La Libertà che guida il popolo (La Liberté guidant le peuple) è un dipinto a olio su tela (260×325 cm) del pittore francese Eugène Delacroix (autoritratto nella prima immagine a destra, in basso), realizzato nel 1830 e conservato nel museo del Louvre a Parigi.
«Ho cominciato un tema moderno, una barricata… e, se non ho combattuto per la patria, almeno dipingerò per essa…»
così scriveva il pittore in una lettera al fratello riferendosi proprio a “La Libertà che guida il popolo”, opera realizzata per celebrare un episodio della storia francese: nel 1829 il re di Francia Carlo X di Borbone – successore di Luigi XVIII – chiamò al potere Jules de Polignac, cui affidò la guida di un governo clerical-reazionario. Questo nuovo governo adottò una politica spiccatamente autoritaria, emanando una serie di provvedimenti legislativi, che scatenarono la furia dei Parigini, i quali, dal 27 al 29 luglio 1830 (le cosiddette «Tre Gloriose Giornate»), si ribellarono contro l’autorità regia e alzarono le barricate nelle strade di Parigi. Ribellione, che costrinse, con il suo trionfo, Carlo X a licenziare i suoi ministri, a revocare le ordinanze emesse e – infine – ad abdicare e a riparare in Inghilterra.
La Libertà che guida il popolo raffigura tutte le classi sociali unite in lotta contro l’oppressore, guidate dalla personificazione della Francia, Marianne, che in quest’opera assurge anche a simbolo della Libertà. Marianne è colta nell’attimo in cui avanza sicura sulla barricata, sventolando con la mano destra il Tricolore francese (richiamando con evidenza i valori della rivoluzione del 1789) e impugnando con la sinistra un fucile con baionetta, a suggerire la sua diretta partecipazione alla battaglia. Indossa abiti contemporanei e anche un berretto frigio, assunto come simbolo dell’idea repubblicana dai rivoluzionari già nel 1789, ha il seno scoperto e i piedi nudi ed è realistica sino alla peluria sotto le ascelle, particolare che non fu apprezzato dai contemporanei. Nella sua posa monumentale e impetuosa la Libertà esorta il popolo a seguirla e a ribellarsi contro la politica reazionaria di Carlo X.
La Libertà è circondata da una folla tumultuosa, dove Delacroix ha riunito persone di tutte le età e le classi sociali. A destra della donna troviamo un ragazzino armato di pistole, simbolo del coraggio e della lotta dei giovani contro l’ingiustizia della monarchia assoluta. A sinistra, invece, è visibile quello che erroneamente viene definito un intellettuale borghese con un “elegante cilindro” in testa e una doppietta da caccia in mano (tradizionalmente ritenuto un autoritratto dell’artista, ma forse si tratta di un ritratto di un suo amico d’infanzia, Félix Guillemardet). Questa lettura dell’intellettuale borghese è stata smentita da studi del Louvre risalenti al 1983, a seguito delle mostre dossier organizzate dal museo, di cui dà conto Italo Calvino nella sua raccolta Collezione di sabbia, nel capitolo Un romanzo dentro un quadro. Delacroix, riporta Calvino, “pone alla sinistra della Libertà tre figure di operai: per “popolo” si intendevano i lavoratori manuali (non c’è un solo borghese riconoscibile nel quadro, se si eccettua una figura con la feluca sullo sfondo, che protrebbe essere uno degli studenti dell’Ecole Polythecnique che avevano partecipato alla rivolta). Con evidente intento “sociologico”, Delacroix caratterizza tre diversi tipi di lavoratori manuali: quello con il cilindro può essere un artigiano, un compagnon d’una corporazione di mestiere (sì, il cilindro a quell’epoca era un copricapo universale, senza connotazioni sociali; ma i pantaloni larghi, la cintura di flanella rossa sono caratteristici degli operai; quello con la spada è un operaio d’una manifattura, col grembiale da lavoro; quello ferito, carponi, col fazzoletto in testa e la blusa rimboccata sulla cintura, è un manovale dei cantieri edilizi, mano d’opera stagionale immigrata in città dalla campagna”. Ai piedi della Libertà, invece, troviamo un giovane manovale con un grembiule di cuoio, che guarda la fanciulla pieno di speranza, come se fosse l’unica in grado di restituire la dignità alla nazione francese.
Dietro questi personaggi iconici si dispiega una massa indistinta di uomini, fucili, e spade: la battaglia, tra l’altro, non è priva di vittime. Alla base del quadro, infatti, giacciono tre cadaveri: a sinistra vi è un insorto dal corpo seminudo, con il macabro particolare del calzino sfilato, mentre a destra troviamo un corazziere e una guardia svizzera, appartenenti alla guardia reale che combatté la rivoluzione di quei giorni. Dietro il fumo degli incendi e degli spari e la coltre di polvere sollevata dai rivoluzionari, inoltre, si intravedono le torri gemelle della cattedrale di Notre-Dame, che stanno a suggerire l’esatta collocazione geografica dell’episodio, ovvero Parigi.
Due, in particolare, sono le fonti iconografiche consultate da Delacroix per la realizzazione della Libertà che guida il popolo. La prima è la Venere di Milo, statua ellenistica ritrovata nel 1820 ed esposta al Louvre nel 1821: le sue fattezze, infatti, ricordano molto da vicino quelle della Libertà. Delacroix si mostrò assai sensibile anche alla Zattera della Medusa di Théodore Géricault, dalla quale riprese la composizione piramidale, i due uomini riversi in primo piano e il particolare del calzino sfilato del popolano di sinistra. Se, tuttavia, la tela di Géricault rispecchiava lo sconforto e la disperazione dei Francesi dopo il tramonto dell’epopea napoleonica, la materia della Libertà che guida il popolo ha un contenuto spiccatamente ottimistico: nel quadro di Delacroix, infatti, i parigini sono ritornati sulle barricate e sono fiduciosi in sé stessi. Riportiamo di seguito un commento di Giulio Carlo Argan:
«Ricalcando lo schema compositivo della zattera, Delacroix lo rovescia. Inverte la posizione dei due morti in primo piano, e questo non è molto importante; ma inverte anche la direzione del moto delle masse, che nella zattera va dallo avanti all’indietro, nella Libertà viene in avanti, si precipita verso lo spettatore, lo prende di petto, gli rivolge un discorso concitato»
I colori scuri dell’opera, infine, sono stemperati dalla luminosità dei tre colori repubblicani (blu, bianco, e rosso), che dalla bandiera sventolata dalla Libertà si irradiano in tutta la scena, dalle cinture ai berretti, dalle vesti al sangue.
La Libertà che guida il popolo, «il primo quadro politico nella storia della pittura moderna» secondo Argan, ha avuto sin da subito una grandissima eco per via del suo contenuto acutamente simbolico e celebrativo della libertà, del patriottismo, e della centralità del popolo nella costruzione del destino di una nazione. Secondo Delacroix, infatti, il popolo è in grado di incarnare un ideale superiore e di diventare protagonista della Storia: è in questo modo che la pittura non si popola più esclusivamente di figure mitologiche, eroiche o allegoriche, bensì anche di operai, manovali, artigiani, bambini e «canaglie», come disse scandalizzato un commentatore dell’opera in riferimento al ragazzino con le due pistole. (da Wikipedia)