universo”. I mobiles hanno rivoluzionato i principi dell’arte plastica, che per secoli era stata considerata l’opposto del movimento, effimero e mutevole, e hanno fatto di Calder un pioniere e un esponente di punta della scultura cinetica.

Parallelamente ai mobiles, Calder ha realizzato anche numerosi stabiles, sculture statiche costituite da piastre di metallo fissate con bulloni. Negli anni ’60 e ’70, mobiles e stabiles hanno raggiunto dimensioni monumentali. Al pari di altri monumenti urbani che abbelliscono le piazze pubbliche di tutto il mondo, queste gigantesche sculture hanno goduto e continuano a godere di una grande popolarità internazionale.

Calder ha iniziato la sua carriera come pittore, ha realizzato anche dipinti, disegni, gouaches, giocattoli umoristici, gioielli, arazzi, oggetti domestici di ogni tipo ed è diventato famoso per i suoi libri illustrati, le litografie, le automobili e gli aerei dipinti. Tra gli scultori contemporanei, l’amore di Calder per la sperimentazione è senza eguali; con un’energia e una curiosità incredibile, ha sperimentato tutti i materiali in grado di essere scolpiti. Gli anni ’30 furono uno dei decenni più ricchi d’innovazione nella carriera di Calder e in questo periodo l’artista ottenne anche i primi riconoscimenti internazionali. Fino al 1931, l’artista aveva lasciato allo stato grezzo i materiali che utilizzava nelle sculture e si era limitato, nelle opere grafiche, a contrasti in bianco e nero. Da quel momento, invece, cominciò a sfruttare l’interazione di forma e colore per dissolvere i volumi, dando vita a infinite combinazioni di movimento-colore-forma.

Quando fecero la loro prima apparizione , all’inizio degli anni ’30, i mobiles (plurale di “mobile”, termine coniato nel ’31 da Marcel Duchamp, quando visitò per la prima volta lo studio di Calder a Parigi) destarono grande scalpore: per la prima volta nella storia dell’arte una scultura, tradizionalmente statica, non era più “fissata” al suolo e poteva muoversi liberamente, poiché dotata di parti mobili che potevano essere messe in moto da correnti d’aria o azionate meccanicamente, creando “una configurazione astratta – come ha scritto nel 1955 patrick Heron nel suo libro ‘The Changing Forms of Art’ – di parti articolate in cui ciascun elemento o segmento è libero di descrivere un movimento proprio; movimento che, pur essendo da essi distinto, è condizionato dai movimenti di tutti gli altri segmenti articolati di cui si compone la costruzione totale”.

Dal 1932, Calder iniziò a realizzare i mobiles senza motore, animati da una semplice corrente d’aria e col passare degli anni ne sviluppò tre diversi tipi: quelli sostenuti da un supporto, quelli attaccati al muro e i più popolari, quelli che pendono dal soffitto, strutture liberamente ondeggianti, di forme, dimensioni e colori diversi. Calder realizzò oltre ai mobiles anche numerosi stabiles (termine inventato dallo scultore Hans Arp nel 1932, un anno dopo la prima esposizione parigina di Calder), costruzioni metalliche statiche  costituite da piastre d’acciaio tenute insieme da viti, bulloni e chiodi e del nuovo corso della sua scultura, l’artista diceva: “nel costruire le mie prime sculture astratte statiche ero interessato principalmente allo spazio, alle dimensioni vettoriali e ai diversi centri di gravità […]. Non si può comprendere il valore estetico di questi oggetti attraverso il ragionamento, ma devono piuttosto divenire familiari […]”. Nel corso degli anni ’50, queste strutture, gli stabiles, avrebbero portato a compimento il passaggio a forme scultoree rigidamente piatte e sempre più solide, costruite con materiali compatti e robusti, divenendo “familiari” anche in molte città.

(foto in chiusura: “Gallows and Lollipops” installazione in Beinecke Plaza, campus di Yale, New Haven – ph. by Calder Foundation on twitter – notizie riassunte dal volume monografico “Calder” edito da Taschen)

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