AA.VV. Agli amici

L’amico che dorme di Cesare Pavese 

Che diremo stanotte all’amico che dorme?
La parola più tenue ci sale alle labbra
dalla pena più atroce.
Guarderemo l’amico,
le sue inutili labbra che non dicono nulla,
parleremo sommesso.
La notte avrà il volto
dell’antico dolore che riemerge ogni sera
impassibile e vivo.
Il remoto silenzio soffrirà come un’anima, muto, nel buio.
Parleremo alla notte che fiata sommessa.
Udiremo gli istanti stillare nel buio
al di là delle cose, nell’ansia dell’alba,
che verrà d’improvviso incidendo le cose
contro il morto silenzio.
L’inutile luce svelerà il volto assorto del giorno.
Gli istanti taceranno.
E le cose parleranno sommesso.

~

Amicizia di Khalil Gibran

E un giovane chiese: “Parlaci dell’amicizia”
Il vostro amico è il vostro bisogno saziato.
È il campo che seminate con amore e mietete con riconoscenza.
È la vostra mensa e il vostro focolare.
Poiché, affamati, vi rifugiate in lui e lo ricercate per la vostra pace.

~

Soffitta di Ezra Pound

Vieni, compiangiamoli quelli che stanno meglio di noi.
Vieni, amica, e ricorda
che i ricchi han maggiordomi e non amici,
e noi abbiamo amici e non maggiordomi.
Vieni, compiangiamo gli sposati e i non sposati.
L’aurora entra a passettini
come una dorata Pavlova,
e io son presso al mio desiderio.
Né ha la vita in sé qualcosa di migliore
che quest’ora di chiara freschezza,
l’ora di svegliarsi in amore.

~

Amico di Pablo Neruda 

Amico, portati via quello che vuoi,
affonda il tuo sguardo negli angoli,
e se vuoi ti darò tutta l’anima
coi suoi bianchi viali e le sue canzoni.

~

Amicizia di Jorge Luis Borges 

Non posso darti soluzioni
per tutti i problema della vita
Non ho risposte per i tuoi dubbi o timori,
però posso ascoltarli e dividerli con te
Non posso cambiare né il tuo passato
né il tuo futuro
Però quando serve starò vicino a te
Non posso evitarti di precipitare,
solamente posso offrirti la mia mano
perché ti sostenga e non cadi
La tua allegria, il tuo successo e il tuo trionfo
non sono i miei
Però gioisco sinceramente quando ti vedo felice
Non giudico le decisioni che prendi nella vita
Mi limito ad appoggiarti a stimolarti
e aiutarti se me lo chiedi
Non posso tracciare limiti
dentro i quali devi muoverti,
Però posso offrirti lo spazio
necessario per crescere
Non posso evitare la tua sofferenza,
quando qualche pena ti tocca il cuore
Però posso piangere con te e raccogliere i pezzi per rimetterlo a nuovo.
Non posso dirti né cosa sei né cosa devi essere
Solamente posso volerti come sei
ed essere tua amica.

AA.VV. Giungendo Natale…

Sfondo di luci di Natale

Prologo di Natale di Ezra Pound

Eco degli Angeli che cantano Exultasti

Nasce il silenzio da molte quiete
Così la luce delle stelle si tesse in corde
Con cui le Potenze di pace fanno dolce armonia.
Rallegrati, o Terra, il tuo Signore
Ha scelto il suo santo luogo di riposo.
Ecco, il segno alato
Si libra sopra quella crisalide santa.

L’invisibile Spirito della Stella risponde loro:

Inchinatevi nel vostro canto, potenze benigne.
Prostratevi sui vostri archi di avorio e oro!
Ciò che conoscete solo indistintamente è stato fatto
Su nelle corti luminose e azzurre vie:
Inchinatevi nella vostra lode;
Perché se il vostro sottile pensiero
Non vede che in parte la sorgente di misteri
Pure nei vostri canti, siete ordinati di cantare:
“Gloria! Gloria in excelsis
Pax in terra nunc natast”.

Angeli, che proseguono con il loro canto:

Pastori e re, con agnelli e incenso
Andate ed espiate l’ignoranza dell’umanità:
Con la vostra mirra rossa fate sapore dolce.
Ecco, che il figlio di Dio diventa l’elemosiniere di Dio.
Date questo poco
Prima che egli vi dia tutto.

~

Piccolo albero di Edward Estlin Cummings

Piccolo albero
piccolo muto albero di Natale
sei così piccolo che
sembri piuttosto un fiore;
chi ti ha trovato nella foresta verde
e ti dolesti tanto di venir via?
Vedi io ti conforterò
perché hai un odore tanto dolce
bacerò la tua fresca corteccia
e ti terrò stretto al sicuro
come farebbe tua madre,
ma tu non avere paura,
guarda i lustrini
che dormono tutto l’anno in una scatola scura
e sognano d’esser presi fuori e poter luccicare,
le palline, le catenelle rosso e oro i fili lanuginosi,
alza le tue piccole braccia
e te li darò tutti da tenere,
ogni dito avrà il suo anello
e non ci sarà un solo posto scuro o infelice
poi quando sarai completamente vestito,
starai ritto alza finestra che tutti ti vedano
e come ti guarderanno con tanto d’occhi!
oh, ma tu sarai molto orgoglioso
e la mia sorellina e io ci piglieremo per mano
e tenendo gli occhi fissi al nostro bell’albero
danzeremo e canteremo
“Noel Noel”.

~

Alla vigilia di Natale di Bertolt Brecht 

Oggi siamo seduti, alla vigilia
di Natale, noi, gente misera,
in una gelida stanzetta,
il vento corre fuori, il vento entra.
Vieni, buon Signore Gesù, da noi, volgi lo sguardo:
perché tu ci sei davvero necessario.

~

Campane di Natale di Henry Wadsworth Longfellow

Ho sentito le campane, per Natale,
suonar le loro vecchie càrole consuete
e ripetere, dolci e libere, le parole
di pace sulla terra, di buona volontà per gli uomini.
E pensavo a come, venuto quel giorno,
i campanili di tutta la Cristianità
avevano battuto al canto ininterrotto
di pace sulla terra, di buona volontà per gli uomini.
E, disperato, ho chinato la testa
“Non c’è pace sulla terra”, ho detto,
“Perché l’odio è troppo forte e si fa gioco del canto
di pace sulla terra, di buona volontà per gli uomini”.
Poi da ogni bocca nera e maledetta
il cannone tuonò nel Sud,
ed in quei rombi annegaron le càrole
di pace sulla terra, di buona volontà per gli uomini.
Fu come se un terremoto scuotesse
le pietre focaie di un continente
e mandasse in rovina i focolari domestici
di pace sulla terra, di buona volontà per gli uomini.
Allora le campane hanno rintoccato più forte e profondo:
“Dio non è morto, e non dorme;
Il male fallirà, il bene prevarrà
con pace sulla terra, con buona volontà per gli uomini”.
Finché con quei rintocchi e con quel canto
il mondo non è tornato dalla notte al giorno,
una voce, una melodia, un canto sublime
di pace sulla terra, di buona volontà per gli uomini.

~

Natale di Salvatore Quasimodo

Natale. Guardo il presepe scolpito,
dove sono i pastori appena giunti
alla povera stalla di Betlemme.
Anche i Re Magi nelle lunghe vesti
salutano il potente Re del mondo.
Pace nella finzione e nel silenzio
delle figure di legno: ecco i vecchi
del villaggio e la stella che risplende,
e l’asinello di colore azzurro.
Pace nel cuore di Cristo in eterno;
ma non v’è pace nel cuore dell’uomo.
Anche con Cristo e sono venti secoli
il fratello si scaglia sul fratello.
Ma c’è chi ascolta il pianto del bambino
che morirà poi in croce fra due ladri?

🎄

Verso Natale, una poesia al giorno: Ezra Pound

Sfondo di luci di Natale

Prologo di Natale di Ezra Pound 

Eco degli Angeli che cantano Exultasti

Nasce il silenzio da molte quiete
Così la luce delle stelle si tesse in corde
Con cui le Potenze di pace fanno dolce armonia.
Rallegrati, o Terra, il tuo Signore
Ha scelto il suo santo luogo di riposo.
Ecco, il segno alato
Si libra sopra quella crisalide santa.

L’invisibile Spirito della Stella risponde loro:

Inchinatevi nel vostro canto, potenze benigne.
Prostratevi sui vostri archi di avorio e oro!
Ciò che conoscete solo indistintamente è stato fatto
Su nelle corti luminose e azzurre vie:
Inchinatevi nella vostra lode;
Perché se il vostro sottile pensiero
Non vede che in parte la sorgente di misteri
Pure nei vostri canti, siete ordinati di cantare:
“Gloria! Gloria in excelsis
Pax in terra nunc natast”.

Angeli, che proseguono con il loro canto:

Pastori e re, con agnelli e incenso
Andate ed espiate l’ignoranza dell’umanità:
Con la vostra mirra rossa fate sapore dolce.
Ecco, che il figlio di Dio diventa l’elemosiniere di Dio.
Date questo poco
Prima che egli vi dia tutto.

*

Ezra Pound, tre poesie

Ezra Weston Loomis Pound (Hailey, ottobre 1885 – Venezia, novembre 1972), tre poesie

Histrion

Nessuno mai osò scrivere questo,
ma io so come le anime dei grandi
talvolta dimorano in noi,
e in esse fusi non siamo che
il riflesso di queste anime.
Così son Dante per un po’ e sono
un certo Francois Villon, ladro poeta
o sono chi per santità nominare
farebbe blasfemo il mio nome;
un attimo e la fiamma muore.
Come nel centro nostro ardesse una sfera
trasparente oro fuso, il nostro “Io”
e in questa qualche forma s’infonde:
Cristo o Giovanni o il Fiorentino;
e poi che ogni forma imposta
radia il chiaro della sfera,
noi cessiamo dall’essere allora
e i maestri delle nostre anime perdurano.

.

Soffitta

Vieni, compiangiamoli quelli che stanno meglio di noi.
Vieni, amica, e ricorda
che i ricchi han maggiordomi e non amici,
e noi abbiamo amici e non maggiordomi.
Vieni, compiangiamo gli sposati e i non sposati.

L’aurora entra a passettini
come una dorata Pavlova,
e io son presso al mio desiderio.
Né ha la vita in sé qualcosa di migliore
che quest’ora di chiara freschezza,
l’ora di svegliarsi in amore.

.

Litania notturna a Venezia

“O Dieu, purifiez nos coeurs!
 purifiez nos coeurs!

Oh sì, la mia strada hai segnato
in piacevoli luoghi,
E la bellezza di questa tua Venezia
m’hai rivelata
Che la sua grazia è divenuta in me
 una cosa di lacrime.

O Dio, quale grande gesto di bontà
abbiamo fatto in passato,
e dimenticato,
Che tu ci doni questa meraviglia,
O Dio delle acque?

O Dio della notte,
Quale grande dolore
Viene verso di noi,
Che tu ce ne compensi così
Prima del tempo?

O Dio del silenzio
Purifiez nos coeurs,
Purifiez nos coeurs,
Poiché abbiamo visto
La gloria dell’ombra della
Immagine della tua ancella,
Sì la gloria dell’ombra
della tua Bellezza ha camminato
Sull’ombra delle acque
In questa tua Venezia.
E dinnanzi alla santità
Dell’ombra della tua ancella
Mi sono coperto gli occhi,
O Dio delle acque.

O Dio del silenzio,
Purifiez nos coeurs,
Purifiez nos coeurs,
O Dio delle acque,
illimpidiscici il cuore
Poiché ho visto
L’ombra di questa tua Venezia
Fluttuare sulle acque,
E le tue stelle
Hanno visto questa cosa, da loro corso remoto
Hanno visto questa cosa
O Dio delle acque,
Come le tue stelle
A noi son mute nella loro corsa remota,
Così il mio cuore
in me è divenuto silenzioso.

Purifiez nos coeurs,
O Dio del silenzio,
Purifiez nos coeurs,
O Dio delle acque.”


(testi dal web - in apertura, foto di Gianni Berengo Gardin) 

Ezra Pound, Quello che veramente ami rimane

Ezra Pound (Hailey, 30 ottobre 1885 – Venezia, 1 novembre 1972)

Quello che veramente ami rimane

Quello che veramente ami rimane,
il resto è scorie
Quello che veramente ami non ti sarà strappato
Quello che veramente ami è la tua vera eredità
Il mondo a chi appartiene, a me, a loro
o a nessuno?
Prima venne il visibile, quindi il palpabile
Elisio, sebbene fosse nelle dimore d’inferno,
Quello che veramente ami e’ la tua vera eredita’
La formica e’ un centauro nel suo mondo di draghi.
Strappa da te la vanità, non fu l’uomo
A creare il coraggio, o l’ordine, o la grazia,
Strappa da te la vanità, ti dico strappala
Impara dal mondo verde quale sia il tuo luogo
Nella misura dell’invenzione, o nella vera abilità dell’artefice,
Strappa da te la vanità,
Paquin strappala!
Il casco verde ha vinto la tua eleganza.
“Dominati, e gli altri ti sopporteranno”
Strappa da te la vanità
Sei un cane bastonato sotto la grandine,
Una pica rigonfia in uno spasimo di sole,
Metà nero metà bianco
Né distingui un’ala da una coda
Strappa da te la vanità
Come son meschini i tuoi rancori
Nutriti di falsità.
Strappa da te la vanità,
Avido di distruggere, avaro di carità,
Strappa da te la vanità,
Ti dico strappala.
Ma avere fatto in luogo di non avere fatto
questa non è vanità. Avere, con discrezione, bussato
Perché un Blunt aprisse
Aver raccolto dal vento una tradizione viva
o da un bell’occhio antico la fiamma inviolata
Questa non è vanità.
Qui l’errore è in ciò che non si è fatto, nella diffidenza che fece esitare.

(da Canti Pisani – Canto LXXXI. Testo tratto dal web)

§

What thou lovest well remains,
the rest is dross
What thou lov’st well shall not be reft from thee
What thou lov’st well is thy true heritage
Whose world, or mine or theirs
or is it of none?
First came the seen, then thus the palpable
Elysium, though it were in the halls of hell,
What thou lovest well is thy true heritage

The ant’s a centaur in his dragon world.
Pull down thy vanity, it is not man
Made courage, or made order, or made grace,
Pull down thy vanity, I say pull down.
Learn of the green world what can be thy place
In scaled invention or true artistry,
Pull down they vanity,
Paquin pull down!
The green casque has outdone your elegance.

“master thyself, then others shall thee beare”
Pull down thy vanity
Thou art a beaten dog beneath the hail,
A swollen magpie in a fitful sun,
Half black half white
Nor knowst’ou wing from tail
Pull down thy vanity
Fostered in falsity,
Pull down thy vanity,
Rathe to destroy, niggard in charity,
Pull down thy vanity,
I say pull down.

But to have done instead of not doing
this is not vanity
To have, with decency, knocked
That a Blunt should open
To have gathered from the air a live tradition
or from a fine old eye the unconquered flame
This is not vanity.
Here error is all in the not done,
all in the diffidence that faltered . . .

Ars poetica, Arte poetica

Paul Verlaine (Metz, 30 marzo 1844 – Parigi, 8 gennaio 1896) 

Arte poetica

La musica prima di ogni altra cosa,
E perciò preferisci il verso dispari
Più vago e più solubile nell’aria,
Senza nulla in esso che pesi o posi…
.
È anche necessario che tu non scelga
le tue parole senza qualche errore:
nulla è più caro della canzone grigia
in cui l’Incerto al Preciso si unisce.
.
Sono dei begli occhi dietro i veli,
è la forte luce tremolante del mezzogiorno,
è, in mezzo al cielo tiepido d’autunno,
l’azzurro brulichio di chiare stelle!
.
Perché noi vogliamo la Sfumatura ancora,
non il Colore ma soltanto sfumatura!
Oh! la sfumatura solamente accoppia
il sogno al sogno e il flauto al corno
.
Fuggi lontano dall’Arguzia assassina,
dallo Spirito crudele e dal Riso impuro,
che fanno piangere gli occhi dell’Azzurro,
e tutto quest’aglio di bassa cucina
.
Prendi l’eloquenza e torcile il collo!
E farai bene, in vena d’energia,
a moderare un poco la Rima.
Fin dove andrà, se non la sorvegli?
.
Oh, chi dirà i torti della Rima?
Quale fanciullo sordo o negro folle
ci ha forgiato questo gioiello da un soldo
che suona vuoto e falso sotto la lima?
.
Musica e sempre musica ancora!
Sia il tuo verso la cosa che dilegua
che si sente che fugge da un’anima che va
verso altri cieli ad altri amori.
.
Che il tuo verso sia la buona avventura
Sparsa al vento increspato del mattino
Che porta odori di menta e di timo…
E tutto il resto è letteratura.
(dal web)

*

Ezra Pound (Hailey, 30 ottobre 1885 – Venezia, 1 novembre 1972)

Ars Poetica (I-IV)

I
La poesia dev’essere scritta altrettanto bene quanto la prosa. La lingua dev’essere bella e in nessun modo allontanarsi dalla parola detta, se non per un’accresciuta intensità (cioè semplicità). Non devono esservi parole libresche, niente perifrasi, niente inversioni. Dev’essere semplice come la prosa di Maupassant e dura come quella di Stendhal.
Non sono ammesse le interiezioni, non le parole che volano via nel nulla. Ammesso che non si può ad ogni colpo far centro, si almeno questa l’intenzione. Il ritmo deve avere un significato. Non può essere una semplice partenza, senza presa, senza stretta sulle parole e il senso.
Niente clichés, niente frasi fatte, stereotipie giornalistiche. Il solo modo di sfuggire a questo è la precisione, che è il risultato di un’attenzione concentrata a ciò che si sta scrivendo. La prova di uno scrittore è la sua capacità di simile concentrazione e la sua facoltà di rimanere concentrato finché non sia arrivato alla fine del suo lavoro, siano due versi o duecento.
Oggettività e ancora oggettività ed espressione. Niente code al posto delle teste, niente aggettivi a cavalcioni (come “putridi muschi fradici”). Niente, niente che non si possa in qualche momento, nella stretta di qualche emozione, effettivamente dire. Ogni letterarismo, ogni parola libresca sgretola via un pezzetto della pazienza del lettore, un po’ del suo sentimento della vostra sincerità. Quando uno sente e pensa veramente, egli balbetta le parole più semplici.
La lingua è fatta di cose concrete. Espressioni generiche in termini non-concreti sono pigrizia; sono conversazione, non creazione.
Il solo aggettivo che valga la pena di usare è l’aggettivo essenziale al senso del passaggio. Mai l’aggettivo decorativo.

II
Concisione, ovvero stile, ovvero dire ciò che s’intende dire col minor numero di parole e le più chiare.
Effettiva necessità di creare o costruire qualcosa; di presentare una immagine o più immagini di oggetti concreti, disposti in modo da toccare il lettore. Al di là di questi oggetti concreti si possono fare semplici constatazioni del sentimento sui fatti; come “sono stanco” o “alla morte non può seguire peggiore male”, ecc.
Io credo vi debbano essere più, molti più oggetti che constatazioni e conclusioni, essendo queste ultime puramente ipotetiche (optional), non essenziali, spesso superflue e quindi pessime.
Ma bisogna che vi sia l’emozione, o la cadenza e il ritmo saranno rapidi e senza interesse.
Il compito del poeta è definire e ancora definire finché il particolare alla superficie sia in accordo con la radice nella giustizia.
In nessun caso la costipazione del pensiero, sia pure nel particolare, consentirà bella scrittura.
Lucidità…

III
Poesia è l’arte di caricare ogni parola del suo massimo significato.

IV
Buttate fuori tutti i critici che usano vaghi termini generici; non solo quelli che usano vaghi termini generici perché sono troppo ignoranti per dar loro un significato, ma quelli che usano vaghi termini per nascondere il significato; e tutti quei critici che usano i loro termini in modo così vago che il lettore può immaginare siano d’accordo con lui o gli diano ragione mentre non è così: col che intendo dire che i loro articoli possono sempre apparire in solide e rispettate riviste senza scatenare una zuffa o provocare le proteste degli abbonati. La prima credenziale che noi dobbiamo esigere da un critico è la sua ideografia del bello, di ciò che egli considera scrittura valida e di tutti, tutti i suoi termini generici. Allora sapremo a che punto si trova.
Non potrò mai ripetere troppo spesso o con troppa energia la mia diffidenza (caution) per i cosiddetti critici che parlano tutto intorno all’argomento e non definiscono i loro termini e non sanno dire francamente che certi autori sono una scocciatura maledetta. Fatevi dire da un uomo prima, e con tutti i particolari, quali sono per lui i buoni scrittori: solo dopo ne ascolterete le spiegazioni.

(da Cristina Campo, La tigre assenza (Adelphi) – trad. Cristina Campo)
*
.
Vicente Huidobro (Santiago del Cile, 10 gennaio 1893 – Cartagena, 2 gennaio 1948)
.
Arte poetica
.
Che il verso sia come una chiave
che apre mille porte.
Come una foglia; qualcosa passa in volo;
Quando guardano gli occhi sia creato,
E l’anima di chi ascolta resti a tremare.
.
Inventa nuovi mondi e cura la parola;
L’aggettivo, quando non da vita, uccide.
.
Siamo nel ciclo dei nervi.
Il muscolo pende,
Come un ricordo, nei musei;
Ma non per questo abbiamo meno forza:
Il vero vigore
Risiede nella testa.
.
Perché cantate la rosa, o poeti!
Fatela fiorire nella poesia;
Solo per noi
Vivono tutte le cose sotto il Sole.
.
Il poeta è un piccolo Dio.
(da Antologia della poesia spagnola e ispanoamericana, trad. G. Morelli – La biblioteca di Repubblica – dal web)

*

Jorge Luis Borges (Buenos Aires, 24 agosto 1899 – Ginevra, 14 giugno 1986)

Arte poetica

Guardare il fiume fatto di tempo e acqua
e ricordare che il tempo è un altro fiume,
sapere che ci perdiamo come il fiume
e che i visi passano come l’acqua.

Sentire che la veglia è un altro sonno
che sogna di non sognare e che la morte
che teme la nostra carne è quella morte
di ogni notte, che si chiama sonno.

(da Poesie 1923-1976 (Rizzoli), trad. Livio B. Wilcock)

*

Czesław Miłosz (Šeteniai, 30 giugno 1911 – Cracovia, 14 agosto 2004)

Ars poetica

Ho sempre aspirato a una forma più capace,
che non fosse né troppo poesia né troppo prosa
e permettesse di comprendersi senza esporre nessuno,
né l’autore né il lettore, a sofferenze insigni.

Nell’essenza stessa della poesia c’è qualcosa di indecente:
sorge da noi qualcosa che non sapevamo ci fosse,
sbattiamo quindi gli occhi come se fosse sbalzata fuori una tigre,
ferma nella luce, sferzando la coda sui fianchi.

Perciò giustamente si dice che la poesia è dettata da un daimon,
benché sia esagerato sostenere che debba trattarsi di un angelo.
È difficile comprendere da dove venga quest’orgoglio dei poeti,
se sovente si vergognano che appaia la loro debolezza.

Quale uomo ragionevole vuole essere dominio dei demoni
che si comportano in lui come in casa propria, parlano molte lingue,
e quasi non contenti di rubargli le labbra e la mano
cercano per proprio comodo di cambiarne il destino?

Perché ciò che è morboso è oggi apprezzato,
qualcuno può pensare che io stia solo scherzando
o abbia trovato un altro modo ancora
per lodare l’Arte servendomi dell’ironia.

C’è stato un tempo in cui si leggevano solo libri saggi
che ci aiutavano a sopportare il dolore e l’infelicità.
Ciò tuttavia non è lo stesso che sfogliare mille
opere provenienti direttamente da una clinica psichiatrica.

Eppure il mondo è diverso da come ci sembra
e noi siamo diversi dal nostro farneticare.

La gente conserva quindi una silenziosa onestà,
conquistando così la stima di parenti e vicini.

L’utilità della poesia sta nel ricordarci
quanto sia difficile rimanere la stessa persona,
perché la nostra casa è aperta, la porta senza chiave
e ospiti invisibili entrano ed escono.

Ciò di cui parlo non è, d’accordo, poesia,
perché è lecito scrivere versi di rado e controvoglia,
spinti da una costrizione insopportabile e solo con la speranza
che spiriti buoni, non maligni, facciano di noi il loro strumento.

(da Poesie Adelphi, Milano, 1983, trad.Pietro Marchesani )
– in apertura, opera di Ishtvan-Oros –

Ezra Pound, due poesie tradotte da Margherita Guidacci

Vento

Ezra Pound, due poesie tradotte da Margherita Guidacci

PROMETEO

E siamo noi le ferule percosse
e i portatori della fiamma.
Da tempo siamo morti e sempre in alto
saliamo, come faville di luce,
ogni cosa accendendo
contro cui va a cadere la nostra ombra.
.
Stanchi di ridiscendere, ma sempre spinti in alto,
fiamma, fiamma che sempre risorge,
verso la fiamma che è nel sole
sempre svellendo la nostra finestra
perché la vita è una sola
verso l’alto
e la fiamma ch’è nel sole.
.

§

INVERNO

Viene l’inverno terrestre.
Ed io, parte del tutto,
in cui passa l’universale spirito,
devo accettare l’inverno terrestre,
farmi gelido e grigio con le ore
e gioire di un sole momentaneo.
Son vizzo nell’attesa della mia primavera:
o mi rannicchio, bramando calore,
accanto a un fuoco sguarnito di legna
e ho un turbato piacere dai tomi di Longino
che, lo leggessi per la prima volta
nei boschi accesi di bagliori estivi
o nel vento amoroso di primavera,
per me sarebbe musica di sfere,
m’inciterebbe a errare tra calde rose
o adagiarmi in un nido d’erba sotto la dolce luna.
.

*

tratte da Margherita Guidacci, La voce dell’acqua – Quaderno di traduzioni, by Editrice C.R.T

Segnaliamo sul medesimo poeta anche il saggio di G.Linguaglossa: Ezra Pound e l’imagismo americano (clicca sul link).

:

poundEzra Loomis Pound (1885-1972) fu uno dei più originali mediatori fra le culture americana ed europea; Eliot lo definì “il maggior responsabile della rivoluzione poetica del Novecento”. Nato negli Stati Uniti ad Haley (Idaho), figlio di un giudice, dopo gli studi all’università di Pennsylvania fece un viaggio in Spagna, Provenza e Italia. Al ritorno negli Stati Uniti insegnò in un college nell’Indiana, ma, disgustato dal puritanesimo americano, ritornò in Europa e si stabilì, dal 1914 al 1920, a Londra, dove si sposò e strinse legami intensi con il mondo letterario e artistico. Conobbe Yeats, Eliot (di cui riconobbe per primo la grandezza), Joyce e altri scrittori, fra i quali apprezzò soprattutto T.E. Hulme, che teorizzava il movimento imagista e lo convinse a usare una lingua viva e non più arcaica. Dopo un soggiorno a Parigi, dal 1925 visse a Rapallo. Con l’estendersi dei suoi interessi, dalla riscoperta di Cavalcanti allo sperimentalismo antifuturista, Pound divenne uno dei maggiori rappresentanti dell’imagismo e del vorticismo (movimento artistico e letterario sorto negli anni 1913-1914, che sosteneva la moderna tecnologia e il dinamismo della società industrializzata). Convinto che il culto del denaro, impersonificato nella mostruosa Usura, fosse alla base di ogni volgarità e di ogni male del mondo, assunse una confusa ideologia anticapitalista di ispirazione aristocratica, che lo portò su posizioni fasciste. Dal 1924 visse in Italia e durante la seconda guerra mondiale condusse trasmissioni alla radio di propaganda antiamericana e a favore del fascismo e del nazismo.
Terminato il secondo conflitto mondiale, fu fatto prigionero dall’esercito americano per aver appoggiato il regime fascista alla radio e venne internato in un campo di concentramento a Pisa, poi processato e condannato per tradimento. Per evitargli la pena capitale, gli fu riconosciuta l’infermità mentale e venne rinchiuso per tredici anni nell’ospedale psichiatrico St. Elizabeth di Washington. Dimesso grazie anche all’intercessione dei più autorevoli letterati del tempo, lo scrittore tornò in Italia e si stabilì presso la figlia a Merano, dove visse fino alla morte.
Dopo la pubblicazione della raccolta A lume spento (1908), stampata a Venezia a proprie spese, seguirono nel 1909 Personae ed Exultations. Nel 1910, a testimonianza del proprio interesse per la poesia medievale europea, pubblicò il saggio The spirit of romance (Lo spirito romanzo). Nel 1911 vide le stampe un’altra raccolta di poesie, Canzoni, che come le precedenti mostrava un linguaggio arcaicizzante. In Rispostes (1912) è evidente lo sforzo in direzione di una maggiore resa visiva e gli arcaismi sono meno frequenti. In Lustra (1916) appare l’influenza della poesia greca, latina e cinese: il linguaggio è conciso ed epigrammatico e vi si riconoscono i principi imagisti nelle immagini nette e nell’abolizione di ogni parola non finalizzata alla raffigurazione. Il verso è libero e il contenuto antiborghese. Nel 1920 pubblicò una delle sue opere fondamentali, Hugh Selwyn Mauberley, che nelle sue diciotto sequenze presentava una serie di personaggi-maschera, le personae. Dello stesso anno è una serie di studi raccolti in Investigations (Investigazioni); l’anno dopo apparvero Poems: 1918-21. Negli stessi anni di composizione della sua opera principale, Cantos (1917-70), Pound proseguiva la sua attività di saggista politico-economico e di critico (The ABC of reading, L’ABC della lettura, 1934; Make it new, Rinnova, 1934; Literary essays, Saggi letterari, raccolti da Eliot nel 1954) e di traduttore estremamente libero, ma acutissimo nel cogliere i valori poetici (Confucius, 1947; The classic anthology, Antologia classica, 1954; Translations, Traduzioni, 1954).
L’influsso orientale è presente nei Cantos, il grande poema epico, l’opera più complessa alla quale l’autore si dedicò quasi interamente dal 1917 al 1970. In origine destinati a toccare il numero dantesco di cento (come nella Commedia), i Cantos, basati sul principio omerico della discesa agli inferi e su quello ovidiano della metamorfosi, vogliono essere un compendio della storia e della civiltà contemporanee, spaziando da temi greci a temi provenzali, dal motivo americano a quello confuciano. Relativizzando il tempo, per cui tutte le esperienze sono contemporanee, e mescolando lingue e stili diversi (compresi gli ideogrammi cinesi), essi inseguono ­ in una panoramica storica, mitologica, letteraria e autobiografica frantumata e sconnessa ­ le incarnazioni del mostro dell’Usura, visto da Pound come il principio negativo che interrompe il flusso vitale. La progressione dei Cantos culmina anche poeticamente nei Pisan cantos (Canti pisani, 1948), ispirati alla prigionia e all’irruzione nella sua vita del dolore: una sorta d’inferno a cui seguono barlumi di paradiso, intravisto nella sezione Rock-Drill: 85-95 (1956), in Thrones, 96-109 (1959) e nei frammenti pubblicati nel 1970. (dal web)