Tre poesie di Emily Dickinson

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Tre poesie di Emily Dickinson

La speranza è una strana invenzione
Un Brevetto del Cuore –
In incessante azione
Eppure mai consumata –

Di questa elettrica appendice
Non si conosce nulla
Se non che un suo unico momento
Abbellisce tutto ciò che abbiamo –

~

In molti e inspiegabili luoghi
Proviamo una Gioia –
Inspiegabile, pure, ma sincera come la Natura
O la Deità –

Arriva, senza sorprendere
Si dissolve – allo stesso modo –
Ma lascia una sontuosa Indigenza –
Senza Nome –

Profanarla con una ricerca – non possiamo
Non ha casa essa –
Né noi che l’abbiamo una volta ghermita –
Da allora vaghiamo.

~

Quale mistero pervade un pozzo!
Quell’acqua vive così lontana –
Un vicino da un altro mondo
Che risiede in una giara

I cui limiti nessuno ha mai visto,
Ma solo le sue palpebre di vetro –
Come guardare ogni volta che vuoi
Nel volto di un abisso!

L’erba non sembra impaurita,
Spesso mi stupisco che
Possa stare così vicina e guardare così ardita
A ciò che è temibile per me.

Potrebbero essere in qualche modo parenti,
Il carice sta vicino al mare
Dove è senza base
E non tradisce timidezza –

Eppure la natura è un’estranea;
Coloro che la citano di più
Non hanno mai oltrepassato la sua casa stregata,
Né semplificato il suo spirito.

Compiangere quelli che non la conoscono
È favorito dal rammarico
Che quelli che la conoscono, la conoscono meno
Quanto più le sono vicini.

dal sito http://www.emilydickinson.it

Due poesie di Emily Dickinson

Due poesie di Emily Dickinson 

*

La Vita che abbiamo è certo grande.
La Vita che vedremo
La sorpassa, si sa, perché
È Infinità.
Ma quando ogni spazio è stato osservato
E ogni Dominio mostrato
L’estensione del più piccolo Cuore Umano
La riduce a nulla.

~

Colpita, fui, ma non dal Fulmine –
Il Fulmine – sopprime
Il Potere di percepire il Suo Processo
Con il Vigore –

Mutilata – fui – eppure non dal Caso –
Da Pietra di Stupido Ragazzo –
Né da Incertezza di Cacciatore –
Chi il mio Nemico?

Derubata – fui – inviolata da Bandito –
La Magione tutta devastata –
Il Sole – sottratto alla Percezione –
L’estremo bagliore – sparito –

Eppure non ero nemica – di nessuno –
Non il più piccolo Uccello
Del vicino frutteto abitatore
Era di Me – timoroso –

Più di tutte – amo la Causa che Mi uccise –
Ogni volta che muoio
La sua amata Percezione
Mantiene un Sole su di Me –

Più bello – al Tramonto – com’è sua Natura –
Né io né te lo vedremo Sorgere
Fino all’Infinita Aurora
Negli Occhi dell’Altro –

http://www.emilydickinson.it

Sole e poesia

Mario Schifano - O sole mio, 1963

La nostra Terra di Langston Hughes

Dovremmo avere una terra di sole,
di sole sgargiante,
e una terra d’acqua fragrante
dove il tramonto è un morbido fazzoletto di seta
rosa e d’oro,
e non questa terra
dove la vita è fredda.
Dovremmo avere una terra d’alberi,
alti alberi folti,
piegati al peso di pappagalli ciarlieri
lucenti come il giorno,
e non questa terra dove gli’ uccelli son grigi.
Oh, dovremmo avere una terra di gioia,
d’amore e gioia e vino e canto,
e non questa terra dove la gioia è un errore.

~

Ti guardo e il sole cresce di Paul Eluard

Ti guardo e il sole cresce
Presto ricoprirà la nostra giornata
Svegliati cuore e colori in mente
Per dissipare le pene della notte
Ti guardo tutto è spoglio
Fuori le barche hanno poca acqua
Bisogna dire tutto con poche parole
Il mare è freddo senza amore
È l’inizio del mondo
Le onde culleranno il cielo
E tu vieni cullata dalle tue lenzuola
Tiri il sonno verso di te
Svegliati che io segua le tue tracce
Ho un corpo per attenderti per seguirti
Dalle porte dell’alba alle porte dell’ombra
Un corpo per passare la mia vita ad amarti
Un corpo per sognare al di fuori del tuo sonno.

~

Se non avessi visto il sole di Emily Dickinson

Se non avessi visto il sole
avrei potuto sopportare l’ombra,
ma la luce ha reso il mio deserto
ancora più selvaggio.

~

Gloria del disteso mezzogiorno di Eugenio Montale

Gloria del disteso mezzogiorno
quand’ombra non rendono gli alberi,
e più e più si mostrano d’attorno
per troppa luce, le parvenze, falbe.

il sole, in alto, – e un secco greto.
Il mio giorno non è dunque passato:
l’ora piú bella è di là dal muretto
che rinchiude in un occaso scialbato.

L’arsura, in giro; un martin pescatore
volteggia s’una reliquia di vita.
La buona pioggia è di là dallo squallore,
ma in attendere è gioia più compita.

~

Il sole e l’ombra di Ada Negri

Sole di mezzogiorno, nel luglio felice, sulla piazza deserta:
la piazza lontana di città lontana, tu ed il tuo uomo,
e quello era il mondo.
Bianca nella tua veste, bianca vibratile fiamma tu pure,
nell’abbaglio d’incendio dell’aria.
Bianco il tuo riso perduto nel riso di lui, fresco di polla il
tuo riso d’amore tra il vasto fulgere ed ardere.
Non sarebbe discesa la notte, non sarebbe venuto il domani,
tua la luce, tuo l’uomo, tuo il tempo.
Fermasti il tempo in pieno sull’ora solare per cui in terra
tu fosti divina:
il resto è ombra e polvere d’ombra.

In apertura: Mario Schifano, O sole mio, 1963

Poesia e primavera

21 marzo - Il sasso nello stagno di AnGre

💐

L’ accenno di un canto primaverile di Aleksandr Blok

Il vento portò da lontano
l’accenno di un canto primaverile,
chissà dove, lucido e profondo
si aprì un pezzetto di cielo.
In questo azzurro smisurato,
fra barlumi della vicina primavera
piangevano burrasche invernali,
si libravano sogni stellati.
Timide, cupe e profonde
piangevano le mie corde.
Il vento portò da lontano
le sue squillanti canzoni.

🌺

Una luce c’è in primavera di Emily Dickinson 

Una luce c’è in primavera
non presente nel resto dell’anno
in qualsiasi altra stagione –
Quando marzo è appena arrivato
un colore appare fuori
sui campi solitari
che la scienza non può sorpassare
ma la natura umana sente.

Indugia sopra il prato,
delinea l’albero più lontano
sul più lontano pendio che tu sappia
quasi sembra parlarti.

Poi come orizzonti arretrano
o il mezzogiorno trascorre,
senza formula di suono
esso passa e noi restiamo –
e una qualità di perdita
tocca il nostro sentimento
come se a un tratto il guadagno
profanasse un sacramento.

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Marzo di Cesare Pavese

Io sono Marzo che vengo col vento
col sole e l’acqua e nessuno contento;
vo’ pellegrino in digiuno e preghiera
cercando invano la Primavera.
Di grandi Santi m’adorno e mi glorio:
Tommaso il sette e poi il grande Gregorio;
con Benedetto la rondin tornata
saluta e canta la Santa Annunziata.
Primavera
Sarà un volto chiaro.
S’apriranno le strade
sui colli di pini
e di pietra….
I fiori spruzzati
di colore alle fontane
occhieggeranno come
donne divertite: Le scale
le terrazze le rondini
canteranno nel sole.

Eppure primavera è nell’aria di Oscar Wilde

Pieno inverno: il contadino vigoroso
Trasporta le fascine della legnaia gelida
e batte i piedi contro il focolare.
Sul fuoco che langue getta i ceppi freschi
e ride perché la vampata spaventa
i suoi bambini. Eppure, primavera è nell’aria.
Cinta di erba gioia, verde sorridente.
E avanti indietro per il campo va il seminatore
e dietro a lui ridendo un ragazzino spaventa i corvi
Rapaci, coi suoi strilli. Allora il castagno si veste
Splendidamente, e sull’erba si piega il fiore cremoso
In eccesso odoroso.

fotografia di Lorenza Pieretti

Primavera di Boris Pasternak

Primavera, io vengo dalla via, dove il pioppo è stupito,
dove la lontananza sbigottisce, dove la casa teme di crollare,
dove l’aria è azzurra come il fagottino della biancheria
di colui che è dimesso dall’ospedale!
Dove la sera è vuota come un racconto interrotto,
lasciato da una stella senza continuazione
per rendere perplessi mille occhi tumultuosi,
insondabili e privi di espressione.

🌷

Dall’inverno alla primavera di Edmondo De Amicis

Quando l’inverno muore
lentamente nella primavera,
nelle sere di quei bei giorni limpidi,
lieti, senza vento,
su cui si tengono spalancate
per le prime volte le finestre
e si portano sulle terrazze i vasi dei fiori,
le città offrono uno spettacolo gentile
e pieno d’allegrezza e di poesia.
A passeggiare per le vie si sente,
di tratto in tratto, sul viso,
un’ondata d’aria tiepida, odorosa.
Di che? di quali fiori? di quali erbe?
Chi lo sa!

fiori di ciliegio

Fiorita di marzo di Ada Negri

La fioritura vostra è troppo breve,
o rosei peschi, o gracili albicocchi
nudi sotto i bei petali di neve.
Troppo rapido è il passo con cui tocchi
il suolo; e al tuo passar l’erba germoglia,
o Primavera, o gioia de’ miei occhi.
Mentre io contemplo, ferma sulla soglia
dell’orto, il pio miracolo dei fiori,
sbocciati sulle rame senza foglia,
essi, ne’ loro tenui colori,
tremano già del vento alla carezza,
volan per l’aria densa di languori;
e se ne va così la tua bellezza,
come una nube, e come un sogno muori,
o fiorita di marzo, o Giovinezza…

🌹

Piena fioritura di Hermann Hesse

Si erge carico di fiori il pesco,
non tutti diventeranno frutto.
Risplendono chiari come spuma rosata
attraverso l’azzurro e la fuga di nuvole.
Simili a fiori si schiudono i pensieri,
centinaia ogni giorno,
lasciali fiorire! Lascia a ogni cosa il suo corso!
Non chiedere qual è il guadagno!
Vi deve pur essere gioco e innocenza
e dovizia di fiori,
altrimenti per noi sarebbe
troppo piccolo il mondo
e la vita non un piacere.

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È possibile scaricare gratuitamente due e-book sulla Giornata Mondiale della Poesia, cliccando sui link azzurri:

21 marzo ’21 AA.VV per Il sasso nello stagno di AnGre

Tutti i colori della poesia – a cura de Il sasso nello stagno di AnGre

💐

Emily Dickinson, breve selezione di poesie

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Emily Dickinson, breve selezione di poesie

Non sapendo quando l’alba possa venire
lascio aperta ogni porta,
che abbia ali come un uccello
oppure onde, come spiaggia.

*

Il pettirosso prova le sue ali.
Non conosce la via,
ma si mette in viaggio verso una primavera
di cui ha udito parlare.

*

Chi non ha trovato il Paradiso − quaggiù −
Lo mancherà lassù −
Perché gli Angeli prendono Casa
accanto alla nostra,
Ovunque ci spostiamo.

*

A un cuore in pezzi
Nessuno s’avvicini
Senza l’alto privilegio
Di aver sofferto altrettanto

*

Ma se fossimo in due
invece di uno,
la barca e il rematore, una suprema estate,
chissà se non potremmo toccare il sole?

Sulla neve…

Gauguin Neve a Vaugirard

Il cielo è basso di Emily Dickinson

Il cielo è basso, le nuvole a mezz’aria,
un fiocco di neve vagabondo
fra scavalcare una tettoia o una viottola
non sa decidersi.
Un vento meschino tutto il giorno si lagna
di come qualcuno l’ha trattato;
la natura, come noi, si lascia talvolta sorprendere
senza il suo diadema.

~

Fior di neve di Umberto Saba

Dal cielo tutti gli Angeli
videro i campi brulli
senza fronde né fiori
e lessero nel cuore dei fanciulli
che amano le cose bianche.
Scossero le ali stanche di volare
e allora discese lieve lieve
la fiorita neve.

~

Sotto la neve di Rainer Maria Rilke

Sotto la neve
lo penso: e vedo (o sogno)
un piccolo villaggio, una gran pace:
dentro, un cantar di galli.
E il piccolo villaggio si smarrisce
in un fioccar di neve.
Entro il villaggio in abito da festa
una casetta bianca.

~

Era lei la neve di Evgenij Evtušenko

E un mattino
appena alzati, pieni di sonno,
ignari ancora,
d’improvviso aperta la porta,
meravigliati la calpestammo:
Posava, alta e pulita
in tutta la sua tenera semplicità.
Era
timidamente festosa
era
fittissimamente di sé sicura.
Giacque
in terra
sui tetti
e stupì tutti
con la sua bianchezza.

~

Notti bianche di Blaga Dimitrova

Fonte ignota di luce
imbeve graniti e giardini.
La Neva ha riversato in cielo rossori,
il cielo nel fiume fremiti d’azzurro.

E spalla a spalla due giovani
vanno con passo cauto e lento –
per non disperdere questa luce
che da cuore a cuore trabocca.

*

In apertura: Paul Gauguin, Neve a Vaugirard

Emily Dickinson, tre poesie sugli angeli

Emily Dickinson, tre poesie sugli angeli

Angeli vedi nella prima luce
tra la rugiada curvarsi,
Cogliere e volar via con un sorriso:
crescon per loro i fiori?

Angeli vedi quando il sole infuria
tra le sabbie roventi,
cogliere e volar via con un sospiro:
ed i fiori avvizziti con sé portano.

~

L’anima dovrebbe sempre star socchiusa
perché ove il cielo chieda
non sia obbligato ad aspettare
o temendo di disturbarla

se ne vada, prima che lei faccia scorrere
il chiavistello nella porta
per scoprire che il cortese ospite,
il suo visitatore, non c’è più –

~

Io so bene che dentro la mia stanza
c’è un amico invisibile,
non si rivela con qualche movimento
né parla per darmi una conferma.

Non c’è bisogno che io gli trovi posto:
è una cortesia più conveniente
l’ospitale intuizione
della sua compagnia.


La sola libertà che si concede
è di essere presente.
Né io né lui violiamo con un suono
l’integrità di questa muta intesa.

Non non potrei mai stancarmi di lui:
sarebbe come se un atomo ad un tratto
si annoiasse di stare sempre insieme
agli innumerevoli elementi dello spazio.

Ignoro se visti anche altri,
se rimanga con loro oppure no.
Ma il mio istinto lo sa riconoscere:
il suo nome è Immortalità.

*

(In apertura opera di Joanna Sierko Filipowska; poesie dal web)

Emily Dickinson, due poesie con traduzione

erica-scozia

Se tutti i dolori che dovrò provare
Venissero in una volta oggi,
Sono così felice che credo
Riderebbero e scapperebbero.

Se tutte le gioie che dovrò provare
Venissero in una volta oggi,
Non potrebbero essere grandi come questa
Che a me si manifesta ora.

If all the griefs I am to have
Would only come today,
I am so happy I believe
They’d laugh and run away.

If all the joys I am to have
Would only come today,
They could not be so big as this
That happens to me now.

*

I disordini del cuore
La polizia non può reprimere
Il tumulto una volta iniziato
È autorizzato come la pace.

Non certificato dalla vista
O rivelato dal suono
Ma in crescendo come un uragano
In un terreno congeniale.

The mob within the heart
Police cannot suppress
The riot given at the first
Is authorized as peace

 Uncertified of scene
Or signified of sound
But growing like a hurricane
In a congenial ground.

Emily Dickinson, The Complete Poems

Traduzione e note di Giuseppe Ierolli – http://www.emilydickinson.it/

Emily Dickinson, Al maestro (lettera, primavera 1858)

AL MAESTRO

Caro Maestro,

sono malata – ma mi fa più soffrire la tua malattia. Ho dato alla mia mano più forte un po’di lavoro – quanto basta per dirti – che pensavo fossi già in Paradiso, e quando sei tornato a parlare, è stato dolce, molto, e una sorpresa meravigliosa – Spero tu stia bene.

Vorrei che tutto ciò che amo non conoscesse più debolezza alcuna. Le Violette sono dalla mia parte – il Pettirosso mi è molto vicino – e «Primavera», così dicono, è Colei – che passa accanto alla porta – Questa è la dimora di Dio – e qui sono i cancelli del Cielo, e su e giù vanno gli angeli, con i loro dolci postiglioni – vorrei essere il signor Michelangelo e dipingere per te capolavori.

Mi chiedi cosa abbiano detto i miei fiori – vuol dire che mi hanno disubbidito – perché avevo affidato loro dei messaggi.

Hanno detto quello che dicono le labbra all’ occidente quando tramonta il sole, e l’Alba ha quelle stesse parole.

Ascolta ancora, Maestro.

Non ti ho detto che oggi è Domenica.

Ogni Domenica in Mare mi fa contare le Domeniche che mancano per incontrarci a riva – e chissà se le colline sembreranno azzurre come dicono i marinai-

Non posso restare oltre stanotte, perché questo dolore mi nega a te –

Com’è forte, quando siamo deboli, il ricordo e quant’ è facile amare. Mandami un messaggio, ti prego, appena sarai guarito –

[primavera 1858]

*

Emily DickinsonIl Maestro e Margherita – Un mistero

Senhal è la parola che usavano i trovatori per il nome nuovo e parlante che inventavano per le proprie donne nei loro versi. Le ribattezzavano per descriverle, per possedere almeno linguisticamente quelle dame inarrivabili e ricrearle, vaghe e stereotipe, ma eterne, nell’universo separato della poesia. 

«Padrone», «Signore», «Maestro» sono le possibili traduzioni del termine «Master», vero e proprio Senhal che Emily Dickinson adopera per un misterioso amante in tre lettere [di cui quella riportata qui è la prima] di cui tutto è incerto (l’ordine di redazione, l’esatta datazione, l’identità del destinatario e la sua stessa esistenza) tranne l’alto valore poetico e testimoniale. Poetico per la fittissima rete di immagini e metafore che i tre testi intessono competendo in alcuni passi con il potere evocativo e straniante delle poesie maggiori di Dickinson; testimoniale per l’ellittica, accecante chiarezza con cui raccontano e sintetizzano la violenza del vissuto mistico-amoroso della poetessa, teorizzandolo in una pratica di astinenza, estasi e sottomissione, non priva di tratti masochistici.

Nonostante Le molte identificazioni proposte da critici e biografi negli ultimi cinquant’anni […] queste missive, in cui Dickinson inventa anche il personaggio della mittente, dal nome floreale di Margherita, sono traccia di un esperimento creativo e di un terremoto psichico più che di un incontro reale. In una lingua che è un impasto di inni, lessico privato, intonazioni bibliche e rimandi shakespeariani, Dickinson elabora una fantasia di adulterio che costituisce una sorta di contesto drammaturgico della sua lirica, fornendoci la matrice rovente della sua idea, al contempo sacra e profana, infantile ed estrema, dell’amore. (Traduzione e cura: Marco Federici Solari)

tratto da Dickinson, Un vulcano silenzioso, la vita (L’ORMA Editore, 2013)

Emily Dickinson, due poesie con traduzione

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.
448
.
Ecco chi fu un Poeta –
Chi distilla la sorpresa di un senso
Da Significati ordinari –
Ed estrae Essenza infinita
.
Da specie familiari
Che si estinsero alla nostra Porta –
Ci chiediamo se si sia stati Noi –
Proprio noi a fermarle – per primi –
.
Le Immagini, le rivela
Il Poeta – è Lui –
Per Contrasto – a investirci –
Di una Povertà imperitura –
.
Di quanto è suo – inconsapevole –
Al punto che – gli fosse rubato –
Non ne patirebbe – la sua –
Una Ricchezza – al di fuori del Tempo.
.
.
448
.
This was a Poet – It is That
Distills amazing sense
From ordinary Meanings –
And Attar so immense
.
From the familiar species
That perished by the Door –
We wonder it was not Ourselves
Arrested it – before –
.
Of Pictures, the Discloser –
The Poet – it is He –
Entitles Us – by Contrast –
To ceaseless Poverty –
.
Of Portion – so unconscious –
The Robbing – could not harm –
Himself – to Him – a Fortune –
Exterior – to Time –
.
(c. 1862)
.
.
450
.
I Sogni – vanno bene – il Risveglio meglio,
Se ci si sveglia al Mattino –
Se ci si sveglia a Mezzanotte – meglio –
Sognare – l’Alba –
.
Più tenera -l’incredulità di Pettirossi
Che non hanno mai deliziato Alberi –
Più del confronto – con un’Alba ferma –
Che non porterà nessun Giorno –
.
.
450
.
Dreams – are well – but Waking’s better,
If One wake at Morn –
If One wake at Midnight – better-
Dreaming – of the Dawn –
.
Sweeter – the Surmising Robins –
Never gladdened Tree –
Than a Solid Dawn – confronting –
Leading to no Day –
.
(c. 1862)
.
.
*

Emily Dickinson, da Sillabe di seta, (trad.e cura di Barbara Lanati, Feltrinelli) – immagine d’apertura: Vincent Van Gogh, Ramo di mandorlo fiorito, 1890

Emily Dickinson, poesie

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tratte da Emily Dickinson – The Complete Poems

*

Lui mio anfitrione – lui mio ospite,
Mai fino ad oggi
Potrei dire se io invitai lui,
O lui invitò me.

Così infinito il nostro rapporto
Così intimo, davvero,
Che all’analisi come capsula parrebbe
Per il custode del seme.

.

He was my host – he was my guest,
I never to this day
If I invited him could tell,
Or he invited me.

So infinite our intercourse
So intimate, indeed,
Analysis as capsule seemed
To keeper of the seed.

.

.

Se tutti i dolori che dovrò provare
Venissero in una volta oggi,
Sono così felice che credo
Riderebbero e scapperebbero.

Se tutte le gioie che dovrò provare
Venissero in una volta oggi,
Non potrebbero essere grandi come questa
Che a me si manifesta ora.

.

If all the griefs I am to have
Would only come today,
I am so happy I believe
They’d laugh and run away.

If all the joys I am to have
Would only come today,
They could not be so big as this
That happens to me now.

.

(immagine: opera di Sir Alma-Tadema)

sul mese di marzo

Marzo: mese di attesa.
Le cose che ignoriamo
Sono in cammino.

(Emily Dickinson)

*

Una Luce esiste in Primavera
Non presente in qualsiasi altro periodo
Dell’anno
Quando Marzo è a malapena qui
Un Colore sta là fuori
Su Campi Solitari
Che la Scienza non può cogliere
Ma la Natura Umana avvertire.

(Emily Dickinson)

*

E’ il primo giorno mite di marzo
più dolce di momento in momento…
C’è una benedizione nell’aria,
quasi un’arrendevolezza,
una gioia che scende sugli alberi spogli,
sulle montagne nude
e sull’erba nel prato verde.

(William Wordsworth)

Ah, l’amore…

Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l’amore,
tenace come gli inferi è la passione:
le sue vampe son vampe di fuoco,
una fiamma del Signore!
Le grandi acque non possono spegnere l’amore
né i fiumi travolgerlo.
Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa
in cambio dell’amore, non ne avrebbe che dispregio

(Cantico dei Cantici 8:6-7)

Se ti offendo baciandoti, se questo
ti sembra un’offesa, fammi la stessa
offesa: avanti, baciami anche tu!

(Stratone)

Odio e amo. Forse chiederai come sia possibile;
non so, ma è proprio così, e mi tormento.

(Catullo, Odi et amo, trad. S.Quasimodo)

[…] Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,
e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.
.
Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri,
a che e come concedette amore
che conosceste i dubbiosi disiri?».
.
E quella a me: «Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa ‘l tuo dottore.
.
Ma s’a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.
.
Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
.
Per più fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
.
Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
.
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante».
.
Mentre che l’uno spirto questo disse,
l’altro piangëa; sì che di pietade
io venni men così com’io morisse.
.
E caddi come corpo morto cade.
(Dante, Commedia, Inferno, Canto V)

ROMEO
Ride delle cicatrici chi non è mai stato ferito.
(notte fonda, giardino di casa Capuleti; sul balcone, appare Giulietta.)
Ma, piano, quale luce erompe da quella finestra?
È l’oriente, e Giulietta è il sole! Oh, sorgi bel sole,
e uccidi la luna invidiosa che è già malata e pallida di rabbia,
perché tu, sua ancella, di lei sei tanto più bella.
Non servirla più, quell’invidiosa: la sua vestale
porta il malsano costume verde indossato solo dai buffoni.
Gettalo via! Oh, se sapesse che è la mia donna,
il mio amore! Oh se lo sapesse!
Ella parla, pur senza dire parola. Com’è mai possibile?
Sono i suoi occhi a parlare, e io risponderò loro.
Sono troppo ardito. Non è a me che parla.
Due tra le stelle più luminose del cielo, dovendo assentarsi,
supplicano i suoi occhi di voler brillare
al loro posto sin che abbiano fatto ritorno.
E se i suoi occhi fossero in quelle sfere,
e le stelle sul suo volto? Le sue guance luminose
farebbero allora vergognare quelle stelle,
come il giorno fa impallidire la luce di una torcia.
E i suoi occhi, in cielo, scorrerebbero nella regione dell’aria
con un tale splendore che gli uccelli,
credendo finita la notte, riprenderebbero a cantare.
Guarda come appoggia la guancia alla sua mano:
potessi essere io il guanto di quella mano,
e poter così toccare quella guancia!
.
GIULIETTA
Ahimè!
(Come avesse sentito un rumore, o forse assorta in tristi pensieri, sospirando)
.
ROMEO
(tra sé) 
Ma parla…
Oh, dì ancora qualcosa, angelo splendente,
così glorioso in questa notte, lassù, sopra la mia testa,
come un messaggero alato del cielo quando abbaglia
gli occhi stupiti dei mortali, che si piegano all’indietro
per guardarlo varcare le nubi che si gonfiano pigre,
e alzare le vele nel grembo dell’aria.
.
GIULIETTA
Oh Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo?
Rinnega tuo padre e rifiuta il tuo nome,
oppure, se non vuoi, giura che sei mio
e smetterò io d’essere una Capuleti.
.
ROMEO
(Sempre tra sé) 
Devo ascoltare ancora, o rispondere subito?
.
GIULIETTA
È solo il tuo nome che m’è nemico, e tu sei te stesso
anche senza chiamarti Montecchi. Cos’è Montecchi?
Non è una mano, un piede, un braccio, un volto,
o qualunque parte di un uomo. Prendi un altro nome!
Cos’è un nome? Ciò che chiamiamo rosa,
con qualsiasi altro nome avrebbe lo stesso profumo,
così Romeo, se non si chiamasse più Romeo,
conserverebbe quella cara perfezione che possiede
anche senza quel nome. Romeo, getta via il tuo nome,
e al suo posto, che non è parte di te, prendi tutta me stessa.
.
ROMEO
(con voce decisa)
Ti prendo in parola.
Chiamami amore e sarà il mio nuovo battesimo:
ecco, non mi chiamo più Romeo.
.
GIULIETTA
Chi sei tu che così avvolto nella notte
inciampi nei miei pensieri?
(W.Shakespeare, Romeo e Giulietta, Atto II, scena II)

Un giorno esisterà

Un giorno esisterà la fanciulla e la donna,
il cui nome non significherà più soltanto un contrapposto al maschile,
ma qualcosa per sé,
qualcosa per cui non si penserà a completamento e confine,
ma solo a vita reale: l’umanità femminile.
Questo progresso trasformerà l’esperienza dell’amore,
che ora è piena d’errore,
la muterà dal fondo,
la riplasmerà in una relazione da essere umano a essere umano,
non più da maschio a femmina.
E questo più umano amore somiglierà a quello che noi faticosamente prepariamo,
all’amore che in questo consiste,
che due solitudini si custodiscano, delimitino e salutino a vicenda.

(R.M.Rilke)

Che sia l’amore tutto ciò che esiste
È ciò che noi sappiamo dell’amore;
E può bastare che il suo peso sia
Uguale al solco che lascia nel cuore

(Emily Dickinson)

AA.VV. Ha messo chiome il bosco d’autunno / e-book scaricabile gratuitamente

Versi d’Autunno by Il sasso nello stagno di AnGre

(clicca Qui per scaricare gratuitamente la raccolta)

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Bosco d’autunno di Boris Pasternak (Mosca, 1890 – Peredelkino, 1960)
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Ha messo chiome il bosco d’autunno.
Vi dominano buio, sogno e quiete.
Né scoiattoli, né civette o picchi
lo destano dal sogno.
E il sole pei sentieri dell’autunno
Entrando dentro quando cala il giorno
Si guarda intorno bieco con timore
Cercando in esso trappole nascoste.
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Autunno di Emily Dickinson (Amherst, 1830 – Amherst, 1886) 
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Sono più miti le mattine
E più scure diventano le noci
E le bacche hanno un viso più rotondo,
La rosa non è più nella città.L’acero indossa una sciarpa più gaia,
E la campagna una gonna scarlatta.
Ed anch’io, per non essere antiquata,
Mi metterò un gioiello.
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Autunno di Kinmochi Saionji (Kyoto, 1849 – Tokyo, 1940)
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Dove vanno le foglie arrossate
che il vento stacca dagli alberi?
Volano e passano: il brusio del vento
è tutto ciò che rimane dell’autunno.
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[Vorrei, pioggia d’autunno, essere foglia] di Ada Negri
(Lodi – MI, 1870 – Milano, 1945)
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Vorrei, pioggia d’autunno, essere foglia
che s’imbeve di te sin nelle fibre
che l’uniscono al ramo, e il ramo al tronco,
e il tronco al suolo; e tu dentro le vene
passi, e ti spandi, e si gran sete plachi.
So che annunci l’inverno: che fra breve
quella foglia cadrà, fatta colore
della ruggine, e al fango andrà commista,
ma le radici nutrirà del tronco
per rispuntar dai rami a primavera.
Vorrei, pioggia d’autunno, esser foglia,
abbandonarmi al tuo scrosciare, certa
che non morrò, che non morrò, che solo
muterò volto sin che avrà la terra
le sue stagioni, e un albero avrà fronde.
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Foglia appassita di Hermann Hesse (Calw, 1877 – Montagnola, 1962)
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Ogni fiore vuol diventare frutto,
ogni mattino sera,
di eterno sulla terra non vi è
che il mutamento, che il transitorio.
.
Anche l’estate più bella vuole
sentire l’autunno e la sfioritura.
Foglia, fermati paziente,
quando il vento ti vuole rapire.
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Fai la tua parte e non difenderti,
lascia che avvenga in silenzio.
Lascia che il vento che ti spezza
ti sospinga verso casa.
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.Autunno di Carlo Emilio Gadda (Milano, 1893 – Roma, 1973)
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Tàcite imagini della tristezza
Dal plàtano al prato!
Quando la bruma si dissolve nel monte
E un pensiero carezza
E poi lascia desolato – la marmorea fronte;
Quando la torre, e il rattoppato maniero,
Non chiede, al vecchio architetto, più nulla:
Allora il feudo intero – fruttifica una susina
Bisestile, alla collina
Dolce e brulla.
Tace, dal canto, il prato.
Il pianoforte della marchesina
Al tocco magico delle sue dita
S’è addormentato:
E dopo sua dipartita – l’autunno
S’è scelto un nuovo alunno:
Il passero!, lingua di portinaia
Dal gelso all’aia:
E il cancello e lo stemma sormonta
La nenia del campanile – e racconta
I ritorni, all’aurata foresta:
Garibaldeggia per festa
Sopra il travaglio gentile
Perché alla bella il ragazzo piaccia,
Quello che lassù canta, quello che lassù pesta.
Il vecchio marchese ha inscenato una caccia
Con quindici veltri, e galoppa,
Diplomatico sconsolato
Sul suo nove anni reumatizzato.
Della volpe nessuna notizia, nessuna traccia!
Il cavallo ha un nome inglese: e il corno sfiatato
Assorda nella tana il ghiro
Che una nocciòla impingua!
Al docicesimo giro
La muta s’è messa un palmo di lingua
E, mòbile macchia, cicloneggia bianca
Nella deserta brughiera
Là, verso il passaggio a livello,
Dove arriva stanca,
Salendo, la vaporiera.
Passa il merci e il frenatore – più bello,
Lungo fragore! – vana bandiera!
Ha incantato la cantoniera.
Ecco il diretto galoppa – verso città lontane
E il cavallo inglese intoppa
Negli sterpi dannati e calpesta
I formicai vuoti e le tane.
Ma dal campanile canta l’ora di festa – canta
Tristezze vane!

Autunno di Salvatore Quasimodo (Modica- RG, 1901 – Napoli, 1968)

Autunno mansueto, io mi posseggo
e piego alle tue acque a bermi il cielo,
fuga soave d’alberi e d’abissi.
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Aspra pena del nascere
mi trova a te congiunto;
e in te mi schianto e risano:
.
povera cosa caduta
che la terra raccoglie.
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In questa notte d’autunno di Nazim Hikmet (Salonicco, 1901 – Mosca, 1963)
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In questa notte d’autunno
sono pieno delle tue parole
parole eterne come il tempo
come la materia
parole pesanti come la mano
scintillanti come le stelle.
dalla tua testa dalla tua carne
dal tuo cuore
mi sono giunte le tue parole
le tue parole cariche di te
le tue parole, madre
le tue parole, amore
le tue parole, amica.
Erano tristi, amare
erano allegre, piene di speranza
erano coraggiose, eroiche
le tue parole
erano uomini.
.
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Mi ricorderò di questo autunno di Leonardo Sinisgalli
(Montemurro-PZ, 1908 – Roma, 1981)
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Mi ricorderò di questo autunno
splendido e fuggitivo dalla luce migrante,
curva al vento sul dorso delle canne.
La piena dei canali è salita alla cintura
e mi ci sono immerso disseccato dalla siccità.
Quando sarò con gli amici nelle notti di città
farò la storia di questi giorni di ventura,
di mio padre che a pestar l’uva
s’era fatti i piedi rossi,
di mia madre timorosa
che porta un uovo caldo nella mano
ed è più felice d’una sposa.
Mio padre parlava di quel ciliegio
piantato il giorno delle nozze, mi diceva,
quest’anno non ha avuto fioritura,
e sognava di farne il letto nuziale a me primogenito.
Il vento di tramontana apriva il cielo
al quarto di luna. La luna coi corni
rosei, appena spuntati, di una vitella!
Domani si potrà seminare, diceva mio padre.
Sul palmo aperto della mano guardavo
i solchi chiari contro il fuoco, io sentivo
scoppiare il seme nel suo cuore,
io vedevo nei suoi occhi fiammeggiare
la conca spigata.

Autunno di Octavio Paz (Città del Messico, 1914 – Città del Messico, 1998)
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In fiamme, nell’incendio degli autunni
arde a volte il mio cuore,
puro e solo. Il vento che lo desta
tocca il suo centro e lo sospende
nella luce che sorride per nessuno:
quanta bellezza liberata!Anelo mani,
una presenza, un corpo,
quel che frantuma i muri
e fa nascere le forme inebriate,
un tocco, un suono, un giro, solo un’ala,
celesti frutti della luce nuda.Nel mio intimo cerco
ossa, violini intatti,
vertebre oscure e delicate,
labbra che sognano labbra,
mani sognanti uccelli…Qualcosa che non si conosce e dice: “mai”
cade dal Cielo,
da te, mio Dio e mio avversario.
(testi tratti dal web)

AA.VV. Estate in versi, breve antologia

Estate di Herman Hesse

Improvvisamente fu piena estate.
I campi verdi di grano, cresciuti e
riempiti nelle lunghe settimane di piogge,
cominciavano a imbiancarsi,
in ogni campo il papavero lampeggiava
col suo rosso smagliante.

La bianca e polverosa strada maestra era arroventata,
dai boschi diventati più scuri risuonava più spossato,
più greve e penetrante il richiamo del cuculo,
nei prati delle alture, sui loro flessibili steli,
si cullavano le margherite e le lupinelle,
la sabbia e le scabbiose, già tutte in pieno rigoglio
e nel febbrile, folle anelito della dissipazione
dell’approssimarsi della morte
perché a sera si sentiva qua e là nei villaggi il chiaro,
inesorabile avvertimento delle falci in azione.

*

Estate di Cesare Pavese

È riapparsa la donna dagli occhi socchiusi
e dal corpo raccolto, camminando per strada.
Ha guardato diritto tendendo la mano,
nell’immobile strada. Ogni cosa è riemersa.

Nell’immobile luce dei giorno lontano
s’è spezzato il ricordo. La donna ha rialzato
la sua semplice fronte, e lo sguardo d’allora
è riapparso. La mano si è tesa alla mano
e la stretta angosciosa era quella d’allora.
Ogni cosa ha ripreso i colori e la vita
allo sguardo raccolto, alla bocca socchiusa.

È tornata l’angoscia dei giorni lontani
quando tutta un’immobile estate improvvisa
di colori e tepori emergeva, agli sguardi
di quegli occhi sommessi. È tornata l’angoscia
che nessuna dolcezza di labbra dischiuse
può lenire. Un immobile cielo s’accoglie
freddamente, in quegli occhi.
Fra calmo il ricordo
alla luce sommessa dei tempo, era un docile
moribondo cui già la finestra s’annebbia e scompare.
Si è spezzato il ricordo. La stretta angosciosa
della mano leggera ha riacceso i colori
e l’estate e i tepori sotto il viviclo cielo.
Ma la bocca socchiusa e gli sguardi sommessi
non dan vita che a un duro inumano silenzio.

*

Sarà estate di Emily Dickinson

Sarà Estate – finalmente.
Signore – con ombrellini –
Signori a zonzo – con Bastoni da passeggio –
E Bambine – con Bambole –
Coloreranno il pallido paesaggio –
Come fossero uno splendente Mazzo di fiori –
Sebbene sommerso, nel Pario –
Il Villaggio giaccia – oggi –

I Lillà – curvati dai molti anni –
Si piegheranno sotto il purpureo peso –
Le Api – non disdegneranno la melodia –
Che i loro Antenati – ronzarono –

La Rosa Selvatica – diventerà rossa nella Terra palustre –
L’Aster – sulla Collina
Il suo perenne aspetto – fisserà –
E si Assicureranno le Genziane – collari di pizzo –

Finché l’Estate ripiegherà il suo miracolo –
Come le Donne – ripiegano – le loro Gonne –
O i Preti – ripongono i Simboli –
Quando il Sacramento – è terminato –

*

Estiva di Vincenzo Cardarelli

Distesa estate,
stagione dei densi climi
dei grandi mattini
dell’albe senza rumore –
ci si risveglia come in un acquario –
dei giorni identici, astrali,
stagione la meno dolente
d’oscuramenti e di crisi,
felicità degli spazi,
nessuna promessa terrena
può dare pace al mio cuore
quanto la certezza di sole
che dal tuo cielo trabocca,
stagione estrema, che cadi
prostrata in riposi enormi,
dai oro ai più vasti sogni,
stagione che porti la luce
a distendere il tempo
di là dai confini del giorno,
e sembri mettere a volte
nell’ordine che procede
qualche cadenza dell’indugio eterno.

*

Madrigale d’estate di Federico García Lorca

Unisci la rossa tua bocca alla mia,
o Estrella gitana!
Sotto l’ora solare del mezzogiorno
morderò la mela.

Fra i verdi ulivi della collina
c’è una torre moresca,
colore della tua carne campagnola
che sa di miele e d’aurora.

Mi offri nel tuo corpo ardente
il divino nutrimento
che dà fiori al ruscello quieto
e stelle al vento.

Come ti sei data a me, luce bruna?
perché mi desti pieni
d’amore il sesso di giglio
e i seni sonori?
Fu per la mia tristezza?
(Oh, miei goffi passi!)
Forse destò pietà in te
la mia vita spenta di canti?

Perché non hai preferito ai miei lamenti
le cosce sudate
di un San Cristoforo contadino
pesanti in amore e belle?

Danaide del piacere sei con me.
Femminile Silvano.
I tuoi baci odorano come il grano
secco dell’estate.

Oscurami la vista col tuo canto.
Sciogli la tua chioma
dispiegata e solenne come un manto
d’ombra sopra i prati.

Dipingimi con la bocca insanguinata
un cielo d’amore,
su un fondo di carne, la stella
violetta del dolore.

Prigioniero è il mio pegaso andaluso
dei tuoi occhi aperti,
e volerà desolato e assorto
quando li vedrà morti.

Anche se tu non m’amassi, t’amerei
per il tuo sguardo cupo
come l’allodola ama il giorno nuovo
per la rugiada.

Unisci la rossa tua bocca alla mia,
o Estrella gitana!
Lasciami sotto il giorno chiaro
consumare la mela.

*

Cielo di giugno di Ada Negri

Cielo di giugno, azzurra giovinezza
dell’anno; ed allegrezza
di rondini sfreccianti in folli giri
nell’aria. Ombre, ombre d’ali
vedo guizzar sul bianco arroventato
del muro in fronte: ombre a saetta, nere,
vive al mio sguardo più dell’ali vere.
Traggon dal nulla, scrivendo con nulla
parole d’un linguaggio
perduto; e le cancellano
ratte, fuggendo via fra raggio e raggio.

*

Conchiglie di Katherine Mansfield

Eternamente giace e splende piano
sotto l’enormi tempestose ondate
e sotto le minute onde beate
che il Greco antico un tempo ha nominato
crespe di risa.
Ascolta: la conchiglia iridescente
canta nel mare, al più profondo.
Eternamente giace e canta silenziosa.

*

Conchiglie di Margherita Guidacci

Non a te appartengo sebbene nel cavo della tua mano
ora riposi, viandante;
né alla sabbia da cui mi raccogliesti
e dove giacqui lungamente,
prima che al tuo sguardo
si offrisse la mia forma mirabile.
Io compagna d’agili pesci e d’alghe
ebbi la vita dal grembo delle libere onde.
E non odio né oblio ma l’amara tempesta me ne divise.
Perciò si duole in me l’antica patria e rimormora
assiduamente e ne sospira la mia anima marina,
mentre tu reggi il mio segreto sulla tua palma
e stupito vi pieghi il tuo orecchio straniero.

(fonti varie dal web)