L’età di Simone Principe, prefazione di Angela Greco AnGre (Macabor Editore)

copertina_Simone Principe prefazione di Angela Greco AnGre

Simone Principe, L’età

(Macabor Editore, 2024 – qui il libro)

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Prefazione di Angela Greco AnGre

Un crescendo tra respiri di consapevolezza; un canto in tre sezioni che ripercorre esistenze, attraversa stanze abitate da differenti protagonisti e stabilisce una convivenza tra ricordi e presente, proprio e del mondo-tempo-luogo, che si sta abitando. Simone Principe ha ben chiara la strada che conduce al fulcro della sua poesia, l’amore, non sottovalutato in sterili declinazioni, ma vissuto nelle accezioni anche meno felici.

Il ricordo e ancor più il passare del tempo che muta la condizione, sono motivi centrali in una poesia che assomiglia tanto a quel giardino primordiale di sacra memoria, nel quale costruirsi come Persona. Sembra di trovarsi contesi tra Hieronymus Bosch e il suo universo costellato di miriadi di micro figure inquiete e le pagine del Qoelet, tra le strofe dei tempi che scandiscono e decretano gli accadimenti. C’è un tempo per ogni cosa sembrano infatti dire chiaramente questi versi affidati al foglio e al lettore con una casualità solo apparente.

Il tempo primo, “L’età bambina” che apre la silloge, è un varco dal quale emergono la formazione del poeta, le aspettative e soprattutto le ombre che hanno partecipato alla costituzione di una scrittura decisa anche nella sua espressione più dolce. Mi getto sul senso della mia alba, afferma Principe nello snodarsi di una strada che non appare semplice, quella che conduce all’analisi del rapporto tra sé e il primissimo universo di cui si entra a far parte. Emerge il desiderio di autonomia, la voglia di diventare quello che si desidera, la giovane età delle domande, delle incomprensioni e delle grandi speranze. la mostra della mia vita è in preparazione / non ho messo bordi per contenere il vissuto / ho firmato questa via crucis / con le iniziali di gioia e dolore, / la migliore / luce per vedere / è data dalla prospettiva del cuore. È vivissima, fin dai primordi, una chiarezza che smentisce l’anagrafe e apre alla poesia, in quel dualismo eruttivo del reale-ideale, apparenza-realtà, che l’autore non teme di affrontare ed estromette non tanto confidando nella comprensione altrui, quanto piuttosto per decretare un caposaldo al quale ancorare il suo lavoro e la sua crescita. Per formare nuova terra, insomma, sulla quale edificare ed edificarsi. le persone non hanno cura / estranei sul loro e sul nostro cammino, / vorresti liberare i petali, / incompreso vaghi nel campo sepolto. Una lucidità che è presa di coscienza della realtà, manifestata da testi densi e versi lunghi, da componimenti dall’aspetto diaristico e colloquiale con quel Sé che sta emergendo nei suoi tratti decisivi.

“L’età amata”, seconda sezione posta a cerniera tra Sé e l’esterno, svela un altro tempo, quello più prossimo alla poesia per eccellenza e quello che vede l’autore maggiormente propositivo e benevolo pur senza abbandonare l’indole interrogante e riflessiva; l’amore resta quel che muove il Sole e le altre stelle, fedele alla fecondità del poeta, che in questa sezione non si risparmia nel dare se stesso. Passione e anima rendono partecipativo anche il lettore, che tra questi versi si ritrova in un grande progetto in via di realizzazione e che troverà ampio spazio nel passaggio dal singolo al plurale realizzato nella sezione finale del libro, “L’età epocale”. Essere umano / è avere la carne pronta a sanguinare scrive Principe in una esplosione corale che non si può mancare di notare e apprezzare.

Col proseguire della lettura non si assentano elementi caratterizzanti questa poesia: la fanciullezza, come sguardo puro sugli avvenimenti, la figura del bambino evocata anche nella metafora del non ancora corrotto dal mondo, il giudizio sulle cose del mondo alla luce di posizioni anche pubblicamente accettate, il desiderio non saziato di ricerca di un tempo che il poeta avverte esserci stato, nel tempo, e che ora sembra essersi diradato in un reale che appare lontanissimo dalla promessa di felicità che inevitabilmente rende nostalgici per sempre. Alla propria esperienza si affiancano riflessioni sul sociale, grande voglia di partecipazione ai temi correnti (soprattutto nella terza sezione), mettendo in evidenza punti di vista netti e ben formulati (l’uguaglianza sta nell’appartenere alla diversità) per pura passione e non per avere presa sul lettore. Emerge nitida la giovinezza del poeta nel tentare di salvare il salvabile di quanto lo circonda, ammantando la scrittura di speranza e fiducia spesso emergente da espressioni proposte in negativo, anche quando la stessa fiducia sembra essere smentita da un vissuto non roseo, ma in fase evolutiva e già per questa innegabile possibilità di variazione passibile di positività. Simone Principe consegna al lettore un giornale di bordo, consapevole di quel mare in tempesta evocato nella dedica con cui apre il suo lavoro. Un mare-tempo che, però, si ha davvero tanta voglia di attraversare nel miglior modo possibile.

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Tre poesie tratte da L’età (qui la scheda sull’Autore)

Occhi dalle ciglia dispiegate

In un amore hai cercato vita
e nella vita, in te, l’amore.
Hai un dono di Dio,
ma nessuna venerazione
a te che dai al mondo
sempre un nuovo fiore,
chi per un orgasmo soltanto
ruba il tuo biancore,
fertile il tuo seno
per nutrire chi posa la bocca sereno.
Nasce il vento tra i tuoi capelli,
questo vento da te nato
l’aria ha profumato.
Cosa hai in quegli occhi
dalle ciglia dispiegate,
occhi di libertà
con contorni di colori
le tue emozioni.
Cosa metti sulle labbra,
rosse di passione,
tingi tanti baci,
ma ad uno solo lasci il tuo sapore.
Cosa confidi al tuo cuore
in volo come un aquilone,
a volte si disperde
come bolle di sapone.
Quanti ti cercano calore,
quanti ti danno dolore,
su un letto da padrone
c’è chi gioca col tuo bene,
se uomo dici: “tesoro”
non tenere nella tua ragione le catene;
se uomo dici: “ti amo”
non nascondere il pugno chiuso,
apri la mano, sostieni la sua.
Sei l’acqua fresca
tra l’aridità di alcuni uomini,
in questa civiltà
che non ha pietà
nemmeno dei bambini,
la nostra eredità.

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Goccia di sangue

Quanto pesa una goccia di sangue,
nella consapevolezza
che crescere è un po’ perdersi,
pesa quanto basta a trasportarla
nel suo percorso
che non conduco,
mi attraversa
macchiando il filone di un primo tempo
che si chiama “vissuto”
da noi bambini
poi ragazzi
ignorando che lo stare insieme
era il gioco da non finire mai
e adesso, nel secondo tempo
che si chiama “vivere”
noi cresciuti
poi uomini
pesa sempre più,
ma non come ora
di una goccia di pianto
che il giro all’inverso percorre
scendendo negli anni
sulla strada del ritorno a casa insieme
il cuore ci impatta
come per tenersi
sapendo che non si ripeteranno.

*

Darti di più

Sono rannicchiato
ad evocare la tua spontanea incorruttibilità da bambina,
con quell’espressione
che toglie la confusione
e fa colare gocce umide
per un fertile sorriso.
Vorrei darti di più,
per poter dare è necessario avere
e non ho altro che aria di bene.
Un gesto,
questo sì,
non è altro che espressione,
per questo ti dono la mia cura
esprimendoti con la semplicità di gesti
l’attenzione alla tua felicità.

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