
Beato Angelico, Annunciazione, Museo Diocesano di Cortona (AR)
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L’artista – Giovanni da Fiesole, al secolo Guido di Pietro nacque a Vicchio nel Mugello in provincia di Firenze nel 1395; frate domenicano, detto il Beato Angelico o Fra’ Angelico, fu effettivamente beatificato da papa Giovanni Paolo II nel 1982, anche se, già dopo la sua morte, era stato chiamato Beato Angelico sia per l’emozionante religiosità di tutte le sue opere, che per le sue personali doti di umanità e umiltà. Lavorò a Roma, ad Orvieto, ma soprattutto a Firenze (leggi qui), dove, nel convento di San Marco, tuttora si possono visitare le celle dei confratelli da lui affrescate con motivi religiosi tratti dal Nuovo Testamento. Morì a Roma il 18 febbraio 1455.
L’opera – Entrando nel piccolo museo diocesano di Cortona, si ha immediatamente la sensazione di trovarsi dentro un piccolo forziere tra gemme preziose; qui sono conservati molti capolavori di artisti come Pietro Lorenzetti, Luca Signorelli, tra i più noti, insieme ai cartoni di una Via Crucis di Gino Severini oltre, appunto, all’opera del Beato Angelico, di cui tra questi righi voglio condividere l’emozione proprio del momento in cui mi sono trovato di fronte ad una delle più belle tavole della pittura italiana “L’Annunciazione del Beato Angelico” o cosiddetta “Annunciazione di Cortona”.
Una storia, quella dell’Annunciazione, tra le più rappresentate nella storia dell’arte, non solo italiana. Beato Angelico vi si cimentò più volte e la pala quadrata di Cortona, attualmente conservata nel locale Museo diocesano, è il primo grande capolavoro dell’artista toscano; databile con molta probabilità al 1430, è frutto di una commissione giunta al frate pittore da un mercante di tessuti.
Entrato nella sala che la ospita accanto ad altre bellissime opere, sono stato irresistibilmente attratto da questo dipinto. I colori brillanti e le zone dorate trattati con maestria introducono al plastico racconto in immagini catalizzando il visitatore e donandogli uno spettacolo unico. Sulla tavola dipinta si sta svolgendo un colloquio: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». Così l’arcangelo Gabriele si presenta a quella ragazza «umile e alta più che creatura», come la descrive Dante al termine del suo viaggio, nei versi del XXXIII canto del “Paradiso” e Maria risponde “sì” all’inatteso annuncio della sua maternità divina: «Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum» (Ecco la serva del Signore, mi accada secondo la tua parola).
Il sacro racconto è ambientato in un arioso loggiato rinascimentale, immerso in un giardino recintato, che simboleggia la purezza e la castità della Vergine Maria, che è seduta nel porticato; sullo sfondo si apre una parete con archi, sotto uno dei quali si trova l’apertura che dà accesso alle stanze interne, dove si vede il baldacchino appena scostato di un letto a cassone; il soffitto è coperto da uno squisito cielo stellato, mentre il pavimento è di marmo. Maria ascolta e risponde all’Arcangelo, provvidenzialmente rovesciando con il suo obbediente assenso l’antica disobbedienza di Adamo ed Eva, la cui cacciata dall’Eden è raffigurata nell’immagine piccola in alto a sinistra. Il dialogo fra l’Arcangelo e Maria, iscritto sulla tavola in lettere d’oro, è simile a un fumetto, con le parole che fluiscono dalle bocche dei protagonisti, dove le lettere pronunciate dall’Arcangelo procedono da sinistra verso destra, mentre quelle di Maria procedono in modo innaturale capovolte e leggibili da destra verso sinistra.
Oltre che con le parole, l’Arcangelo si esprime anche con gesti altamente eloquenti: con la destra indica la Vergine, fissandola, e con la sinistra indica il cielo e la colomba che raffigura lo Spirito Santo, intendendo il mittente del messaggio che reca; è vestito con una straordinaria veste rosa decorata da numerosi ricami d’oro e inserti di pietre preziose con tinte brillanti e delicate ed anche le ali sono trattate con finissime velature di luce e colore ad esaltarne il virtuoso brillio.
Maria è raffigurata come una ricca dama seduta su un trono coperto da un sontuoso drappo dorato, avvolta nel tradizionale mantello azzurro e con un libro appoggiato su un ginocchio, tipico richiamo alle Scritture; la Madonna, a differenza delle Annunciazioni trecentesche, non si ritrae, ma, anzi, sottomettendosi con un cenno di inchino e con le braccia incrociate al petto, accetta il suo incarico, come sottolinea anche la figura del profeta a monocromo che si sporge, con un cartiglio, dal medaglione sopra il capitello centrale, mentre sulla Vergine vola già la colomba dello Spirito Santo.
Nel giardino circostante si trovano una serie di piante disegnate con estrema precisione calligrafica, secondo l’attenzione ai dettagli minuti, tipica più del gotico internazionale che del Rinascimento. Tra le numerose specie si riconoscono alcune piante simboliche, come le rose bianche, simbolo di purezza, le rose rosse, simbolo della passione di Cristo, e la palma, albero che simboleggia la gloria dopo la morte e il martirio, poiché fiorisce solo dopo aver perso tutte le fronde ed essere, all’apparenza, morto.

Con la pala si conserva anche la predella originale (foto qui sopra), posta alla base del dipinto, in larga parte ritenuta autografa del maestro. Vi sono raffigurate cinque scene della vita della Vergine e in corrispondenza dei pilastrini laterali della cornice, due scene della Leggenda di san Domenico (la prima e l’ultima nella foto qui sopra). Le scene delle storie di Maria in sequenza da sinistra a destra illustrano: Lo sposalizio della Vergine, la Visitazione, l’adorazione dei Magi, la presentazione di Gesù al tempio e la morte della Vergine (clicca sull’immagine per ingrandire).

Il frate domenicano cercò di saldare i nuovi principi rinascimentali, come la costruzione prospettica e l’attenzione alla figura umana, con i vecchi valori medievali, quali la funzione didattica dell’arte e il valore mistico della luce che indicava, secondo le dottrine teologiche, la luce terrena come riflesso di quella divina, testimone dell’ordine e della razionalità del disegno di Dio, disegno che pervade interamente il racconto dell’opera.
Nota: Nel museo, al centro della stanza che accoglie il dipinto è posta una consolle interattiva consultabile dal visitatore; nella memoria di questo “tavolo da lavoro” sono immagazzinate le opere in mostra in modo che si possa accedere, in modo abbastanza intuitivo, alle immagini; queste possono essere ingrandite per osservare particolari che ad occhio nudo non potrebbero essere apprezzati, fornendo spiegazioni e curiosità molto esaustive delle opere. In una di queste ricerche ho appreso, ad esempio, come la parte dorata stesa sul dipinto mettesse in evidenza le pieghe degli abiti e come queste zone venissero trattate con uno strumento che evidenziava sulla superficie i ricami d’oro. (Giorgio Chiantini)
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– Immagini tratte dal sito Italian Ways, Le Vie della Bellezza –
