Sulla poetica di Sacha Piersanti di Angela Greco AnGre in I poeti del centro Italia, volume ottavo (Macabor Editore)

Angela Greco AnGre su Sacha Piersanti per Macabor Editore

I poeti del centro Italia, volume ottavo (QUI il libro)

a cura di Bonifacio Vincenzi e dedicato al poeta marchigiano Francesco Scarabicchi

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Sulla poetica di Sacha Piersanti di Angela Greco AnGre

Giovanissimo autore per la poesia con esperienza pubblica già di una certa rilevanza, Sacha Piersanti vuole stare con il pubblico, ha piacere di giungere ad esso, perché lo avverte necessario alla sua formazione umana e di scrittore. Due libri editi in versi e un saggio su lo specifico teatrale nell’arte di Renato Zero – vortice di sensazioni, caleidoscopio, che non poteva lasciare indifferente un autore soprattutto romano e attivissimo come Piersanti – rendono al lettore le sue competenze incentrate su un legame tra poesia e teatro. Onore gli giunge dall’essere tra i curatori del progetto culturale “La casa del Poeta”, per la riqualificazione e conservazione della celebre ‘baracca’ del poeta Valentino Zeichen, come si legge nella sua nota bio-bibliografica, e ciò sottolinea l’intessere di Piersanti, lavoro dopo lavoro, di un rapporto preciso con il pubblico, con l’ambiente che lo circonda, per trarne forza e materia da plasmare, poi, per la sua scrittura. Perché la scrittura di Piersanti è notevolmente tesa a suscitare meraviglia, ad affascinare il lettore, a instillare sospensioni di comprensione per la sua ricercatezza opportunamente distribuita ora in un vocabolo ora in uno spazio bianco tra le strofe, ora in titoli particolari.

Scrivere poesia è scrivere d’altro (da “Ecco”, in “Pagine in corpo”) esordisce una composizione del primo edito e, di fatto, nello scorrere della lettura questa sensazione radica a fondo. É una ricerca, la poesia di questo autore, stilistica e linguistica; una produzione che, per l’età anagrafica e le limitate – solo in numero – prove edite, ovvero quelle riconosciute come mezzo ufficiale di confronto con il proprio tempo e che rimarranno fonti immutabili, ancora non fornisce ancoraggi saldi. È un divenire, una promessa di fioritura, Sacha Piersanti. Si apprezzano la varietà e la varianza come espressioni della contemporaneità, della frammentazione umana – di cui è parte integrante anche la poesia – e in questo è un contemporaneo. La seconda silloge edita conserva la struttura slegata delle poesie, quasi fossero tessere ritrovate di un mosaico, confermando la voglia del poeta di disseminarsi negli accadimenti, per essere colto in qualsiasi stagione.

Capacità lessicali non indifferenti, vezzosità stilistiche, umorismo ben calibrato e cultura avvicinano il lettore a questo autore. Ma quel che attira è l’introspezione che emerge dall’auto-interrogarsi; questo rivolgersi a se stesso è un punto notevole, che dà garanzia sulla fase iniziale-personale che questa scrittura vive, già possedendo tenacia e volontà per evolvere verso la fase della poesia generale-universale, che arriverà senza dubbio.

Si percepisce la grande voglia di farsi cercare, quasi si ascolta la voce che invita verso di lui, ma non per vanità o ricerca di gloria, come potrebbe sembrare ad una lettura superficiale; Piersanti invita i lettori a scorgerlo in quel che non dice, a spostare materialmente l’ingombro di barocchismi che pure hanno una loro valenza, a scorgerlo nei legami tra versi anche molto distanti tra loro nel foglio e persino nelle poesie stesse. Non si rivela subito, ma si frammenta volutamente negli atti che compongono le scene-poesie, in una continua preparazione del finale, in una tensione che, con consapevolezza e volontà, non porta mai ad abbassare il sipario.

È costruzione del grande spettacolo della Vita, questa poesia; vita che, molto wildianamente, Sacha Piersanti sembra mirare a trasformare in opera d’arte. Ma è la grande bellezza dei suoi trent’anni.

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