Franco Costabile, tre poesie

ulivi in bianco e nero a cirò marina (KT)

Franco Costabile, tre poesie

Per altri sentieri
torneremo alla piana
celeste di ulivi.
Saremo
dove si leva
l’infanzia dei profumi;
dove l’ acqua
non si fa nera
ma vacilla di luna;
dove i passi
avranno memorie di solchi
e le dita di melograni;
dove ti piace dormire
e ti piace amare.
Sono questi gli orti,
i confini per ricordarci.

~

Pure i cieli azzurri
tramontano,
e dentro il mio cuore,
se ritorno ai sentieri
dove più non sei.
Fummo insieme
fra i ciliegi
e le tortore di aprile
a guardare le onde
dei colli lontani
ove dolce finiva
la patria del sole.
Tu volevi una casa,
bambini e fiori:
ed anche i fiori
morirono, lenti nel sogno.
Il mondo
è in quella terra
di silenzi addolorati,
ed io vivo
col sale del tuo pianto.

~

Nella tua notte
io solo ti vedo
colma di luce.
Ai miei occhi
poveri di storia
si rammenta
il gioco a mosca cieca
delle lucciole:
tu ed io
nel sonno degli ulivi.

*

Un approfondimento sull’Autore

Selezione di poesie

A questo link, appena pubblicata, l’opera completa edita da Rubettino per il centenario della nascita del poeta

in apertura, foto di AnGre

Ágota Kristóf, due poesie

5 marzo 2022 ph.AnGre

Àgota Kristóf, due poesie

*

Lentamente imbianca la notte sul suo viso senza sole
incessanti le stelle cadono
in profondi laghi scuri cadono
e in profondi boschi scuri cadono
le stelle

bianche
case ai margini della foresta inceneriscono si tende
il corpo di pietra delle strade dolore insensato
si nasconde nelle vene degli alberi
sempre più forte è il vento
sempre più scura la neve

fratelli
voi non vi ha amato nessuno ma domani
metterete piede sui raggi
della luna
i vostri occhi si abbelliranno laverete via macchie di sangue
dalle vostre mani dalle vostre labbra
attorno a voi cresceranno gli alberi
si placherà anche la notte e il vento porterà
cenere tiepida sulle vostre terre sterili

~

Ti aspettavo in fondo alla strada nella pioggia
andavo a capo chino ti vedevo lo stesso
ma non riuscivo a sfiorarti la mano

Ti aspettavo su una panchina le ombre degli alberi
cadevano sulla ghiaia fresca
come anche la tua ombra mentre ti avvicinavi

Ti aspettavo una volta di notte sul monte
crepitavano i rami quando li hai scostati
dal tuo viso e mi hai detto che non potevi restare

Ti aspettavo a riva con l’orecchio incollato
a terra sentivo il tonfo dei tuoi passi
sulla sabbia morbida poi si fece silenzio

Ti aspettavo quando arrivavano i treni lontani
e le persone tornavano tutte a casa
mi hai fatto un cenno da un finestrino il treno non si è fermato

*

Trad. di Vera Gheno, da Chiodi, Ed. Casagrande, 2018 – ph.AnGre

Tre inediti di Cataldo Amoruso Vitale

spiaggia di San Cataldo, Cirò Marina (KT) - foto di Angela Greco

Tre inediti di Cataldo Amoruso Vitale

*

ora dormono
le case dei piccoli ferrovieri
dormono in rovina
le cisterne
i pozzi
i forni
i magazzèni
solo li desta
con pena
il ricordo rettangolare delle luci
li attraversa
all’uscita dei canneti
tra un punto e l’altro di due case
un sibilo di treno
poco più che un richiamo
un sussurro
di cosa più non siamo

lato mare rimane una speranza
ma è solo silenzio che sciaborda
è mare lento che lambisce
la rotaia più prossima
e costringe
fatta morsa
e polso
l’attesa di una nuova fermata.

~

Troppi segni per dire tutto bene
Passano sullo sfondo altre domande
Di riserva a bordo campo
I giochi si dissolvono in finte
E genera una noia la vista di tanto scorno
Dove prima erano confini a difesa
Si trascinano segni
Solo a ricordare i dove e i quando
Ormai vecchi quanto inutili
I custodi vanno stufi di tanta fiacca
È velenosa la bonaccia
Risale come umidità silente dal fondo delle radici
Chiedimi tempo
Domandami del tempo
Solo il tempo saprà se tutto va bene
Se il bene tiene ancora insieme
I segni che trascinano il mio spazio.

~

Si ricompone il sogno
E nulla o soltanto
è la realtà punto d’appoggio
A riguardare il moto che lento
Si riavvolge
Siamo allora un punto e un a capo
Confusi in uno stesso punto e in uno stesso luogo
Si fondono la potenza e il controllo
E nessuna altra norma occorre
Ora che completo è il concorso di sostanza e forma
Di realtà e sogno nutriva il pane dell’attesa
E nuovamente sgorga
Quella cosa senza nome
Antica come una primigenia passione.