Due poesie di Giovanni Raboni
*
Città dall’alto
Queste strade che salgono alle mura
non hanno orizzonte, vedi: urtano un cielo
bianco e netto, senz’alberi, come un fiume che volta.
Dei signori e dei cani.
Da qui alle processioni che recano guinzagli, stendardi
reggendosi la coda
ci saranno novanta passi, cento, non di più: però più giù,
nel fondo della città
divisa in quadrati (puoi contarli) e dolce
come un catino… e poco più avanti
la cattedrale, di cinque ordini sovrapposti: e
proseguendo a destra, in diagonale, per altri
trenta o quaranta passi – una spanna: continua a leggere
come in una mappa – imbocchi in pieno l’asse della piazza
costruita sulle rocciose fondamenta del circo romano
grigia ellisse quieta dove
dormono o si trascinano enormi, obesi, ingrassati
come capponi, rimpinzati a volontà
di carni e borgogna purché non escano dalla piazza! i poveri
della città. A metà tra i due fuochi
lì, tra quattrocento anni
impiantano la ghigliottina.
(da Le case della Vetra)
~
Il rimorso di San Giovanni Battista
Silenzio. Udite. Io annuncio la sua morte
perchè sono di fronte a voi l’autore
della sua venuta e dei suoi giorni
disastrosi. Oh fossi morto prima,
nel deserto, come muoiono i cammelli
che si fidano troppo del proprio gozzo! Io così
della mia memoria, della memoria
che Dio mi concede sulle cose future.
Io non volevo ucciderlo
ma la mia fede si è tramutata in pietra o coltello il …………………………………………..[ [mio battesimo
in violento scorpione. Mi perdoni
se troppo poco ho peccato! Io fiorisco di colpa
come la Vergine è fiorita in lui
nel grembo involontario.
(da Gesta Romanorum)