Pino Corbo, Con il canto sulle labbra, prefazione di Angela Greco AnGre (Macabor Editore)

Con il canto sulle labbra P.Corbo a cura di AnGre

CON IL CANTO SULLE LABBRA – Testimonianze critiche per la poesia di Pino Corbo

Con una antologia poetica a cura di Angela Greco AnGre

Collana PERCORSI – Testimonianze per la poesia italiana, n°10 –  Macabor Editore, aprile 2024

Hanno collaborato a questo volume: Rocco Taliano Grasso, Silvano Trevisani, Anna Rita Merico, Rocco Salerno, Bonifacio Vincenzi, Alberico Guarnieri, Antonia Vetrone, Tommaso Di Brango, Carlo Giacobbi.

QUI il libro

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Prefazione di Angela Greco AnGre

Meditate attese con riflessioni verticali, potrebbe essere l’essenza di questa poesia di Pino Corbo, poeta denso di slancio filosofico e consapevole della criticità che attanaglia i viventi. Il tempo, l’assenza, il vuoto sono compagni della vita e della morte che fanno la Poesia. Corbo attraversa i decenni con pubblicazioni che non perdono la voglia di domandarsi soprattutto e, quindi, porre al lettore, quesiti che diventano ricerca, motivo vitale e meta da raggiungere. L’esperienza personale diviene comune attraverso una scrittura che pratica straniamento e quindi a-temporalità negli accostamenti arditi, nei salti di immagine, nell’uso degli incisi e degli spazi che consentono al poeta di appartenere all’oggi fuori dalla data in cui effettivamente ha reso editi i suoi lavori. Nelle poesie di Pino Corbo ci si ritrova per fermata obbligata sull’evento esistenziale che lui frammenta dal primo all’ultimo verso di ognuno dei vari componimenti, segnando curve impegnative in una compagine di significati che resta impressa nel lettore.

Le testimonianze critiche su questa voce poetica contemporanea e contemporaneamente del Sud più profondo nella riflessione del vivere, fanno ben emergere il carattere filosofico nel senso di porsi domande, che questo autore ha ben chiaro. In una analisi dei testi pubblicati in quattro decenni, si intercettano sguardi obiettivi e utili al lettore per toccare con mano una poesia dagli echi ermetici e scarna di orpelli, ma non di capacità di costruzione del verso. Pino Corbo conosce benissimo il peso di ogni singolo dire e attende, spera, si augura che il lettore colga il suo, di tempo, quello dato amorevolmente alla Poesia in virtù di un lascito per l’umanità. Potremmo azzardare a dire – con Bonifacio Vincenzi – che per Corbo sia molto più importante l’attesa della creazione della creazione stessa.

Si conviene con Carlo Giacobbi, quando scrive che l’ ‘in se’ dell’io-lirico si sostanzia in quella sorta di acutezza sensoriale che amplifica il sentire. Secondo Corbo – come scrive Tommaso Di Brango – noi uomini cerchiamo un’armonia impossibile con la vita: perché, erroneamente, pensiamo di avere dei diritti di fronte all’esistenza; mentre Silvano Trevisani coglie con occhio attento che Nelle poesie di Pino Corbo ciò che lascia spiazzati è il diffuso senso di pudore che riguarda il suo stesso proiettarsi verso la scrittura, che si manifesta come atto solo residuale in chi è stato lungamente a vagliare. Sulla scrittura del poeta cosentino Anna Rita Merico mette in luce che essa conosce dinamismi leggeri, il suo ritmo procede attraversando altezze, profondità, linee mediane, tutto – nella Sua parola – si risolve e ricomincia, si apre e chiude in un movimento acceso che obbliga a sempre nuove scoperte di punti di vista, a sempre nuovi accessi dello sguardo; mentre Antonia Ventrone porta al lettore che in Corbo La parola diviene un contenitore di una calma verità che dall’Io si unisce al Tutto nello stesso destino.

Dalla lettura di Rocco Salerno, i versi sono come Diario, storia, dunque, di un’anima inquieta e sconsolata che cerca e si cerca nel continuo balbettio, nel continuo straripare che pone e ripone la sua “segreta” forza nella rivoluzione interiore della parola, fino a far affermare ad Alberico Guarnieri che il poeta insomma, si rifugia in un incantato maniero di cristallo, dove può vedere attraverso la trasparenza dei suoi versi (del vetro) il lento, uguale, disumano trascorrere della vita. Rocco Taliano Grasso evidenzia che Il poeta contempla con occhio immobile le immagini del mondo e con tono distante dal canto, un canto che si spegne sempre senza eco. Se poi dalle visioni si passa all’auscultazione si coglie pure, in filigrana, questa dispersione, la frantumazione avvicinando, così, Pino Corbo alla dimensione attuale, a quella disintegrazione dell’unità che tanto dice dell’Uomo moderno.

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Quattro poesie di Pino Corbo estratte da Con il canto sulle labbra

ti riconosci ex voto nello specchio
ma non ritrovi grazia
peccato illuminante

ti riconosci
– non ti sorprendi – caldo di gennaio:
nessuno sa che soffri
il fuoco dell’inverno –
aspetti (ad altre latitudini)
meteoropatie o un tempo
senza variazioni

certo le strade irregolari
(le strade di montagna)
tengono assorti incantati
a un passo dell’attesa

dove sopravvive il mistero
per continuare dissolvenze –
dimenticarsi è follia
dismisura del mondo

I sogni

I sogni dimenticati
non diventano poesie.

I versi più vicini alla coscienza
si cancellano nella memoria –
per pigrizia, stanchezza, pudore
e infinità vanità del tutto.

La mia poesia

La mia poesia
è una vecchia serva
a cui permetto poche volte
di mostrarsi in pubblico.

La mia poesia
è una muta aguzzina
che mi sottopone
ai suoi capricci
al suo imprevedibile
desiderio di parole.

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Pino Corbo è nato nel 1958 a Cosenza. Nel 1982 si è laureato in Lettere Moderne con indirizzo artistico (DAMS) presso l’Università della Calabria. Come poeta ha pubblicato quattro sillogi: Cerco nel vento, 1978; Il segreto del fuoco, 1984; In canto, 1995; La logica delle falene, 2018. Ha pubblicato, inoltre: sei plaquettes (di cui quattro con artisti), due volumi come critico letterario (uno su Pasolini, l’altro su cinema e letteratura) e numerosi saggi, interventi, recensioni su varie riviste italiane e straniere e volumi collettanei.  È stato redattore di numerose riviste; ha insegnato nella Scuola Superiore e ha collaborato dal 1991 al 1998 con il Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’UNICAL, svolgendo una ricerca su Pier Paolo Pasolini ‘diseducatore’.

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