Byron, Pensieri sulla libertà

dalla pagina FB Egypt Days

 

da Tre poesie brevi (1822-1824)

[PENSIERI SULLA LIBERTÀ]

 

Possono davvero provare il sentimento della libertà

solo coloro che hanno a lungo portato le catene:

i sani non sentono la salute in tutto il suo splendore,

in tutta la sua gloria di vene straripanti e guance vermiglie

e pulsazioni vigorose, finché non abbiano conosciuto l’interreqno

di qualche malattia che li costringa a letto

in qualche vasto, ordinario, febbrile ospedale

dove tutti vengono medicati – ma di nessuno ci si prende cura,

abbandonati a pubbliche infermiere, pagate per compassione, finché

muoiono, e vengono rilasciati guariti, ma senza gentilezza.

[1823]

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[THOUGHTS ON FREEDOM]

 

They only can feel freedom truly who

Have worn long chains – the healthy feel not health

In all its glow – in all its glory of

Full veins and flushing cheeks and bounding pulses,

Till they have known the interregnum of

Some malady that links them to their beds

In some wide – common – feverish hospital

Where all are tended – and none cared for, left

To public nurses, paid for pity, till

They die – or go forth cured, but without kindness.

 [1823]

 

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Byron e l’esperienza poetica

Pochi protagonisti della storia letteraria moderna hanno saputo fondere la propria esperienza di vita con gli elementi e i temi della poesia come George Gordon Byron. Tra i poeti romantici inglesi, infatti, egli è il pioniere di un ideale poetico nuovo, in cui l’ispirazione appartiene e, al contempo, trascende la condizione quotidiana, i sentimenti, le emozioni vissute; ideali e passioni non vivono più di linfa propria, in una sorta di purgatorio dell’immaginazione, ma sono dettati, circoscritti e partoriti direttamente dall’infinita varietà sensitiva del mondo reale. Realtà che viene così prepotentemente trascesa e universalizzata. “Egli era uomo prima e poeta poi”, afferma all’inizio del secolo scorso Arthur Symons sulla scia di quello che, del resto, aveva già ben compreso John Keats: “Vi è grande differenza tra di noi. Lui descrive ciò che vede, io ciò che immagino”.

Le poesie di Byron, i suoi poemi e i suoi componimenti offrono di incanto immagini vive e concrete che il poeta registra – non senza qualche contraddizione istrionica – nella sua particolare retina ottica e li effonde nelle pagine bianche del proprio cahier. Non vi sono grandi cesure, non vi sono complessi artifici infusi da un’ispirazione forzata a ipocrita, tutto è lì davanti ai nostri occhi, come in quelli di Byron. Poeta della realtà, dunque. Ma soprattutto poeta della passione, spesso drammatica e violenta; una passione emancipata, figlia di una morale priva degli angusti confini imposti dai cliché della società a dalle rigide regole delle etichette formali. Una libertà che è apparsa spesso – non senza ragione – scandalosa e provocatoria, ma che è, tutto sommato, coraggiosa coerenza esistenziale.

Anticonformista, impulsivo, tenace e rude ma anche sottile e astuto calcolatore. Temperamento complesso, di animo solitario e ribelle. In lui era insita una profonda e indomabile tensione emotiva e spirituale che lo indusse a travalicare il mondo autoritario e arcaico in cui viveva attraverso una vita eccessiva e arrogante, contrassegnata da una libertà sessuale, una trasgressione sociale e da un esotismo insolito e irresistibile. Byron per primo, infatti, rende l’ascendente esotico un fatto cruciale dell’esperienza poetica, solida base con cui trascendere definitivamente le coordinate culturali del suo tempo, cui aggiungere, qualificandola e indirizzandola, anche una straordinaria attenzione nei confronti della libertà dei popoli soffocati e oppressi, tra tutti la Grecia minacciata nell’intima identità secolare dal dominio turco, mito e allegoria di tanta poetica byroniana.

Il continuum espressivo, sempre in bilico tra esperienza reale e visione creativa, segna profondamente tutta l’opera del poeta inglese, in un medium di straordinaria forza e, per certi aspetti, di sconvolgente attualità […]. (tratto da “Vita e poetica” – testi di Paolo Damiano Franzese)

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da Byron, I grandi poeti – Il Sole 24 ORE, 2008

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