Clemente Rebora, due poesie

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Clemente Rebora, due poesie

*

Tempo

Apro finestre e porte –
ma nulla non esce,
non entra nessuno:
Inerte dentro,
fuori l’aria è la pioggia.
Gocciole da un filo teso
cadono tutte, a una scossa.

Apro l’anima e gli occhi –
ma sguardo non esce,
non entra pensiero:
inerte dentro,
fuori la vita è la morte.
Lacrime da un nervo teso
cadono tutte, a una scossa.

Quello che fu non è più,
ciò che verrà se n’andrà,
ma non esce non entra
sempre teso il presente –
gocciole lacrime
a una scossa del tempo.

~

O pioggia feroce

O pioggia feroce che lavi ai selciati
lordure e menzogne
nell’anime impure,
scarnifichi ad essi le rughe
e ai morti viventi, le rogne!
Quando è sole, il pattume
e le pietre dei corsi
gemme sembrano e piume,
e fra genti e lavoro
scintilla il similoro
di tutti, e s’empiono i vuoti rimorsi;
ma in oscura meraviglia
fra un terror di profezia
tu, per la tenebra nuda
della cruda grondante tua striglia,
rodi chi visse di baratto e scoria:
annaspa egli nella memoria,
o si rimescola agli altri rifiuti,
o va stordito ai rìvoli di spurghi
che tu gli spazzi via.
Ma per noi, fredda amazzone implacata,
o pioggia di scuri e di frecce
tu sei redentrice adorata
del rinnegato bene;
per noi, che sentiamo insolubil mistero
quando la vita si sdraia alle cose,
mentre l’eterno in martirio di prove
ci sembra spontanea purezza del vero,
tu sùsciti come il silenzio
dove natura è più forte,
operi come la morte
dove immortale è il pensiero.
Oh, lava e scarnifica e spazza
chi fra i bari del mondo non volle aver bazza:
sgrumando la lugubre scoria
che c’inviliva alla gente,
snuderai l’oro e la gloria
che non si vendon né recan piacere,
ma splendono d’un balenìo
che irraggia invisibile sugli altri con Dio.

In apertura: Caspar David Friedrich, Il monaco in riva al mare.

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