Rabindranath Tagore, due poesie

Cielo

Rabindranath Tagore, due poesie

*

Chi sei tu, lettore, che leggerai le mie poesie
tra cento anni?
Non posso mandarti un solo fiore di questa ricca primavera,
né darti un solo raggio d’oro delle nuvole
che mi sovrastano.
Apri le tue porte, guardati intorno.
Nel tuo giardino in fiore cogli i fragranti ricordi
dei fiori sbocciati cento anni fa.
Nella gioia del tuo cuore che tu possa sentire
la vivente gioia che cantò, in un mattino di primavera,
mandando la sua voce lieta, attraverso cento anni.

(Traduzione di Brunilde Neroni)

~

Afferro le sue mani
e la stringo al mio petto.
Tento di riempire le mie braccia
della sua bellezza,
di depredare con i baci
il suo dolce sorriso,
di bere i suoi bruni sguardi
con i miei occhi.
Ma dov’è?
Chi può spremere l’azzurro dal cielo?
Cerco di afferrare la bellezza;
essa mi elude
lasciando soltanto il corpo
nelle mie mani.
Stanco e frustrato mi ritraggo.
Come può il corpo toccare
il fiore che soltanto
lo spirito riesce a sfiorare?

Karthika Naïr, tre poesie

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Abitudini: Resti

Ascolta, parliamo ora chiaramente: non sei tu a mancarmi,
non tu, davvero, tu non c’entri niente.
Pioggia tiepida — sono il suo odore ed il vapore della sua armonia a mancarmi,
non tu, davvero, tu non c’entri niente.

E neppure tutto quel jazz mi manca – la luna, le stelle, il vino, quella fiamma –
eri tu a chiamarli in causa
prima che fossero i nostri versi ad invecchiare. Era una promessa quella,
non tu, davvero, tu non c’entri niente.

Un cielo, una terra, quest’aria, la tenda per il sole, la tua bocca,
la mia lingua, la traccia
pelle contro pelle — sono queste le cose che trattengo come un domicilio dell’amore,
non tu, davvero, tu non c’entri niente.

La scorsa settimana, alla lavanderia a gettoni, sono inciampata; una trapunta a quadri
mi ha afferrato il cuore
era una voce nuova a togliermi davvero il piede dall’abisso,
non tu, davvero, tu non c’entri niente.

Sì, ho imparato ad apprezzare i semi di pino ed anche il caramello con il sale,
ad adorare Steve Reich.
Ma di sicuro questo è quello che qualcuno chiama osmosi,
non tu, davvero, tu non c’entri niente.

Ti giuro: è con le pulizie di primavera che poi ti avrei voluto fuori dalla mente. Se trovo
qualche scheggia di risata, insomma,
o un bacio color cannella, faccio finta, è solo quello,
non tu, davvero, tu non c’entri niente.

Il passato invade il nostro adesso, ancora così imperfetto:
ininterrotto;
è ormai un mutante che canta da ogni intercapedine,
non-tu-davvero-tu-non-c’entri-niente.

Dalle Pleiadi, da questa luna d’argento vivo, io rinuncio
alle finte
del cuore, berrò da questo frutto del raccolto—
—e, in fondo, sei soltanto tu, dopotutto.

Abitudini: un ritorno

Doloroso da perdere, e lontano
eppure troppo facile da riportare indietro. Si guarda intorno,
ed anche questa volta, aspetta,
ad occhi fissi. Inevitabile, immanente,
quella cosa con cui vorresti andartene, ma è lì rimasta ferma
ed è per sempre, o quasi.
Quasi.
Quasi un pelo, meno di un labbro leporino?
Ci sono abitudini e abitudini.
Respirare è un’abitudine, son qui a cercare di farla mia.
Quello che cerco di perdere sei tu.

Abitudini: liberazione

È solo adesso che posso piangere davvero
il nostro noi come farebbe qualcuno,
qualcuno conosciuto, e amato un’era fa,
è solo ora che posso realizzare
sì, che è per davvero: se n’è andato.
È la stagione a farci piangere. Come
possiamo amare qualcuno oltre
il pensiero, la parola, la ragione; andare
avanti, poi, e tornare indietro mai;
ancora piangi? È solo in questo istante
che posso amare qualcuno, ed è forse
uno che farà presto ad invecchiare,
lo so, ma saprà darmi amore.

.

Karthika Naïr poetessa franco-indiana contemporanea, è autrice di numerosi libri. L’ultimo è Until the LionsEchoes from the Mahabharata (Archipelago Books, 2019).  La scelta e la traduzione dall’inglese dei testi inediti è di Francesco Guazzo per il sito di poesia di Rai News, che si ringrazia per questa condivisione. 

Rabindranath Tagore, due poesie da Gitanjali – Il giardiniere

Rabindranath Tagore, due poesie da Gitanjali – Il giardiniere

Vita della mia vita

Vita della mia vita,
sempre cercherò di conservare
puro il mio corpo,
sapendo che la tua carezza vivente
mi sfiora tutte le membra.

Sempre cercherò di allontanare
ogni falsità dai miei pensieri,
sapendo che tu sei la verità
che nella mente
mi ha acceso la luce della ragione.

Sempre cercherò di scacciare
ogni malvagità dal mio cuore,
e farvi fiorire l’amore,
sapendo che hai la tua dimora
nel più profondo del cuore.

E sempre cercherò nelle mie azioni
di rivelare te,
sapendo che è il tuo potere
che mi dà la forza di agire.

*

Quando a notte

Quando a notte vado sola al mio convegno d’amore,
gli uccelli non cantano, il vento non soffia,
le case ai lati della strada sono silenziose.
Sono i miei bracciali che risuonano a ogni passo.
e io sono piena di vergogna.
Quando siedo al balcone e ascolto per sentire
i suoi passi, le foglie non stormiscono sui rami.
e l’acqua del fiume è immobile come la spada
sulle ginocchia di una sentinella addormentata.
E’ il mio cuore che batte selvaggiamente-
e non so come acquietarlo.
Quando il mio amore viene e si siede al mio fianco,
quando il mio corpo trema e le palpebre s’ abbassano,
la notte s’oscura, il vento spegne la lampada,
e le nuvole stendono veli sopra le stelle.
E’ il gioiello al mio petto che brilla e risplende.
E non so come nasconderlo.

.

tratte da Gitanjali – Il giardiniere (Newton Compton, 2012)

Rabindranath Tagore – Da dove viene la tua inquietudine, Amore?

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Rabindranath Tagore, da Petali sulle ceneri

Da dove viene la tua inquietudine, Amore?
Lascia che il mio cuore tocchi il tuo
e che con i miei baci possa cancellare
il tuo muto dolore.
.
Quest’ora ci è giunta dal mistero della notte
perché l’amore possa crearsi un nuovo mondo,
penetrando, dalle porte chiuse, al bagliore di
quest’unica lampada.
.
Non abbiamo, come melodia, che un rosaio
sul quale le nostre labbra si poseranno a turno,
per corona non avremo che una ghirlanda,
con la quale abbellirò la mia fronte,
dopo avere ornato la tua.
.
Strappando dal mio petto questo velo,
preparerò per terra il nostro letto,
l’unisono delle carezze e un sonno delizioso
riempiranno il nostro piccolo universo
senza confini.
*
tratta da Rabindranath Tagore, Poesie d’amore (trad. di Brunilde Neroni, TEA, 2007)
immagine: scena da un matrimonio indiano – dal web