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versi di Franco Floris, elaborazione digitale di immagine dal web di AnGre
Perché tu possa ascoltarmi
le mie parole
si fanno sottili, a volte,
come impronte di gabbiani sulla spiaggia.
Collana, sonaglio ebbro
per le tue mani dolci come l’uva.
E le vedo ormai lontane le mie parole.
Più che mie sono tue.
Come edera crescono aggrappate al mio dolore antico.
Così si aggrappano alle pareti umide.
È tua la colpa di questo gioco cruento.
Stanno fuggendo dalla mia buia tana.
Tutto lo riempi tu, tutto lo riempi.
Prima di te hanno popolato la solitudine che occupi,
e più di te sono abituate alla mia tristezza.
Ora voglio che dicano ciò che io voglio dirti
perché tu le ascolti come voglio essere ascoltato.
Il vento dell’ angoscia può ancora travolgerle.
Tempeste di sogni possono talora abbatterle.
Puoi sentire altre voci nella mia voce dolente.
Pianto di antiche bocche, sangue di antiche suppliche.
Amami, compagna. Non mi lasciare. Seguimi.
Seguimi, compagna, su quest’onda di angoscia.
Ma del tuo amore si vanno tingendo le mie parole.
Tutto ti prendi tu, tutto.
E io le intreccio tutte in una collana infinita
per le tue mani bianche, dolci come l’uva.
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Pablo Neruda, da Poesie d’amore e di vita – Guanda Editore, 2001
ho incrociato in parole
il tuo grembo
sei pazzo dicevi
quando parlavo reclino
e le tue labbra rosavano le mie labbra
ancora le tue dita
diluiscono sul mio collo
una tua scia di saliva
che traspare, che è lenta, che sento
le nostre anime scivolano
indifferenti quasi
ai corpi dove insistono
le nostre parole lasciano una traccia
un contorno di lini irrisolti
e trame fitte
dove nascondono le dita
svelte
i tuoi sussurri che amo
e che di donna chiamo.
(trad. da A. Vicente Vitale)
http://krimisa.blogspot.it/2013/06/ho-incrociato-in-parole.html
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Dirai che hai scritto
che ve lo avevo detto
dirai che c’è assolutamente un uomo
dietro le parole
e prima è uomo
e poi parole
mentre
mentre
mentre
il coraggio arriva una volta sola
e non ricordi più di quella volta.
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[Romeo Raja]
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Anche tu sei l’amore.
Sei di sangue e di terra
come gli altri. Cammini
come chi non si stacca
dalla porta di casa.
Guardi come chi attende
e non vede. Sei terra
che dolora e che tace.
Hai sussulti e stanchezze,
hai parole – cammini
in attesa. L’amore
è il tuo sangue – non altro.
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[da Due poesie a T. – Le poesie, Einaudi editore]
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[versi tratti da La Terra e la Morte di Cesare Pavese – videopoesia prodotta da Poetika.it voce Daniela Cattani Rusich e montaggio Adriano Gabellone]
quante sfumature chiamate a raccolta
ha questa bocca
d’autunno
esplosa
e vedo che altro sta bruciando
e sale tra le foglie
un respiro, avvinto, di terra
.
nel sogno di luce
sbigottita per tanto chiarore
il tuo Cantico è segno
peccato che al risveglio
ogni parola-corteccia
sia svanita
*
[parole in libertà, guardando la fotografia di Romina Dughero]
(Eppure, più in là,
verso l’anima,
c’è amore!)
Tra i sacchi d’anime buttate all’angolo della mente, un vagabondo rovista con grande speranza. Vana.
Troverà solo lacrime ed orgogli frantumati; troverà stracci d’amore troppo sgualciti per poter riutilizzare e baci dappertutto e mani e gambe e fianchi impazziti.
Troverà, forse, qualche parola rimasta appesa ad uno sguardo d’intesa mai concluso e, credo, si sentirà orgoglioso del suo unico amore che non butterà mai in un angolo della mente, né metterà mai in soffitta, ma porterà sempre con sé nel suo nomade restare, assieme al pane duro ed ai carciofi rimangiati per l’ennesima volta.
[1992]
Di tutti i colori. Su richiesta. Sono tempi moderni, in fondo….
Basta incasellare un certo numero di firme nelle giornate di piazza, tra una passeggiata con l’amico e l’acquisto dei dolcetti per la domenica. Se volete portate anche l’amico.
E’ possibile trovare tutte le tonalità: dai rossi accesi, al nero estremo, passando attraverso varie diluizioni, per approdare al bianco o all’azzurro. Non quello della Nazionale. E il rosso non identifica l’amata Ferrari, né il grande stilista che ha salutato le passerelle.
E’ altresì possibile riscontrare un’ampia gamma di fantasiosi simboli accompagnati da originali acronimi.
E’ italica arte anche questa.
Quando le lettere non sono più sufficienti e non si possiede il numero adeguato di senatori, ecco che scendono in campo – come prodi cavalieri – frasi evocative capaci di riesumare quei capisaldi che ognuna ha dentro. Anche se non lo sa.
E si accendono gli animi, mentre si spengono le luci per non incorrere in bollette poco felici. Pure loro. Nel frattempo un arcobaleno fa mostra di sé…E’ finita la pioggia o sta per iniziare il temporale? Sono diverse Repubbliche che non ce ne rendiamo conto. Ma non viviamo in un solo grande Paese? Bisognerebbe sfogliare un libro che molti hanno lasciato tra i banchi di scuola o abbandonato in cantina. Ad invecchiare, come i buoni vini e la buona popolazione.
Certo che la confusione è tanta! No, non è il traffico o il tran-tran quotidiano. E neanche lo stress.
E’ il telegiornale.
Pranzi e cene obbligatoriamente supportati da appositi digestivi. Meglio la cara fetta di limone?
L’ importante è sapere con chi stare.
Infatti, la digestione si è distratta, diventando alquanto difficoltosa. Colpa del cibo? No, non può essere. Ci si rende subito conto che non si può più mangiare nulla di così impegnativo…per lo stomaco. I pomodori sono diventati perle rare da incastonare sul platino di fette di pane quotidiano.
Beh, se a Te è possibile dacci oggi ancora quello di cui abbiamo bisogno; perché i debiti li rimettiamo pure agli altri, ma i nostri creditori da noi pretendono che vengano saldati – e in contanti non si può più neanche ragionare – altrimenti chiamano gli avvocati.
Si spenga la Tv, almeno quella.
Il cane si morde la coda; forse è stressato pure lui.
Ad un’osservazione più attenta, però, ci si rende conto che non è il fedele amico dell’uomo, ma un’intera società che ruota su se stessa, la cui voce riecheggia e riecheggia…Ripetendo sempre e solo le ultime sillabe.
Non va, lo sappiamo bene. Lo sappiamo tutti.
Eppure continuiamo a ballare su piste, lasciandoci abbagliare dall’inquietante sfera multicolor che sovrasta le nostre teste.
Al diavolo se ci stordisce.
Almeno ci illude. Ma a noi questo non può e non deve bastare.
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[ di Angela Greco – 2008]
“[…] La poesia non ha prezzo. Forse questo la pone fuori dalla portata degli uomini. Ma non sempre, per fortuna. Forse bisognerebbe cercarla nei graffiti di qualche grotta preistorica, o sotto una trappola di muschio, vicino al gambo di un fiore probabilmente velenoso, o in qualche parola di cui non si ricorda la dolcezza del suono, e se nel solo sentire quel suono si riuscisse a prescindere dal significato!, come una vela che non necessiti di mare o un cielo che non risieda sulla terra o un pesce con gli occhiali che saluti un gatto sazio che gioca con le stelle, un uomo seduto su un pianeta a guardare una donna che per nessun motivo al mondo oserà sfiorare, se non per dirLe..”
( Cataldo Antonio Amoruso – http://krimisa.blogspot.it/2012/05/about-poetry.html – http://krimisa.blogspot.it/2012/05/seguito-di-about-poetry.html )
p.s. ringrazio e chiedo scusa all’Autore di quanto sopra, se spesso e volentieri passo a leggere i suoi scritti e mi permetto di riportarli nei miei luoghi per ampliare – in primis – il mio bagaglio culturale.
mie parole lasciano
ne dispongo, di passo, come d’arma
senza più uno spunto
si allineano, sì, ma senza fremito
mie parole servono
a un saluto, a un appiglio
a una scia d’unto come
di tovaglia d’uopo
pranzo cena contrappunto mento, involuto
nel testa a testa senza fine
del più e del meno
indifferente al risultato
si poteva stabilire un punto di partenza
ma questo mercurio
così instabile non lega poi
ché gli amalgami necessitano
di linee rette e inderogabili
rotte
dacché tutt’altro si poteva, d’essere, ma divenire
comporta una casualità d’alea e instabile mi suscita
un moto amaro di parole la fusione che separa
da sé elementi
ora che ogni somma è spoglia e oltre
lo specchio posso leggere allentarsi
il risalire delle vene
” […] sorprendersi a frugare parole
nelle tasche dei sognatori
quali stelle pungenti, e blande
le piccole cose incolte, i felici avanzi bastanti
alle figure del poeta, belle
come una guarigione
insperata
o un ritorno, atteso
e poi ristare
a piacersi la vita, gli strascichi taciuti
nel momento in cui collima l’essere
silenzioso di suoni e il battito
maestoso delle ali”
(Cataldo A.Amoruso)
http://krimisa.blogspot.it/2012/04/detta-male.html
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per questa giornata di Pasqua, festa che invita alla rinascita anche i non cattolici, incoraggiati dal risveglio della Natura e dei sensi, ho scelto le parole di un poeta che – non ne faccio mistero – ammiro molto sia dal punto di vista della scrittura, che della sua straordinaria capacità di rendere in versi e condividere quello che spesso è un peso, ovvero il Vivere quotidiano, con le sue angosce e le sue paure, ma anche – come in questo caso – con la sua gioia; quest’ultima sempre accompagnata da un sospiro di pudore e di meraviglia, come se da un momento all’altro potesse fuggire via.
L’insieme dei versi è pervaso da un senso di sorpresa e si ascolta, sussurrata, una voce che incoraggia alla meraviglia e alla gioia; quest’ultima, espressa nell’essere Poeta, è paragonata mirabilmente ad un ritorno, magari quello della persona amata o semplicemente di se stessi, e ad una guarigione – forse quella dal non scrivere, o quella dal male di esserci in questa vita, o forse ancora da quella fisica per un motivo qualunque – “insperata”, nella quale non si credeva più e per questo ancora più grande…ecco, così, senza null’altro aggiungere, credo che al meglio (e involontariamente) il Poeta abbia cantato l’essenza vera di questa giornata. Giornata che, non dobbiamo dimenticare, rende consapevoli che prima di approdare alla resurrezione occorre attraversare l’ingrato giogo della morte.
Così, “nelle tasche dei sognatori”, la Poesia, che svela l’Essere e fa spiegare le grandi ali, e le sue parole sono lì a pungere e a destare, per regalare ancora, dono inatteso, la ri-nascita e la ritrovata felicità.
(Angela Greco)
parole che mi lasciavano
avvolte in piccoli fiori di carta
appena schiusi
agli angoli delle porte
simili molto al mangiare per gatti
.
mi fermavano ad ammirare
i suoni perfetti delle desinenze
e dei battenti silenziosi giunti
a fine della corsa
.
ristavo, passavo oltre
guardando silenzio
attratto dalla convessità finitima dei mari
fin dove finisce, prima appena dell’orizzonte
dove il posto degli occhi trova riparo ed io
confine
.
cerco i nomi di luogo nei sussurri indolenti
del vento che porto da parte, quasi un segreto
di sabbia nei palmizi di lungomare
dove mi ancoro alle vene illuse del mediterraneo ed io
non trovo sponda.
(2\4\12)
mi pèrdono a volte le parole avulse
nei greti della ragione, altre
mi perdòno
nei giochi estatici dell’età adulta
.
perché ora sì, posso giocare
con le parole a non far male
e far tana contro i miei di muri
sempre e solo a calce, ingabbiati
di impalcature verso il nulla
ardite
come carte di castelli
nello stridere di tufi di parole
trappole per grilli poco astuti
ora che mi perdo e mi perdono domande
.
cosa importa alle vene cosa scorre
alle labbra cosa dicono
ai passi cosa muovono
.
agli abiti di quali nudità e chiaroscuri
e semivuote o piene identità conducono
cosa importa al movimento anchilosato dell’asse
terrestre e umano
dei silenzi che odo e parole che cedono
giusta la mente
sarà la ragione che rientra a quest’ora ch’è tarda
al suo greto di favole e sassi.
“lascio le parole aperte
al loro verso il vento
o forse
prima che esca
silente una carezza
sono solo parole
sono solo
parole che volevo dirti
strusciano in gola, cioccano
in tasca di moneta
gioiosa o secca
mente
hanno esiti
diversi
come un intento mutato in corsa
virano
sopravanzandomi
anche le mie dita
sono parole
le seguo, le spoglio
fino al mattino
quando vanno a riporre
discretamente i sogni
senza seguito
senza risvolti, commenti
solo, a volte
rinvengo qualche rigo
bianco nella notte che non ha potuto nulla
dire che a volte
in qualche luogo ho parlato”
versi di Cataldo Antonio Amoruso