ALL’ALBA
All’alba dai finestrini del treno vedevo città
disabitate, spopolate dal sonno,
aperte e indifese come grandi
animali sdraiati sul dorso.
Per le vaste piazze camminavano
solo i miei pensieri e un vento freddo,
sulle torri perdevano i sensi bandiere di lino,
nelle chiome degli alberi si svegliavano gli uccelli,
nelle folte pellicce dei parchi scintillavano
occhi di gatti selvatici,
nelle vetrine dei negozi si specchiava
la timida luce del mattino, eterno debuttante,
le giostre, finalmente assorte,
pregavano il loro invisibile centro,
i giardini fumavano come le rovine di Varsavia,
e alle mura brune del macello
ancora non era arrivato il primo camion.
All’alba le città non sono di nessuno,
non hanno nomi
e neppure io ho un nome,
sul far del giorno, quando svaniscono le stelle
e il treno corre sempre più veloce.
:
FESTE TARDIVE
La sera, ai confini della città, dopo un giorno intero
di vuoto, iniziano all’improvviso feste tardive
e il sanscrito del crepuscolo parla
nella lingua rovente della gioia.
In alto nell’aria fluttuano fuochi fatui
di sigarette che nessuno fuma.
Arde la carta di fugaci segreti;
le confidenze del cielo che si spegne sommesso
non si lasciano annotare o ricordare.
Che importa se t’insegue l’esercito del faraone,
quando l’eternità è intrecciata ai giorni
della settimana come il muschio tra le travi
di una casa di legno.
*
Adam Zagajewski, Dalla vita degli oggetti, Adelphi
immaine: Paul Klee, Ad Parnassum, 1932