Versi di Ada Negri (1870-1945) è stata una poetessa, scrittrice e insegnante italiana. È ricordata anche per essere stata la prima e unica donna a essere ammessa all’Accademia d’Italia.
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Pioggia d’autunno
Vorrei, pioggia d’autunno, essere foglia
che s’imbeve di te sin nelle fibre
che l’uniscono al ramo, e il ramo al tronco,
e il tronco al suolo; e tu dentro le vene
passi, e ti spandi, e si gran sete plachi.
So che annunci l’inverno: che fra breve
quella foglia cadrà, fatta colore
della ruggine, e al fango andrà commista,
ma le radici nutrirà del tronco
per rispuntar dai rami a primavera.
Vorrei, pioggia d’autunno, esser foglia,
abbandonarmi al tuo scrosciare, certa
che non morrò, che non morrò, che solo
muterò volto sin che avrà la terra
le sue stagioni, e un albero avrà fronde.
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La folla
Fluttuo con te, nel tuo sordo tumulto
perduta; e tu mi porti e tu mi spingi
e mi rigetti, e d’ignorarmi fingi,
ma ben m’abbranca il tuo potere occulto.
Sai di sudore umano, e di sporcizia
mascherata d’aromi, e del sentore
d’ogni travaglio: ogni odio ed ogni amore
per oscuro fermento in te s’inizia.
Mi piaci per l’enorme onda vitale
che tutta mi ravvoltola, muggente
e rischiumante, carne e cuore e mente
impregnando del tuo libero sale.
Ogni volto che a lampi appare e spare
forse è il mio: chè mio corpo non è questo
solo ch’io sento e curo e movo e vesto:
chi vi noma e vi scinde, onde del mare?…
D’essere innumerevole è mia gloria
e mia superbia; e multiforme, come
te, folla; e in preda a tutti i venti, come
te, che a folate scardini la storia;
e, se fremito passi di sommossa,
ingigantir con te, con te disvellere
i sassi e i cuori, ed oscurar le stelle
col divampar della mia furia rossa.
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Pensiero d’autunno
Fammi uguale, Signore, a quelle foglie
moribonde, che vedo oggi nel sole
tremar dell’olmo sul piú alto ramo.
Tremano, sí, ma non di pena: è tanto
limpido il sole, e dolce il distaccarsi
dal ramo, per congiungersi alla terra.
S’accendono alla luce ultima, cuori
pronti all’offerta; e l’agonia, per esse,
ha la clemenza d’un mite aurora.
Fa ch’io mi stacchi dal piú alto ramo
di mia vita, cosí, senza lamento,
penetrata di Te come del sole.
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