Sognavo di avere gli occhi azzurri di Egana Džabbarova letto da Angela Greco AnGre su IL SARTO DI ULM – Rivista di Poesia (Macabor Editore)

Sognavo di avere gli occhi azzurri di Egana Džabbarova letto da Angela Greco AnGre

Sognavo di avere gli occhi azzurri di Egana Džabbarova letto da Angela Greco AnGre

su IL SARTO DI ULM – Rivista di poesia (anno V – numero 20 – 2024, Macabor Editore)

Una mappa attualissima delle difficoltà d’essere di quell’Est estremo in ogni senso. Un percorso denso e difficile da tenere a bada con il suo carico di notizie e storie; la giovane poetessa, nata nel 1992 al confine tra la Russia europea e la Siberia, non nega e non cela nemmeno a se stessa queste difficoltà. La traduzione non manca di rendere al lettore la frammentazione della contemporaneità, che diventa un pregio letterario nel far distaccare l’autrice dalla tradizione poetica dei suoi luoghi giunta fino a noi.

La silloge ha il tono di un diario di vita vissuta. Il verso, per quanto il traduttore abbia potuto essere fedele, spazia da brevissimo a ipermetrico, con abbondanza di questi ultimi, così come si evince anche passando in rassegna la scrittura originale (azione che non dovrebbe mai mancare quando si leggono poeti in altre lingue, per non perdere di vista il tempo della poesia scritta e osservare, così, la corrispondenza nella traduzione).

Egana Džabbarova crede molto nella scrittura e ad essa affida i suoi pensieri, le sue considerazioni, la sua esistenza. Opta per una essenzialità che priva il risultato di orpelli e spesso anche di connettivi, rendendo immediato il legame con il lettore. Sembra una rivoluzione, la poesia contenuta in queste pagine, che assomma tutte le difficoltà materialmente accadute e le trasforma in canto, in parola utile per l’altro. Utile per una conoscenza oggi più che mai necessaria alla convivenza e soprattutto alla speranza.

Nella interessante Prefazione di Paolo Galvagni, che curato anche la traduzione, si legge che per quanto concerne il “campo culturale e la sua partecipazione alla vita letteraria […] influisce certamente l’oggettività del destino (le radici azerbajgiane, l’infanzia trascorsa in Georgia) e la scelta personale (la filologia russa, la tesi di dottorato sulla Cvetaeva)”. Si trova, praticamente, “all’incrocio di due sistemi di valori – si legge ancora – [che] determina una particolare acutezza della percezione dei fenomeni”.

Siamo su un limite e questo la poesia lo lascia emergere con la naturalezza di un reporter onesto presente sul luogo e, quindi, nel pezzo. Džabbarova non abbandona mai le scene; nemmeno quando vengono rievocati sogni infranti o mancate realizzazioni; non si risparmia nostalgia, sconfitte e sventure senza mai però scadere nella commiserazione o nel pietismo verso se stessa. E procede fino alla meta, una realtà che le è cara.

Chiude la pubblicazione una Postfazione di Marta Celio utile ad inquadrare altri aspetti conducenti ad una comprensione più umana della vicissitudine di questa poetessa tutta da scoprire.

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