L’arte é l’opposizione primordiale contro la natura animalesca dell’uomo,
contro gli istinti di avidità, di autoconservazione nelle lotte di gerarchia.
È l’opposizione contro tutto quello che ci fa simili alle bestie e agli alberi.
Proprio questa opposizione ci fa sentire Esseri Umani.
Non dobbiamo permettere mai questa opposizione capovolgersi contro l’umanità –
perché abbiamo l’obbligo di combattere con l’altruismo e abnegazione degli Apostoli
e non come dei mercenari.
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Esteatto dal discorso tenuto dinnanzi agli attori del Teatro “Sofia” il 7 gennaio 1982 di Stefan Tzanev (1936), scrittore bulgaro contemporaneo, di cui si condividono alcune poesie dal sito bulgaria-italia.com, che si ringrazia, tradotte da Mariana Popova. Buona lettura!
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ENIGMA (TAINA)
I vecchi si inoltrano nel bosco
soli, a due, in gruppo
avanzano, si muovono lenti,
si tolgono il cappello,
ridacchiano piano,
si fondono con i tronchi oscuri,
avanzano sempre più in dentro.
Settimo giorno giro intorno,
sto in agguato per tutti i sentieri.
I vecchi si inoltrano nel bosco soli,
a due,
in gruppo avanzano,
si muovono lenti,
tolgono il cappello,
ridacchiano piano,
si fondono
con i tronchi oscuri,
avanzano sempre più in dentro.
Dio santo,
nessuno esce da lì.
~
DEDICA (POSVESTENIE)
Vieni al mio sepolcro, passa con le dita
le lettere del mio nome sulla croce.
Fermati munito, due, tre,
pensa a me come nuovo inizio
e allora risorgerò con anima e corpo.
Vivo sarò minuto, due, tre,
anche un giorno,
finché tu pensi a me,
ti sarò sempre intorno.
~
STIMULUS VIVENDI
Tranquillamente getto uno sguardo indietro.
La mia vita non era nè vuota, nè corta.
Non mi va di morire,
ma non di paura,
mi fa rabbia non vedere
cosa accadrà
dopo.
~
VERSO LE BARBARIE (KAM VARVARSTVOTO)
Avanziamo verso le barbarie
con passi veloci.
Sempre più in dentro,
sempre più profondo nella caverna.
Tramite l’illuminazione degli occhi
volano gli anni indietro – come lucciole,
sempre più indietro,
sempre più indietro…
Affondano nel futuro, da dove scappiamo.
(Oh, Dio mio, ci fermeremo mai?)
Avanziamo verso le barbarie con passi veloci.
Sempre più in dentro,
sempre più profondo nella caverna.
Sono seppelliti nei nostri cuori
coperti di mala erba
tutte le formule vecchi
di fratellanza e umanità.
L’unico scopo rimanere vivi.
In qualche modo.
È l’unica preoccupazione che abbiamo:
togliere la camicia del prossimo.
Per trenta denari
siamo pronti
a scannare il nostro fratello.
Avanziamo con passi veloci
verso le barbarie.
Sempre più in dentro,
sempre più profondo nella caverna.
Sulla nostra fronte
crescono i peli.
Il cervello inutile
si rimpicciolisce
fino alla misura prammatica
di una noce.
La nostra articolazione
è stata cambiata
dal battito dei denti.
È divino solo quello che si mangia.
Abbiamo trasformato in osterie e drogherie
tutte le librerie
tutti i teatri.
L’arte é spazzatura arcaica,
gettata legalmente nel letamaio.
(Sempre più in dentro,
sempre più profondo nella caverna.)
La poesia é un pavone utile
dentro la pentola.
Nelle sale deserte
i ragni suonano Mozart
sulle loro tenere arpe.
I venditori hanno scacciato Gesù
dal Tempio.
Avanziamo,
avanziamo verso le barbarie
con passi veloci.
Ma vorrei credere – magari selvaggi,
pelosi, rudi, inferociti, imbestialiti, abbrutiti
arrivati nel fondo della caverna,
quando non esisterà più indietro,
e non c’è il più profondo
e quando abbiamo rosicchiato fino alla fine
l’osso crudo delle eventi,
noi stessi rosicchiati degli insetti operosi
oh, credo, che l’oscurità del vicolo cieco
in questo vicolo cieco della vacuità
ululeremo
(come i lupi ululano nella notte d’inverno,
contro l’inutile luna),
selvaggiamente
ululeremo:
“Vogliamo Musica e Poesia”.
E con testa china partiremo
per la strada vecchia
e cammineremo a lungo
verso l’Uomo Sapiens.