La Resurrezione nella luce rosa di un’alba primaverile

Il sasso nello stagno di AnGre, nel riproporre questa lettura del dipinto di Piero della Francesca, porge ai suoi Amici e Lettori i migliori Auguri per questa santa e particolare Pasqua 2020
Piero della Francesca

La luce rosa di un’alba primaverile illumina il bianco dell’Appennino e la natura silente. In primo piano l’umanissima figura di Cristo. Nel corpo i segni della Passione, in mano il vessillo della Resurrezione. Un piede poggia sul bordo del sarcofago nell’atto di uscire: ha vinto la morte, simboleggiata dai quattro personaggi abbandonati nel sonno nella parte bassa della composizione. Tra loro, frontale rispetto allo spettatore, Piero si autoritrae. Quest’opera, considerata del tutto autografa ed eseguita tra il 1463 e il 1468 ad affresco da Piero di Benedetto de’ Franceschi, detto Piero della Francesca (1420 ca. – 1492), è ubicata nel Palazzo dei Conservatori di Sansepolcro (Arezzo), attuale sede del Museo Civico.

Cristo risorto emerge dal Santo Sepolcro, simbolo della città, stringendo con presa sicura lo stendardo crociato e poggiando saldamente il piede sul sarcofago dal quale si erge vincitore della morte, esprimendo, attraverso sembianze concretamente umane, la sua sovranità divina accentuata dalla fissità quasi inquietante dello sguardo. Il perno della composizione è costituito dalla figura del figlio di Dio ormai risorto, che divide in due parti il paesaggio: quello a destra rigoglioso e quello a sinistra morente, dove gli alberi, che a sinistra appaiono secchi, come in pieno inverno, a destra sono ritratti verdi, come in primavera, sottolineano l’inizio di un nuovo tempo nella storia dell’umanità.

Il pittore sceglie, invece, di ritrarre se stesso addormentato ai piedi del sarcofago, mentre all’asta del vessillo con la croce guelfa attribuisce il compito di tenerlo in diretto contatto con la divinità, come ad ispirare e ricordare il Piero politico, quando, consigliere comunale, sedeva nella stanza attigua all’affresco. (Giorgio Chiantini)

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Sorgere ancora

Si schiera nel verso nascente la luce;
la pietra ha generato carne dopo la terra.
S’ascolta la salita delle campane e il ritorno
appartiene finalmente anche a queste presente.
Svestite di viola e d’attesa persino le mani.

Oggi,
di meraviglia e d’umana coscienza,
orfani di tristezza dai piedi scoperti,
fiori di mandorlo con lacrime a vista
a segnare strada tra due nuvole sì amo

(Angela Greco, 2015-2020)

Il sasso nello stagno di AnGre - pasqua -

La Resurrezione nella luce rosa di un’alba primaverile

Piero della Francesca

La luce rosa di un’alba primaverile illumina il bianco dell’Appennino e la natura silente. In primo piano l’umanissima figura di Cristo. Nel corpo i segni della Passione, in mano il vessillo della Resurrezione. Un piede poggia sul bordo del sarcofago nell’atto di uscire: ha vinto la morte, simboleggiata dai quattro personaggi abbandonati nel sonno nella parte bassa della composizione. Tra loro, frontale rispetto allo spettatore, Piero si autoritrae. Quest’opera, considerata del tutto autografa ed eseguita tra il 1463 e il 1468 ad affresco da Piero di Benedetto de’ Franceschi, detto Piero della Francesca (1420 ca. – 1492), è ubicata nel Palazzo dei Conservatori di Sansepolcro (Arezzo), attuale sede del Museo Civico.

Cristo risorto emerge dal Santo Sepolcro, simbolo della città, stringendo con presa sicura lo stendardo crociato e poggiando saldamente il piede sul sarcofago dal quale si erge vincitore della morte, esprimendo, attraverso sembianze concretamente umane, la sua sovranità divina accentuata dalla fissità quasi inquietante dello sguardo. Il perno della composizione è costituito dalla figura del figlio di Dio ormai risorto, che divide in due parti il paesaggio: quello a destra rigoglioso e quello a sinistra morente, dove gli alberi, che a sinistra appaiono secchi, come in pieno inverno, a destra sono ritratti verdi, come in primavera, sottolineano l’inizio di un nuovo tempo nella storia dell’umanità.

Il pittore sceglie, invece, di ritrarre se stesso addormentato ai piedi del sarcofago, mentre all’asta del vessillo con la croce guelfa attribuisce il compito di tenerlo in diretto contatto con la divinità, come ad ispirare e ricordare il Piero politico, quando, consigliere comunale, sedeva nella stanza attigua all’affresco. (Giorgio Chiantini)

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sorgere ancora

si schiera nel verso nascente la luce
in ripresa azzurra anche il cielo sorride
la pietra ha generato carne dopo la terra
s’ascolta la salita delle campane ed il ritorno
appartiene finalmente anche a queste parole
svestite di viola e d’attesa persino le mani
oggi
di meraviglia e d’umana coscienza
orfani di tristezza dai piedi scoperti
fiori di mandorlo con lacrime a vista
a segnare strada tra due nuvole sì amo

(Angela Greco – inedito)

Il sasso nello stagno di AnGre - pasqua -

Eva dopo il peccato e il Paradiso perduto a cura di G.Chiantini e A.Greco

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Antonio Allegretti, Eva dopo il peccato, 1881

Scolpita da Antonio Allegretti (Cuneo, 1840 – Carrara, 1918), nel 1881 e attualmente ospitata a Roma, nella Galleria nazionale d’Arte moderna, quest’opera marmorea porta subito alla mente una Venere per le forme belle e sinuose con cui attrae l’osservatore; ma un soggetto mitologico tratto dal marmo in questa postura non si è mai visto. Poi è il titolo stesso dell’opera, “Eva dopo il peccato” a presentarla, frequentando un tema, quello della cacciata dall’Eden, che ha interessato schiere di artisti da sempre e ai quali Allegretti si aggiunge, proponendo con questa Eva un’estetica classica nelle forme e contemporaneamente nuova nella postura, presentando insieme nuovi stilemi di interpretazione.

La tristezza che emana il volto della progenitrice dell’umanità, concepita dallo scultore piemontese, trascende la prorompente carnalità del suo corpo; è come, se prendesse coscienza solo in questo frangente fermato dalla mano dello scultore, del dramma che da lei sarà trasmesso a tutta l’umanità, per sempre. Anche la solitudine, in cui l’artista  la ritrae, sottolinea il momento in cui sprofonda nel rimorso, nel senso di impotenza per quello che è avvenuto e nel dolore profondissimo per ciò che ha perduto, l’Eden, e con esso la felicità. [Giorgio Chiantini]

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John Milton, Paradiso perduto, Libro I vv.1 – 42 

Della prima disobbedienza dell’uomo, e del frutto
dell’albero proibito, il cui gusto fatale condusse
la morte nel mondo, e con ogni dolore la perdita
dell’Eden, fin quando non giunga più grande
un Uomo a risanarci riconquistando il seggio benedetto,
canta, Musa Celeste, che sopra la vetta segreta
dell’Oreb o del Sinai donasti ispirazione a quel pastore
che per primo insegnò alla stirpe eletta
come in principio sorsero i cieli e la terra dal Caos;
o se il colle di Sion maggiormente ti aggrada,
e il ruscello di Siloe che scorreva rapido
presso l’oracolo di Dio, da questi luoghi
offri, ti prego, aiuto al canto avventuroso
che in alto volo aspira a sollevarsi
sul Monte Aonio, e si propone cose
mai tentate in passato in prosa o in rima.
E soprattutto, o Spirito, che sempre preferisci
più d’ogni tempio un cuore saldo e puro,
poiché tu sai, istruiscimi; tu che fin dall’inizio
fosti presente e con ali possenti spalancate
come colomba covasti quell’abisso immane
e lo rendesti pregno: ciò che è in me oscuro illumina,
e ciò che è basso innalzalo e sostienilo;
che dalle vene di questo grande argomento
io possa confermare la Provvidenza Eterna,
e la giustezza delle vie divine rivelare agli uomini.
Tu racconta dapprima, poiché nulla il cielo
nasconde alla tua vista, nemmeno
la profonda regione dell’inferno,
tu racconta dapprima quale fu la causa
che i nostri padri in quel felice stato, e altamente
favoriti dal Cielo, sospinse alla caduta
dal loro Creatore, e a trasgredire su un minimo divieto
il suo volere, altrimenti signori del mondo. Chi fu
che li sedusse per primo all’insana rivolta?
Il Serpente infernale; fu lui che con malizia,
accecato da invidia e vendetta, trasse in inganno la madre
di tutti gli uomini, al tempo che il suo orgoglio
l’aveva esiliato dal cielo con tutte le sue schiere
di angeli ribelli, con il cui aiuto aspirava a levarsi
più in alto della gloria dei suoi pari, convinto
di poter uguagliare l’Altissimo, se gli si fosse opposto;
e in ambizioso disegno un’empia guerra mosse
nei cieli contro il seggio ed il regno di Dio.

*
[Milton, Paradiso perduto, Oscar Mondadori Classici, 2014]

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– immagini tratte da Italian ways –

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