Adam Zagajewski, Dalla vita degli oggetti, due poesie

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Adam Zagajewski, due poesie

AUTORITRATTO

Tra computer, matita e macchina da scrivere passa
metà della mia giornata. Col tempo farà mezzo secolo.
Abito in città straniere e talvolta parlo
con sconosciuti di cose indifferenti.
Ascolto molta musica: Bach, Mahler, Šostakovič, Chopin.
Vi trovo tre elementi, forza, debolezza, dolore.
Il quarto non ha nome.
Leggo i poeti, i vivi e i morti, da loro apprendo
costanza, fede e orgoglio. Cerco di capire
i grandi filosofi – ma di solito riesco
ad afferrare solo brandelli dei loro preziosi pensieri.
Amo fare lunghe passeggiate per le strade di Parigi
e guardare i miei simili, animati dalla gelosia,
dalla brama o dall’ira, osservare la moneta d’argento
che passa di mano in mano e lentamente perde
la sua forma rotonda (si usura il profilo dell’imperatore).
Accanto crescono gli alberi, e nulla esprimono,
a parte la verde, indifferente perfezione.
Sui campi volteggiano uccelli neri
che attendono pazienti come vedove spagnole.
Non sono più giovane, ma c’è ancora chi è più vecchio di me.
Amo il sonno profondo, quando non ci sono,
la corsa veloce in bicicletta per la campagna, quando i pioppi
e le case si dissolvono come cumuli in un cielo sereno.
Talvolta mi parlano i quadri nei musei
e allora l’ironia svanisce all’improvviso.
Adoro osservare il volto di mia moglie.
Ogni domenica telefono a mio padre.
Ogni due settimane incontro gli amici,
in questo modo restiamo fedeli gli uni agli altri.
Il mio paese si è liberato da un male. Vorrei
che a ciò seguisse ancora un’altra liberazione.
Potrei in ciò essere d’aiuto? Non so.
Non sono un vero figlio del mare,
come scrisse di sé Antonio Machado,
ma figlio dell’aria, della menta e del violoncello
e non tutte le strade del mondo alto
incrociano i sentieri della vita che, per ora,
mi appartiene.
.
————————–Giugno 1995
(pag.135)
.

§

STORIA DELLA SOLITUDINE

Si smorzano le voci degli uccelli.
La luna si mette in posa per la foto.
Luccicano le umide guance delle vie.
Il vento porta il profumo di campi verdi.
Lontano, in alto, un piccolo aeroplano
gioca come un delfino.
.
(pag.105)
.

*

Dalla vita degli oggetti, poesie 1983 – 2005, a cura di Krystyna Jaworska (Adelphi) — immagine dal web

due poesie di Adam Zagajewski

Paul-Klee-ad-Parnassum-1932

ALL’ALBA

All’alba dai finestrini del treno vedevo città

disabitate, spopolate dal sonno,

aperte e indifese come grandi

animali sdraiati sul dorso.

Per le vaste piazze camminavano

solo i miei pensieri e un vento freddo,

sulle torri perdevano i sensi bandiere di lino,

nelle chiome degli alberi si svegliavano gli uccelli,

nelle folte pellicce dei parchi scintillavano

occhi di gatti selvatici,

nelle vetrine dei negozi si specchiava

la timida luce del mattino, eterno debuttante,

le giostre, finalmente assorte,

pregavano il loro invisibile centro,

i giardini fumavano come le rovine di Varsavia,

e alle mura brune del macello

ancora non era arrivato il primo camion.

All’alba le città non sono di nessuno,

non hanno nomi

e neppure io ho un nome,

sul far del giorno, quando svaniscono le stelle

e il treno corre sempre più veloce.

:

FESTE TARDIVE

La sera, ai confini della città, dopo un giorno intero

di vuoto, iniziano all’improvviso feste tardive

e il sanscrito del crepuscolo parla

nella lingua rovente della gioia.

In alto nell’aria fluttuano fuochi fatui

di sigarette che nessuno fuma.

Arde la carta di fugaci segreti;

le confidenze del cielo che si spegne sommesso

non si lasciano annotare o ricordare.

Che importa se t’insegue l’esercito del faraone,

quando l’eternità è intrecciata ai giorni

della settimana come il muschio tra le travi

di una casa di legno.

*

Adam Zagajewski, Dalla vita degli oggetti, Adelphi

immaine: Paul Klee, Ad Parnassum, 1932

Ninnananna di Adam Zagajewski

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Ninnananna

Oggi non dormirai. Tanto è il chiarore alla finestra.
Sulla città s’innalzano i fuochi d’artificio.
Non dormirai, sono accadute troppe cose.
Su te vegliano i libri, in file ordinate.
A lungo penserai a ciò che è accaduto
e a ciò che non è stato. Oggi non dormirai.
Le tue palpebre rosa si ribelleranno,
avrai gli occhi arrossati, bruceranno,
il cuore gonfio di ricordi.
Non dormirai. Si aprirà l’enciclopedia
e ne usciranno i vecchi poeti, vestiti con cura,
al riparo dal freddo. Si aprirà la memoria,
come un paracadute, con un sibilo improvviso.
Si aprirà la memoria e tu non dormirai,
ti cullerai tra le nuvole, bersaglio
mobile e chiaro dei fuochi d’artificio.
Non dormirai mai più, troppo ti è stato
detto, troppo è accaduto.
Eppure ogni goccia di sangue potrebbe
scrivere la sua Iliade scarlatta.
Ogni alba potrebbe essere autrice
di cupe memorie. Non ti addormenterai
sotto la spessa coltre di tetti, solai, camini
che gettano verso l’alto una manciata di cenere.
Le notti in bianco fluttuano nel cielo silenziose
e i remi frusciano, calze di seta.
Uscirai nel parco e i rami
ti batteranno amichevolmente sulle spalle,
per cresimarti un’altra volta, come se non fossero
certi della tua promessa. Non dormirai.
Correrai per il parco deserto, diventerai
un’ombra, incontrerai altre ombre. Penserai
a qualcuno che non c’è più e a qualcuno
che vive con tale intensità che questa vita ai margini
si trasforma in amore. Sempre più luce
si affolla nella stanza. Oggi non dormirai.

*

Adam Zagajewski, Dalla vita degli oggetti – Biblioteca Adelphi

per altri versi di questo Autore: 

http://caponnetto-poesiaperta.blogspot.it/search/label/Zagajewski%20Adam

Adam Zagajewski, la città e due poesie

Paul Klee - Luogo eletto - 1927
Paul Klee, Luogo eletto (1927)

 

SI ARRESTA

Si arresta la città

la vita si fa quadro

è fragile come le piante di un erbario

vai su una bicicletta che non

si muove, solo le case ruotano

lentamente, mostrando naso, fronte

e labbra prominenti. La sera si fa

quadro, non ha voglia di esistere

e per questo riluce come un lampione cinese

in un giardino silente. Resta immobile

il crepuscolo, è l’ultimo ormai. L’ultima

parola. Nella chioma degli alberi si nasconde

la felicità. Dentro le foglie dormono

i sovrani. Non c’è vento, la vela

gialla del sole resta immobile sui tetti

come la tenda abbandonata di Cesare.

Il dolore si fa quadro e la disperazione

è solo un quadro, incorniciato

nelle labbra di questo passante. Il mercato

tace nello scuro fogliame d’ali

degli uccelli. C’è silenzio come a Jena,

dopo la battaglia, quando donne

innamorate guardano i volti dei caduti.

 

#

 

FESTE TARDIVE

La sera, ai confini della città, dopo un giorno intero

di vuoto, iniziano all’improvviso feste tardive

e il sanscrito del crepuscolo parla

nella lingua rovente della gioia.

In alto nell’aria fluttuano fuochi fatui

di sigarette che nessuno fuma.

Arde la carta di fugaci segreti;

le confidenze del cielo che si spegne sommesso

non si lasciano annotare o ricordare.

Che importa se t’insegue l’esercito del faraone,

quando l’eternità è intrecciata ai giorni

della settimana come il muschio tra le travi

di una casa di legno.

 

*

Adam Zagajewski, Dalla vita degli oggetti, Biblioteca Adelphi 590

Adam Zagajewski, A mezzanotte

magritte_paese_dei_miracoli1964
R.Magritte, Il paese dei miracoli (1964)

.

Parlammo a lungo nella notte, in cucina;

alla morbida luce della lampada a petrolio

gli oggetti, incoraggiati dalla sua delicatezza,

spuntavano dal buio, svelando i propri

nomi: sedia, tavolo, saliera.

 

A mezzanotte dicesti: andiamo

fuori. D’un tratto vedemmo il cielo

ed esplosero le stelle, stelle d’agosto.

Il pallido fuoco della notte tremava

sopra di noi, indomito, eterno.

 

Il mondo ardeva, senza voce, avvolto

dal bianco incendio in cui dormivano i villaggi,

le chiese e le biche di fieno profumate di menta

e di trifoglio. Ardevano gli alberi e le torri,

l’acqua e l’aria, il vento le fiamme.

 

Cos’è il silenzio di questa notte se i vulcani

hanno gli occhi spalancati e il passato

è presente, minaccioso, e spunta dalla tana

come la luna o l’arbusto di ginepro?

Sono fresche le tue labbra e sarà fresca l’aurora,

telo gettato su una fronte che scotta.

 

*

[da Adam Zagajewski, Dalla vita degli oggetti, poesie 1983-2005 – a cura di Krystyna Jaworska, Adelphi 2012]