Tre poeti per l’Italia

Lorenzo Perrone, J'accuse, libro vero, gres, vernice acrilica, matite, 2012

Italia di Giuseppe Ungaretti

Sono un poeta
un grido unanime
sono un grumo di sogni

Sono un frutto
d’innumerevoli contrasti d’innesti
maturato in una serra

Ma il tuo popolo è portato
dalla stessa terra
che mi porta
Italia

E in questa uniforme
di tuo soldato
mi riposo
come fosse la culla
di mio padre.

~

Il mio paese è l’Italia di Salvatore Quasimodo 

Più i giorni s'allontanano dispersi
e più ritornano nel cuore dei poeti.
Là i campi di Polonia, la piana dì Kutno
con le colline di cadaveri che bruciano
in nuvole di nafta, là i reticolati
per la quarantena d'Israele,
il sangue tra i rifiuti, l'esantema torrido,
le catene di poveri già morti da gran tempo
e fulminati sulle fosse aperte dalle loro mani,
là Buchenwald, la mite selva di faggi,
i suoi forni maledetti; là Stalingrado,
e Minsk sugli acquitrini e la neve putrefatta.
I poeti non dimenticano. Oh la folla dei vili,
dei vinti, dei perdonati dalla misericordia!
Tutto si travolge, ma i morti non si vendono.
Il mio paese è l'Italia, o nemico più straniero,
e io canto il suo popolo, e anche il pianto
coperto dal rumore del suo mare,
il limpido lutto delle madri, canto la sua vita.

~

Alla mia nazione di Pier Paolo Pasolini 

Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico
ma nazione vivente, ma nazione europea:
e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!

Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,
proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.

E solo perché sei cattolica, non puoi pensare
che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male.
Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.

*

In apertura: opera di Lorenzo Perrone, J’accuse (libro vero, gres, vernice acrilica, matite, 2012)

Alla madre

Giacomo Balla, Affetti

Lettera alla madre di Salvatore Quasimodo

«Mater dolcissima, ora scendono le nebbie,
il Naviglio urta confusamente sulle dighe,
gli alberi si gonfiano d’acqua, bruciano di neve;
non sono triste nel Nord: non sono
in pace con me, ma non aspetto
perdono da nessuno, molti mi devono lacrime
da uomo a uomo. So che non stai bene, che vivi
come tutte le madri dei poeti, povera
e giusta nella misura d’amore
per i figli lontani. Oggi sono io
che ti scrivo. » – Finalmente, dirai, due parole
di quel ragazzo che fuggì di notte con un mantello corto
e alcuni versi in tasca. Povero, così pronto di cuore
lo uccideranno un giorno in qualche luogo. –
«Certo, ricordo, fu da quel grigio scalo
di treni lenti che portavano mandorle e arance,
alla foce dell’Imera, il fiume pieno di gazze,
di sale, d’eucalyptus. Ma ora ti ringrazio,
questo voglio, dell’ironia che hai messo
sul mio labbro, mite come la tua.
Quel sorriso m’ha salvato da pianti e da dolori.
E non importa se ora ho qualche lacrima per te,
per tutti quelli che come te aspettano,
e non sanno che cosa. Ah, gentile morte,
non toccare l’orologio in cucina che batte sopra il muro
tutta la mia infanzia è passata sullo smalto
del suo quadrante, su quei fiori dipinti:
non toccare le mani, il cuore dei vecchi.
Ma forse qualcuno risponde? O morte di pietà,
morte di pudore. Addio, cara, addio, mia dolcissima mater. »

~

Preghiera alla madre di Umberto Saba

Madre che ho fatto soffrire
(cantava un merlo alla finestra, il giorno
abbassava, sì acuta era la pena
che morte a entrambi io m’invocavo) madre
ieri in tomba obliata,
oggi rinata; presenza,
che dal fondo dilaga quasi vena
d’acqua, cui dura forza reprimeva,
e una mano le toglie abile o incauta
l’impedimento;
presaga gioia io sento
il tuo ritorno, madre mia che ho fatto,
come un buon figlio amoroso, soffrire.
Pacificata in me ripeti antichi
moniti vani. E il tuo soggiorno un verde
giardino io penso, ove con te riprendere
può a conversare l’anima fanciulla,
inebbriarsi del tuo mesto viso,
sì che l’ali vi perda come al lume
una farfalla. È un sogno,
un mesto sogno; ed io lo so. Ma giungere
vorrei dove sei giunta, entrare dove
tu sei entrata
ho tanta gioia e tanta stanchezza!
farmi, o madre,
come una macchia dalla terra nata,
che in sé la terra riassorbe ed annulla.

~

Supplica a mia madre di Pier Paolo Pasolini 

È difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.

Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.

Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.

Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.

E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
d’amore, dell’amore di corpi senza anima.

Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:

ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.

Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.

Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.

Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…

*

In apertura: G.Balla, “Affetti”

Tre poesie dedicate al mare

libri-mare

IL MARE 

Acqua docile al freno, sottomessa in silenzio,
Sparso mare dai flutti per sempre incatenati,
E massa offerta al cielo, specchio dell’obbedienza
Dove ogni notte tesse nuove pieghe
La lontana potenza senza sforzo degli astri.
.
Quando viene il mattino e di sé colma lo spazio,
Essa raccoglie e rende il dono della luce.
Si posa in superficie un brillìo lieve;
L’acqua, in attesa e senza desiderio,
Sotto il giorno che cresce risplende e si cancella.
.
Il riflesso serale darà all’ala sospesa
Fra cielo ed acqua un lucrore improvviso.
Trattiene in basso la legge sovrana
L’onde oscillanti, fisse alla distesa
Dove ogni goccia sale e scende alterna.
.
La bilancia dai bracci segreti e trasparenti
D’acqua si pesa, e pesa schiuma e ferro,
Di per sé giusta ad ogni barca errante.
Un filo azzurro traccia sulla nave un rapporto,
Esatto sulla sua linea apparente.
.
Sii propizio, ampio mare, agli infelici mortali,
Stretti ai tuoi bordi, persi nel tuo grande deserto.
A chi è per sprofondare parla, prima che muoia;
Éntraci fino all’anima, acqua, sorella nostra:
Degnati di lavarla dentro la tua giustizia.
.
da Le poesie di Simone Weil  (a cura di Maura Del Serra, Ed.C.R.T. by Petite Plaisance)
.
.

L’UOMO E IL MARE 

Sempre, uomo libero, amerai il mare!
È il tuo specchio il mare: ti contempli l’anima
nell’infinito volgersi delle onde
e il tuo spirito non è abisso meno amaro.

Con piacere ti tuffi in seno alla tua immagine,
l’abbracci con lo sguardo, con le braccia, e il cuore
a volte si distrae dal proprio palpitare
al rumore di quel pianto indomabile e selvaggio.

Siete discreti entrambi, entrambi tenebrosi:
inesplorato, uomo, il fondo dei tuoi abissi,
sconosciute, mare, le tue ricchezze intime,
tanto gelosamente custodite i segreti!

Eppure, ecco che da infiniti secoli
vi combattete senza pietà e rimorso,
a tal punto amate le stragi e la morte,
o lottatori eterni, o fratelli implacabili!

Charles Baudelaire, da “Spleen e Ideale”, in “I fiori del male” (Trad. Marcello Comitini)

.

S’ODE ANCORA IL MARE

Già da più notti s’ode ancora il mare,
lieve, su e giù, lungo le sabbie lisce.
Eco d’una voce chiusa nella mente
che risale dal tempo; ed anche questo
lamento assiduo di gabbiani: forse
d’uccelli dalle torri, che l’aprile
sospinge verso la pianura. Già
m’eri vicina tu con quella voce;
ed io vorrei che pure a te venisse,
ora, di me un’eco di memoria,
come quel buio murmure di mare.
.
Salvatore Quasimodo, Tutte le poesie (Oscar Mondadori)

Poesie per non dimenticare

Pietre d'inciampo a Roma -ph.Giorgio Chiantini

Shemà di Primo Levi

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.

~

Aprile di Anna Frank

Prova anche tu,
una volta che ti senti solo
o infelice o triste,
a guardare fuori dalla soffitta
quando il tempo è così bello.
Non le case o i tetti, ma il cielo.
Finché potrai guardare
il cielo senza timori,
sarai sicuro
di essere puro dentro
e tornerai
ad essere Felice

~

Poesia di un ragazzo trovata in un Ghetto nel 1941

Da domani sarà triste, da domani.
Ma oggi sarò contento,
a che serve essere tristi, a che serve.
Perché soffia un vento cattivo.
Perché dovrei dolermi, oggi, del domani.
Forse il domani è buono, forse il domani è chiaro.
Forse domani splenderà ancora il sole.
E non vi sarà ragione di tristezza.
Da domani sarà triste, da domani.
Ma oggi, oggi sarò contento,
e ad ogni amaro giorno dirò,
da domani, sarà triste,
Oggi no.

~

La paura di Eva Picková

Di nuovo l’orrore ha colpito il ghetto,
un male crudele che ne scaccia ogni altro.
La morte, demone folle, brandisce una gelida falce
che decapita intorno le sue vittime.
I cuori dei padri battono oggi di paura
e le madri nascondono il viso nel grembo.
La vipera del tifo strangola i bambini
e preleva le sue decime dal branco.
Oggi il mio sangue pulsa ancora,
ma i miei compagni mi muoiono accanto.
Piuttosto di vederli morire
vorrei io stesso trovare la morte.
Ma no, mio Dio, noi vogliamo vivere!
Non vogliamo vuoti nelle nostre file.
Il mondo è nostro e noi lo vogliamo migliore.
Vogliamo fare qualcosa. E’ vietato morire!

~

Auschwitz di Salvatore Quasimodo 

Laggiù, ad Auschwitz, lontano dalla Vistola,
amore, lungo la pianura nordica,
in un campo di morte: fredda, funebre,
la pioggia sulla ruggine dei pali
e i grovigli di ferro dei recinti:
e non albero o uccelli nell’aria grigia
o su dal nostro pensiero, ma inerzia
e dolore che la memoria lascia
al suo silenzio senza ironia o ira.

Tu non vuoi elegie, idilli: solo
ragioni della nostra sorte, qui,
tu, tenera ai contrasti della mente,
incerta a una presenza
chiara della vita. E la vita è qui,
in ogni no che pare una certezza:
qui udremo piangere l’angelo il mostro
le nostre ore future
battere l’al di là, che è qui, in eterno
e in movimento, non in un’immagine
di sogni, di possibile pietà.
E qui le metamorfosi, qui i miti.
Senza nome di simboli o d’un dio,
sono cronaca, luoghi della terra,
sono Auschwitz, amore…

Da quell’inferno aperto da una scritta
bianca: “Il lavoro vi renderà liberi”
uscì continuo il fumo
di migliaia di donne spinte fuori
all’alba dai canili contro il muro
del tiro a segno o soffocate urlando
misericordia all’acqua con la bocca
di scheletro sotto le docce a gas.
Le troverai tu, soldato, nella tua
storia in forme di fiumi, d’animali,
o sei tu pure cenere d’Auschwitz,
medaglia di silenzio?

Restano lunghe trecce chiuse in urne
di vetro ancora strette da amuleti
e ombre infinite di piccole scarpe
e di sciarpe d’ebrei: sono reliquie
d’un tempo di saggezza, di sapienza
dell’uomo che si fa misura d’armi,
sono i miti, le nostre metamorfosi.
Sulle distese dove amore e pianto
marcirono e pietà, sotto la pioggia,
laggiù, batteva un no dentro di noi,
un no alla morte, morta ad Auschwitz,
per non ripetere, da quella buca
di cenere, la morte.

~

📸 in apertura: Pietre d’inciampo, foto di Giorgio Chiantini.

AA.VV. Giungendo Natale…

Sfondo di luci di Natale

Prologo di Natale di Ezra Pound

Eco degli Angeli che cantano Exultasti

Nasce il silenzio da molte quiete
Così la luce delle stelle si tesse in corde
Con cui le Potenze di pace fanno dolce armonia.
Rallegrati, o Terra, il tuo Signore
Ha scelto il suo santo luogo di riposo.
Ecco, il segno alato
Si libra sopra quella crisalide santa.

L’invisibile Spirito della Stella risponde loro:

Inchinatevi nel vostro canto, potenze benigne.
Prostratevi sui vostri archi di avorio e oro!
Ciò che conoscete solo indistintamente è stato fatto
Su nelle corti luminose e azzurre vie:
Inchinatevi nella vostra lode;
Perché se il vostro sottile pensiero
Non vede che in parte la sorgente di misteri
Pure nei vostri canti, siete ordinati di cantare:
“Gloria! Gloria in excelsis
Pax in terra nunc natast”.

Angeli, che proseguono con il loro canto:

Pastori e re, con agnelli e incenso
Andate ed espiate l’ignoranza dell’umanità:
Con la vostra mirra rossa fate sapore dolce.
Ecco, che il figlio di Dio diventa l’elemosiniere di Dio.
Date questo poco
Prima che egli vi dia tutto.

~

Piccolo albero di Edward Estlin Cummings

Piccolo albero
piccolo muto albero di Natale
sei così piccolo che
sembri piuttosto un fiore;
chi ti ha trovato nella foresta verde
e ti dolesti tanto di venir via?
Vedi io ti conforterò
perché hai un odore tanto dolce
bacerò la tua fresca corteccia
e ti terrò stretto al sicuro
come farebbe tua madre,
ma tu non avere paura,
guarda i lustrini
che dormono tutto l’anno in una scatola scura
e sognano d’esser presi fuori e poter luccicare,
le palline, le catenelle rosso e oro i fili lanuginosi,
alza le tue piccole braccia
e te li darò tutti da tenere,
ogni dito avrà il suo anello
e non ci sarà un solo posto scuro o infelice
poi quando sarai completamente vestito,
starai ritto alza finestra che tutti ti vedano
e come ti guarderanno con tanto d’occhi!
oh, ma tu sarai molto orgoglioso
e la mia sorellina e io ci piglieremo per mano
e tenendo gli occhi fissi al nostro bell’albero
danzeremo e canteremo
“Noel Noel”.

~

Alla vigilia di Natale di Bertolt Brecht 

Oggi siamo seduti, alla vigilia
di Natale, noi, gente misera,
in una gelida stanzetta,
il vento corre fuori, il vento entra.
Vieni, buon Signore Gesù, da noi, volgi lo sguardo:
perché tu ci sei davvero necessario.

~

Campane di Natale di Henry Wadsworth Longfellow

Ho sentito le campane, per Natale,
suonar le loro vecchie càrole consuete
e ripetere, dolci e libere, le parole
di pace sulla terra, di buona volontà per gli uomini.
E pensavo a come, venuto quel giorno,
i campanili di tutta la Cristianità
avevano battuto al canto ininterrotto
di pace sulla terra, di buona volontà per gli uomini.
E, disperato, ho chinato la testa
“Non c’è pace sulla terra”, ho detto,
“Perché l’odio è troppo forte e si fa gioco del canto
di pace sulla terra, di buona volontà per gli uomini”.
Poi da ogni bocca nera e maledetta
il cannone tuonò nel Sud,
ed in quei rombi annegaron le càrole
di pace sulla terra, di buona volontà per gli uomini.
Fu come se un terremoto scuotesse
le pietre focaie di un continente
e mandasse in rovina i focolari domestici
di pace sulla terra, di buona volontà per gli uomini.
Allora le campane hanno rintoccato più forte e profondo:
“Dio non è morto, e non dorme;
Il male fallirà, il bene prevarrà
con pace sulla terra, con buona volontà per gli uomini”.
Finché con quei rintocchi e con quel canto
il mondo non è tornato dalla notte al giorno,
una voce, una melodia, un canto sublime
di pace sulla terra, di buona volontà per gli uomini.

~

Natale di Salvatore Quasimodo

Natale. Guardo il presepe scolpito,
dove sono i pastori appena giunti
alla povera stalla di Betlemme.
Anche i Re Magi nelle lunghe vesti
salutano il potente Re del mondo.
Pace nella finzione e nel silenzio
delle figure di legno: ecco i vecchi
del villaggio e la stella che risplende,
e l’asinello di colore azzurro.
Pace nel cuore di Cristo in eterno;
ma non v’è pace nel cuore dell’uomo.
Anche con Cristo e sono venti secoli
il fratello si scaglia sul fratello.
Ma c’è chi ascolta il pianto del bambino
che morirà poi in croce fra due ladri?

🎄

Due poesie di Salvatore Quasimodo

nuvole-rosse

Alle fronde dei salici

E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero

della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.

~

Alla nuova luna

In principio Dio creò il cielo ..
e la terra, poi nel suo giorno
esatto mise i luminari in cielo
e al settimo giorno si riposò.
Dopo miliardi di anni l’uomo,
fatto a sua immagine e somiglianza,
senza mai riposare, con la sua
intelligenza laica,
senza timore, nel cielo sereno
d’una notte d’ottobre,
mise altri luminari uguali
a quelli che giravano
dalla creazione del mondo. Amen.

*

Salvatore Quasimodo (Modica, 1901 – Napoli, 1968) è stato un poeta e traduttore italiano, esponente di rilievo dell’ermetismo. Ha contribuito alla traduzione di vari componimenti dell’età classica, soprattutto liriche greche, ma anche di opere teatrali di Molière e William Shakespeare. Nel 1959 gli viene assegnato  il premio Nobel per la Letteratura con la seguente motivazione:  “Per la sua poetica lirica, che con ardente classicità esprime le tragiche esperienze della vita dei nostri tempi”.


			

Poesia e primavera

21 marzo - Il sasso nello stagno di AnGre

💐

L’ accenno di un canto primaverile di Aleksandr Blok

Il vento portò da lontano
l’accenno di un canto primaverile,
chissà dove, lucido e profondo
si aprì un pezzetto di cielo.
In questo azzurro smisurato,
fra barlumi della vicina primavera
piangevano burrasche invernali,
si libravano sogni stellati.
Timide, cupe e profonde
piangevano le mie corde.
Il vento portò da lontano
le sue squillanti canzoni.

🌺

Una luce c’è in primavera di Emily Dickinson 

Una luce c’è in primavera
non presente nel resto dell’anno
in qualsiasi altra stagione –
Quando marzo è appena arrivato
un colore appare fuori
sui campi solitari
che la scienza non può sorpassare
ma la natura umana sente.

Indugia sopra il prato,
delinea l’albero più lontano
sul più lontano pendio che tu sappia
quasi sembra parlarti.

Poi come orizzonti arretrano
o il mezzogiorno trascorre,
senza formula di suono
esso passa e noi restiamo –
e una qualità di perdita
tocca il nostro sentimento
come se a un tratto il guadagno
profanasse un sacramento.

fioricampo1

Marzo di Cesare Pavese

Io sono Marzo che vengo col vento
col sole e l’acqua e nessuno contento;
vo’ pellegrino in digiuno e preghiera
cercando invano la Primavera.
Di grandi Santi m’adorno e mi glorio:
Tommaso il sette e poi il grande Gregorio;
con Benedetto la rondin tornata
saluta e canta la Santa Annunziata.
Primavera
Sarà un volto chiaro.
S’apriranno le strade
sui colli di pini
e di pietra….
I fiori spruzzati
di colore alle fontane
occhieggeranno come
donne divertite: Le scale
le terrazze le rondini
canteranno nel sole.

Eppure primavera è nell’aria di Oscar Wilde

Pieno inverno: il contadino vigoroso
Trasporta le fascine della legnaia gelida
e batte i piedi contro il focolare.
Sul fuoco che langue getta i ceppi freschi
e ride perché la vampata spaventa
i suoi bambini. Eppure, primavera è nell’aria.
Cinta di erba gioia, verde sorridente.
E avanti indietro per il campo va il seminatore
e dietro a lui ridendo un ragazzino spaventa i corvi
Rapaci, coi suoi strilli. Allora il castagno si veste
Splendidamente, e sull’erba si piega il fiore cremoso
In eccesso odoroso.

fotografia di Lorenza Pieretti

Primavera di Boris Pasternak

Primavera, io vengo dalla via, dove il pioppo è stupito,
dove la lontananza sbigottisce, dove la casa teme di crollare,
dove l’aria è azzurra come il fagottino della biancheria
di colui che è dimesso dall’ospedale!
Dove la sera è vuota come un racconto interrotto,
lasciato da una stella senza continuazione
per rendere perplessi mille occhi tumultuosi,
insondabili e privi di espressione.

🌷

Dall’inverno alla primavera di Edmondo De Amicis

Quando l’inverno muore
lentamente nella primavera,
nelle sere di quei bei giorni limpidi,
lieti, senza vento,
su cui si tengono spalancate
per le prime volte le finestre
e si portano sulle terrazze i vasi dei fiori,
le città offrono uno spettacolo gentile
e pieno d’allegrezza e di poesia.
A passeggiare per le vie si sente,
di tratto in tratto, sul viso,
un’ondata d’aria tiepida, odorosa.
Di che? di quali fiori? di quali erbe?
Chi lo sa!

fiori di ciliegio

Fiorita di marzo di Ada Negri

La fioritura vostra è troppo breve,
o rosei peschi, o gracili albicocchi
nudi sotto i bei petali di neve.
Troppo rapido è il passo con cui tocchi
il suolo; e al tuo passar l’erba germoglia,
o Primavera, o gioia de’ miei occhi.
Mentre io contemplo, ferma sulla soglia
dell’orto, il pio miracolo dei fiori,
sbocciati sulle rame senza foglia,
essi, ne’ loro tenui colori,
tremano già del vento alla carezza,
volan per l’aria densa di languori;
e se ne va così la tua bellezza,
come una nube, e come un sogno muori,
o fiorita di marzo, o Giovinezza…

🌹

Piena fioritura di Hermann Hesse

Si erge carico di fiori il pesco,
non tutti diventeranno frutto.
Risplendono chiari come spuma rosata
attraverso l’azzurro e la fuga di nuvole.
Simili a fiori si schiudono i pensieri,
centinaia ogni giorno,
lasciali fiorire! Lascia a ogni cosa il suo corso!
Non chiedere qual è il guadagno!
Vi deve pur essere gioco e innocenza
e dovizia di fiori,
altrimenti per noi sarebbe
troppo piccolo il mondo
e la vita non un piacere.

nails&design_fiori di pesco

È possibile scaricare gratuitamente due e-book sulla Giornata Mondiale della Poesia, cliccando sui link azzurri:

21 marzo ’21 AA.VV per Il sasso nello stagno di AnGre

Tutti i colori della poesia – a cura de Il sasso nello stagno di AnGre

💐

Poeti contro la guerra: Salvatore Quasimodo

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Poeti contro la guerra: Salvatore Quasimodo (1901-1968, poeta e traduttore italiano, esponente di rilievo dell’ermetismo)

🕊

Uomo del mio tempo

Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
Salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

🕊

Ed è subito sera

Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed e’ subito sera.

🕊

Dove morti stanno ad occhi aperti

Seguiremo case silenziose
dove morti stanno ad occhi aperti
e bambini gia’ adulti
nel riso che li attrista,
e fronde battono a vetri taciti
a mezzo delle notti.

Avremo voci di morti anche noi,
se pure fummo vivi talvolta
o il cuore delle selve e la montagna,
che ci sospinse ai fiumi,
non ci volle altro che sogni.

🕊

Rifugio d’uccellini notturni

In alto c’e’ un pino distorto;
sta intento ed ascolta l’abisso
col fusto piegato a balestra.

Rifugio d’uccelli notturni,
nell’ora piu’ alta risuona
d’un battere d’ali veloce.

Ha pure un suo nido il mio cuore
sospeso nel buio, una voce;
sta pure in ascolto, la notte.

🕊

Verso Natale, una poesia al giorno: Salvatore Quasimodo

Finestra Illuminata

Natale di Salvatore Quasimodo

Natale. Guardo il presepe scolpito,
dove sono i pastori appena giunti
alla povera stalla di Betlemme.
Anche i Re Magi nelle lunghe vesti
salutano il potente Re del mondo.
Pace nella finzione e nel silenzio
delle figure di legno: ecco i vecchi
del villaggio e la stella che risplende,
e l’asinello di colore azzurro.
Pace nel cuore di Cristo in eterno;
ma non v’è pace nel cuore dell’uomo.
Anche con Cristo e sono venti secoli
il fratello si scaglia sul fratello.
Ma c’è chi ascolta il pianto del bambino
che morirà poi in croce fra due ladri?

*

Il mare in tre poesie

libri-mare

IL MARE 

Acqua docile al freno, sottomessa in silenzio,
Sparso mare dai flutti per sempre incatenati,
E massa offerta al cielo, specchio dell’obbedienza
Dove ogni notte tesse nuove pieghe
La lontana potenza senza sforzo degli astri.
.
Quando viene il mattino e di sé colma lo spazio,
Essa raccoglie e rende il dono della luce.
Si posa in superficie un brillìo lieve;
L’acqua, in attesa e senza desiderio,
Sotto il giorno che cresce risplende e si cancella.
.
Il riflesso serale darà all’ala sospesa
Fra cielo ed acqua un lucrore improvviso.
Trattiene in basso la legge sovrana
L’onde oscillanti, fisse alla distesa
Dove ogni goccia sale e scende alterna.
.
La bilancia dai bracci segreti e trasparenti
D’acqua si pesa, e pesa schiuma e ferro,
Di per sé giusta ad ogni barca errante.
Un filo azzurro traccia sulla nave un rapporto,
Esatto sulla sua linea apparente.
.
Sii propizio, ampio mare, agli infelici mortali,
Stretti ai tuoi bordi, persi nel tuo grande deserto.
A chi è per sprofondare parla, prima che muoia;
Éntraci fino all’anima, acqua, sorella nostra:
Degnati di lavarla dentro la tua giustizia.
.
da Le poesie di Simone Weil  (a cura di Maura Del Serra, Editrice C.R.T. by Petite Plaisance
.
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L’UOMO E IL MARE 

Sempre, uomo libero, amerai il mare!
È il tuo specchio il mare: ti contempli l’anima
nell’infinito volgersi delle onde
e il tuo spirito non è abisso meno amaro.

Con piacere ti tuffi in seno alla tua immagine,
l’abbracci con lo sguardo, con le braccia, e il cuore
a volte si distrae dal proprio palpitare
al rumore di quel pianto indomabile e selvaggio.

Siete discreti entrambi, entrambi tenebrosi:
inesplorato, uomo, il fondo dei tuoi abissi,
sconosciute, mare, le tue ricchezze intime,
tanto gelosamente custodite i segreti!

Eppure, ecco che da infiniti secoli
vi combattete senza pietà e rimorso,
a tal punto amate le stragi e la morte,
o lottatori eterni, o fratelli implacabili!

Charles Baudelaire, da “Spleen e Ideale”, in “I fiori del male” (Trad. Marcello Comitini)

.

S’ODE ANCORA IL MARE

Già da più notti s’ode ancora il mare,
lieve, su e giù, lungo le sabbie lisce.
Eco d’una voce chiusa nella mente
che risale dal tempo; ed anche questo
lamento assiduo di gabbiani: forse
d’uccelli dalle torri, che l’aprile
sospinge verso la pianura. Già
m’eri vicina tu con quella voce;
ed io vorrei che pure a te venisse,
ora, di me un’eco di memoria,
come quel buio murmure di mare.
.
Salvatore Quasimodo, Tutte le poesie (Oscar Mondadori)

Salvatore Quasimodo, poesie scelte da Ed è subito sera

Carlo-Carra-Verso-casa--1939

Dammi il mio giorno

Dammi il mio giorno;
ch’io mi cerchi ancora
un volto d’anni sopito
che un cavo d’acque
riporti in trasparenza,
e ch’io pianga amore di me stesso.

Ti cammino sul cuore,
ed è un trovarsi d’astri
in arcipelaghi insonni,
notte, fraterni a me
fossile emerso da uno stanco flutto;

un incurvarsi d’orbite segrete
dove siamo fitti
coi macigni e l’erbe.

*

Antico inverno

Desiderio delle tue mani chiare
nella penombra della fiamma:
sapevano di rovere e di rose;
di morte. Antico inverno.

Cercavano il miglio gli uccelli
ed erano subito di neve;
così le parole.
Un po’ di sole, una raggera d’angelo,
e poi la nebbia; e gli alberi,
e noi fatti d’aria al mattino.

*

In me smarrita ogni forma

Altra vita mi tenne: solitaria
fra gente ignota; poco pane in dono.
In me smarrita ogni forma,
bellezza, amore, da cui trae inganno
il fanciullo e la tristezza poi.

*

Specchio

Ed ecco sul tronco
si rompono gemme:
un verde più nuovo dell’erba
che il cuore riposa:
il tronco pareva già morto,
piegato sul botro.
.
E tutto mi sa di miracolo;
e sono quell’acqua di nube
che oggi rispecchia nei fossi
più azzurro il suo pezzo di cielo,
quel verde che spacca la scorza
che pure stanotte non c’era.
.

*

Spazio

Uguale raggio mi chiude
In un centro di buio,
ed è vano ch’io evada.
Talvolta un bambino vi canta
non mio; breve è lo spazio
e d’angeli morti sorride.

Mi rompe. Ed è amore alla terra
ch’è buona se pure vi rombano abissi
di acque, di stelle, di luce;
se pure aspetta, deserto paradiso,
il suo dio d’anima e di pietra.

*

Angeli

Perduta ogni dolcezza in te di vita,
il sogno esalti; ignota riva incontro
ti venga avanti giorno
a cui tranquille acque muovono appena
folte d’angeli di verdi alberi in cerchio.
.
Infinito ti sia; che superi ogni ora
nel tempo che parve eterna,
riso di giovinezze, dolore,
dove occulto cercasti
il nascere del giorno e della notte.
.
.

***

Salvatore Quasimodo, da “Ed è subito sera” in Tutte le poesie, Mondadori; in apertura: Carlo Carrà, Verso casa (1939)

Salvatore Quasimodo, Antico inverno

Gauguin Neve a Vaugirard

ANTICO INVERNO  di Salvatore Quasimodo

Desiderio delle tue mani chiare
nella penombra della fiamma:
sapevano di rovere e di rose;
di morte. Antico inverno.
.
Cercavano il miglio gli uccelli
ed erano subito di neve;
così le parole.
Un po’ di sole, una raggera d’angelo,
e poi la nebbia; e gli alberi,
e noi fatti d’aria al mattino.
.

*

tratta da Acque e terre (1920 – 1929) in Ed è subito sera, dal volume Salvatore Quasimodo, Tutte le poesie (a cura di Gilberto Finzi, Oscar Mondadori, 2013 diciassettesima ristampa)

immagine: Paul Gauguin, Neve a Vaugirard, 1879 – olio su tela, Szépmüvészeti Múzeum, Budapest.

Salvatore Quasimodo, Forse il cuore

Banksy per Il sasso nello stagno di AnGre

Forse il cuore

Sprofonderà l’odore acre dei tigli
nella notte di pioggia. Sarà vano
il tempo della gioia, la sua furia,
quel suo morso di fulmine che schianta.
Rimane appena aperta l’indolenza,
il ricordo d’un gesto, d’una sillaba,
ma come d’un volo lento d’uccelli
fra vapori di nebbia. E ancora attendi,
non so che cosa, mia sperduta; forse
un’ora che decida, che richiami
il principio o la fine: uguale sorte,
ormai. Qui nero il fumo degli incendi
secca ancora la gola. Se lo puoi,
dimentica quel sapore di zolfo,
e la paura. Le parole ci stancano,
risalgono da un’acqua lapidata;
forse il cuore ci resta, forse il cuore….

*

Salvatore Quasimodo, da Giorno dopo giorno – Tutte le poesie, Oscar Mondadori

Salvatore Quasimodo, due poesie

Salvatore Quasimodo, due poesie

Fresche di fiumi in sonno

Ti trovo nei felici approdi,
della notte consorte,
ora dissepolta
quasi tepore d’una nuova gioia,
grazia amara del viver senza foce.

Vergini strade oscillano
fresche di fiumi in sonno:

E ancora sono il prodigo che ascolta
dal silenzio il suo nome
quando chiamano i morti.

Ed è morte
uno spazio nel cuore.

*

Imitazione della gioia

Dove gli alberi ancora
abbandonata più fanno la sera,
come indolente
è svanito l’ultimo tuo passo
che appare appena il fiore
sui tigli e insiste alla sua sorte.

Una ragione cerchi agli affetti,
provi il silenzio nella tua vita.

Altra ventura a me rivela
il tempo specchiato. Addolora
come la morte, bellezza ormai
in altri volti fulminea.
Perduto ho ogni cosa innocente,
anche in questa voce, superstite
a imitare la gioia.

AA.VV. Ha messo chiome il bosco d’autunno / e-book scaricabile gratuitamente

Versi d’Autunno by Il sasso nello stagno di AnGre

(clicca Qui per scaricare gratuitamente la raccolta)

◊◊◊

Bosco d’autunno di Boris Pasternak (Mosca, 1890 – Peredelkino, 1960)
.
Ha messo chiome il bosco d’autunno.
Vi dominano buio, sogno e quiete.
Né scoiattoli, né civette o picchi
lo destano dal sogno.
E il sole pei sentieri dell’autunno
Entrando dentro quando cala il giorno
Si guarda intorno bieco con timore
Cercando in esso trappole nascoste.
.
.
Autunno di Emily Dickinson (Amherst, 1830 – Amherst, 1886) 
.
Sono più miti le mattine
E più scure diventano le noci
E le bacche hanno un viso più rotondo,
La rosa non è più nella città.L’acero indossa una sciarpa più gaia,
E la campagna una gonna scarlatta.
Ed anch’io, per non essere antiquata,
Mi metterò un gioiello.
.
Autunno di Kinmochi Saionji (Kyoto, 1849 – Tokyo, 1940)
.
Dove vanno le foglie arrossate
che il vento stacca dagli alberi?
Volano e passano: il brusio del vento
è tutto ciò che rimane dell’autunno.
.
.
[Vorrei, pioggia d’autunno, essere foglia] di Ada Negri
(Lodi – MI, 1870 – Milano, 1945)
.
Vorrei, pioggia d’autunno, essere foglia
che s’imbeve di te sin nelle fibre
che l’uniscono al ramo, e il ramo al tronco,
e il tronco al suolo; e tu dentro le vene
passi, e ti spandi, e si gran sete plachi.
So che annunci l’inverno: che fra breve
quella foglia cadrà, fatta colore
della ruggine, e al fango andrà commista,
ma le radici nutrirà del tronco
per rispuntar dai rami a primavera.
Vorrei, pioggia d’autunno, esser foglia,
abbandonarmi al tuo scrosciare, certa
che non morrò, che non morrò, che solo
muterò volto sin che avrà la terra
le sue stagioni, e un albero avrà fronde.
.
.
Foglia appassita di Hermann Hesse (Calw, 1877 – Montagnola, 1962)
.
Ogni fiore vuol diventare frutto,
ogni mattino sera,
di eterno sulla terra non vi è
che il mutamento, che il transitorio.
.
Anche l’estate più bella vuole
sentire l’autunno e la sfioritura.
Foglia, fermati paziente,
quando il vento ti vuole rapire.
.
Fai la tua parte e non difenderti,
lascia che avvenga in silenzio.
Lascia che il vento che ti spezza
ti sospinga verso casa.
.
.
.Autunno di Carlo Emilio Gadda (Milano, 1893 – Roma, 1973)
.

Tàcite imagini della tristezza
Dal plàtano al prato!
Quando la bruma si dissolve nel monte
E un pensiero carezza
E poi lascia desolato – la marmorea fronte;
Quando la torre, e il rattoppato maniero,
Non chiede, al vecchio architetto, più nulla:
Allora il feudo intero – fruttifica una susina
Bisestile, alla collina
Dolce e brulla.
Tace, dal canto, il prato.
Il pianoforte della marchesina
Al tocco magico delle sue dita
S’è addormentato:
E dopo sua dipartita – l’autunno
S’è scelto un nuovo alunno:
Il passero!, lingua di portinaia
Dal gelso all’aia:
E il cancello e lo stemma sormonta
La nenia del campanile – e racconta
I ritorni, all’aurata foresta:
Garibaldeggia per festa
Sopra il travaglio gentile
Perché alla bella il ragazzo piaccia,
Quello che lassù canta, quello che lassù pesta.
Il vecchio marchese ha inscenato una caccia
Con quindici veltri, e galoppa,
Diplomatico sconsolato
Sul suo nove anni reumatizzato.
Della volpe nessuna notizia, nessuna traccia!
Il cavallo ha un nome inglese: e il corno sfiatato
Assorda nella tana il ghiro
Che una nocciòla impingua!
Al docicesimo giro
La muta s’è messa un palmo di lingua
E, mòbile macchia, cicloneggia bianca
Nella deserta brughiera
Là, verso il passaggio a livello,
Dove arriva stanca,
Salendo, la vaporiera.
Passa il merci e il frenatore – più bello,
Lungo fragore! – vana bandiera!
Ha incantato la cantoniera.
Ecco il diretto galoppa – verso città lontane
E il cavallo inglese intoppa
Negli sterpi dannati e calpesta
I formicai vuoti e le tane.
Ma dal campanile canta l’ora di festa – canta
Tristezze vane!

Autunno di Salvatore Quasimodo (Modica- RG, 1901 – Napoli, 1968)

Autunno mansueto, io mi posseggo
e piego alle tue acque a bermi il cielo,
fuga soave d’alberi e d’abissi.
.
Aspra pena del nascere
mi trova a te congiunto;
e in te mi schianto e risano:
.
povera cosa caduta
che la terra raccoglie.
.
.
In questa notte d’autunno di Nazim Hikmet (Salonicco, 1901 – Mosca, 1963)
.
In questa notte d’autunno
sono pieno delle tue parole
parole eterne come il tempo
come la materia
parole pesanti come la mano
scintillanti come le stelle.
dalla tua testa dalla tua carne
dal tuo cuore
mi sono giunte le tue parole
le tue parole cariche di te
le tue parole, madre
le tue parole, amore
le tue parole, amica.
Erano tristi, amare
erano allegre, piene di speranza
erano coraggiose, eroiche
le tue parole
erano uomini.
.
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Mi ricorderò di questo autunno di Leonardo Sinisgalli
(Montemurro-PZ, 1908 – Roma, 1981)
.

Mi ricorderò di questo autunno
splendido e fuggitivo dalla luce migrante,
curva al vento sul dorso delle canne.
La piena dei canali è salita alla cintura
e mi ci sono immerso disseccato dalla siccità.
Quando sarò con gli amici nelle notti di città
farò la storia di questi giorni di ventura,
di mio padre che a pestar l’uva
s’era fatti i piedi rossi,
di mia madre timorosa
che porta un uovo caldo nella mano
ed è più felice d’una sposa.
Mio padre parlava di quel ciliegio
piantato il giorno delle nozze, mi diceva,
quest’anno non ha avuto fioritura,
e sognava di farne il letto nuziale a me primogenito.
Il vento di tramontana apriva il cielo
al quarto di luna. La luna coi corni
rosei, appena spuntati, di una vitella!
Domani si potrà seminare, diceva mio padre.
Sul palmo aperto della mano guardavo
i solchi chiari contro il fuoco, io sentivo
scoppiare il seme nel suo cuore,
io vedevo nei suoi occhi fiammeggiare
la conca spigata.

Autunno di Octavio Paz (Città del Messico, 1914 – Città del Messico, 1998)
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In fiamme, nell’incendio degli autunni
arde a volte il mio cuore,
puro e solo. Il vento che lo desta
tocca il suo centro e lo sospende
nella luce che sorride per nessuno:
quanta bellezza liberata!Anelo mani,
una presenza, un corpo,
quel che frantuma i muri
e fa nascere le forme inebriate,
un tocco, un suono, un giro, solo un’ala,
celesti frutti della luce nuda.Nel mio intimo cerco
ossa, violini intatti,
vertebre oscure e delicate,
labbra che sognano labbra,
mani sognanti uccelli…Qualcosa che non si conosce e dice: “mai”
cade dal Cielo,
da te, mio Dio e mio avversario.
(testi tratti dal web)