tre poesie di Antonio Machado

Miquel Barcelò, Giorgione à Felanitx, 1984, tecnica mista su tela, 300 x 200 cm, Collezione privata
Miquel Barcelò, Giorgione à Felanitx (1984)
tecnica mista su tela, 300 x 200 cm, Collezione privata

.

Un labirinto di stradine porta

alla piazza deserta.

Da una parte, l’oscuro vecchio rudere

d’una chiesa in rovina;

dall’altra il bianco del muro che cinge

un giardino di palme e di cipressi,

e innanzi a me la casa:

nella casa, la grata

davanti ai vetri che velano appena

la sua figura quieta e sorridente.

Me ne andrò via. Non voglio

picchiare alla finestra… Primavera

viene – la veste bianca

fluttua nell’aria della piazza morta -,

viene e accende le rose

rosse dei tuoi rosai… Voglio vederla…

 

[A la desierta plaza \ conduce un laberinto de callejas. \ A un lado, el viejo paredón sombrío \ de una ruinosa iglesia; \ a otro lado, la tapia blanquecina \ de un huerto de cipreses y palmeras, \ y, frente a mí, la casa, \ y en la casa, la reja, \ ante el cristal que levemente empaña \ su figurilla plácida y risueña. \ Me apartaré. No quiero \ llamar a tu ventana… Primavera \ viene – su veste blanca \ flota en el aire de la plaza muerta – , \ viene a encender las rosas \ rojas de tus rosales… Quiero verla…]

 

*

 

Sopra la terra amara

sentieri tesse il sogno

da labirinto, viuzze tortuose

e parchi in fiore, d’ombra e silenzio;

 

cripte profonde, scale sopra stelle,

tavole di speranze e di ricordi,

parvenze che passando ci sorridono.

Sono i mesti giocattoli del vecchio:

 

sono immagini amiche

alla curva fiorita del viottolo

e chimere rosate

che fan strada… lontano…

 

[Sobre la tierra amarga, \ caminos tiene el sueño \ laberínticos, sendas tortuosas, \ parques en flor y en sombra y en silencio; \ \ criptas hondas, escalas sobre estrellas; \ retablos de esperanzas y recuerdos. \ Figurillas que pasan y sonríen \ – juguetes melancólicos de viejo -; \ \ imágenes amigas \ a la vuelta florida del sendero, \ y quimeras rosadas \ que hacen camino… lejos…]

 

*

 

Oh figure del portico, più umili

e lontane ogni giorno:

mendicanti cenciosi

su gradini di marmo,

 

miserabili unti

di sante eternità,

mani ch’escono da vecchi mantelli

e da cappe sdrucite!

 

Dite, vi passò accanto,

velata, un’illusione,

nelle ore più quiete

della mattinata luminosa e fredda?

 

Sopra la nera veste, la sua mano

era una rosa bianca…

 

[¡Oh, figuras del atrio, más humildes \ cada día y lejanas: \ mendigos harapientos \ sobre marmóreas gradas; \ \ miserables ungidos \ de eternidades santas, \ manos que surgen de los mantos viejos \ y de las rotas capas! \ \ ¿Pasó por vuestro lado \ una ilusión velada, \ de la mañana luminosa y fría \ en las horas más plácidas?… \ \ Sobre la negra túnica, su mano \ era una rosa blanca…]

*

(versi e traduzioni tratti da Solitudini di Antonio Machado, da Il canto dell’uomo – Un secolo di poesia, Corriere della Sera)

 

.

 

Antonio Machado, il cui nome completo è Antonio Cipriano José María y Francisco de Santa Ana Machado Ruiz (Siviglia, 26 luglio 1875 – Collioure, 22 febbraio 1939), è stato un poeta e scrittore spagnolo, tra i maggiori di tutti i tempi appartenente alla cosiddetta generazione del ’98. Nacque a Siviglia, nel palazzo di “Las Dueñas” situato nella via omonima. A otto anni abbandonò insieme alla sua famiglia la città andalusa alla volta di Madrid dove studiò nella Institución Libre de Enseñanza, una scuola laica e moderna. Nel 1893 la morte del padre – uno studioso del folklore – lasciò la famiglia in precarie condizioni economiche ma ciò non impedì al giovane Antonio di trascorrere la sua giovinezza in ambienti teatrali (recitò anche) e letterari. Compì anche due viaggi a Parigi: nel 1899 e nel 1902. Durante il suo primo soggiorno nella capitale francese conobbe Oscar Wilde; durante il secondo, il maestro del modernismo, il poeta nicaraguense Rubén Darío. Negli anni successivi viaggiò molto anche nelle terre di Spagna.

Nel 1903 aveva esordito con il libro di poesie Soledades (Solitudini) e nel 1907 ottenne un posto di professore di francese nelle scuole secondarie di Soria. Qui, due anni dopo, sposò la quindicenne Leonor Izquierdo; il poeta allora aveva 34 anni. L’anno successivo è ancora a Parigi, dove segue un corso di Henri Bergson. In questo viaggio lo accompagnò la moglie che però appena due anni dopo, nel 1912 – l’anno in cui uscì la sua raccolta più famosa, Campos de Castilla -, morì di tisi dopo una lunga malattia. Prostrato dalla scomparsa della moglie, Machado tornò in Andalusia, a Baeza in cui rimase fino al 1919 conducendo una vita solitaria, divisa tra passeggiate e letture. Nel 1919 si trasferì a Segovia con frequenti soggiorni nella vicina Madrid. Negli anni venti Machado fu tra gli intellettuali che con più forza si opposero alla dittatura di Primo De Rivera. Nel 1924 pubblicò un’altra raccolta di versi, Nuevas canciones. Come scrittore invece collaborò con il fratello maggiore Manuel nella stesura di testi teatrali. Tra questi si possono citare: Juan de Mañara (1927), sul mito di Don Giovanni, e La Lola va ai porti (La Lola se va a los puertos, 1929), che fu il loro maggior successo. Nel 1927 diventò membro della Real Academia Española de la Lengua e l’anno successivo conobbe la poetessa Pilar Valderrama, il suo grande amore dopo l’indimenticata Leonor

Nelle elezioni del 1931 fu tra gli strenui sostenitori della Repubblica e, l’anno successivo si trasferì definitivamente a Madrid insieme alla famiglia del fratello José (pittore e disegnatore) e all’anziana madre che restarono con lui fino alla morte. Intanto proseguì la pubblicazione dei suoi versi e nel 1933 fu la volta della terza edizione delle Poesías completas cui venne aggiunta una ulteriore sezione: De un cancionero apócrifo. Del 1936 è invece la pubblicazione del Juan de Mairena. Nel frattempo Pilar Valderrama era partita per il Portogallo ed era iniziata la guerra civile. Machado prende posizione a favore del governo repubblicano e appoggiò le azioni dei numerosi intellettuali. Nel frattempo continuò a scrivere: un secondo Juan de Mairena (che venne pubblicato postumo), le prose e i versi de La guerra. Nel 1936 Machado e la sua famiglia si trasferirono dapprima a Valencia e poi, nell’aprile 1938 nella città che restò ultimo baluardo di coloro che si opponevano ai golpisti, Barcellona. A fine gennaio 1939, Machado, la madre, il fratello e la moglie di questi furono tra gli ultimi a lasciare la città catalana diretti verso la frontiera francese, che attraversarono tra il 28 e il 29 gennaio. Nell’esodo, condotto per un lungo tragitto a piedi, lo scrittore fu costretto ad abbandonare una valigia contenente versi, appunti e lettere. Alloggiarono in un piccolo albergo appena dopo la frontiera a Collioure. Il poeta era stanco, malato, deluso e amareggiato; passava lunghe ore all’aperto a guardare il mare grigio anche se i suoi ultimi versi furono dedicati all’assolata Siviglia della sua infanzia. Il 22 febbraio morì ed in una tasca del suo cappotto il fratello José trovò un pezzo di carta con l’ultimo verso “Quei giorni azzurri e quel sole dell’infanzia”. La bara, coperta dalla bandiera repubblicana e portata in spalla da sei miliziani, venne tumulata nel cimitero della piccola cittadina francese. Tre giorni dopo morì anche la madre che venne sepolta accanto al poeta. (da Wikipedia)

3 pensieri su “tre poesie di Antonio Machado

  1. Molto bella anche la traduzione in italiano dei versi, raramente mi capita di vedere traslate così bene delle intime emozioni. Ottima la scelta dell’autore che non conoscevo, interagendo scopro nuove espressioni di sensibilità. grazie Angela 🙂

    1. Il sasso nello stagno, caro Costantino è proprio questo, uno scambio reciproco di sensibilità 😀
      e grazie a te per il suggerimento del pittore spagnolo da affiancare ai versi!

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.