Adonis, tre poesie
(pseudonimo di Alī Ahmad Saʿīd Isbir, 1º gennaio 1930), poeta e saggista siriano.
IL SOGNO
Sogno dentro la mia mano un tizzone
sull’ala d’aria d’uccello giunto
d’avventuroso punto
la fiamma odoro – Cartagine dei tempi
la donna scorgo nella fiamma
nave divenne il suo canto si dice;
vi scorgo una donna – vittima del destino.
Sogno che il petto tutto è un tizzone
il suo incenso mi abbranca e mi accompagna verso Ba’albek
Ba’albek è scannata,
lì si dice un uccello la testa ha perso alla sua morte
si disse, in nome del suo mattino in nome di una nuova sorte, si incendia
della sua messe il sole e l’orizzonte.
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LE STELLE
Cammino e dietro camminano le stelle
verso il domani delle stelle
l’enigma, la morte, quel che fiorisce e la fatica
sfinisce i passi fanno sangue di me esangue
sono cammino non iniziato
non vi è giacimento a vista –
cammino verso me stesso
quel che verrà a me stesso
cammino e dietro camminano le stelle.
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IL NUOVO NOE’
1
Con l’arca e i remi partimmo,
nel fango e la pioggia, di Dio la promessa,
viviamo e l’uomo muore
Sull’onda e il vuoto partimmo
era una catena di morti cui le vite legammo,
e tra noi e il cielo aprimmo
una finestra per chiamare:
“Oh Dio, perché solo noi poi salvasti
fra tutti gli esseri gli uomini al mondo?
Ci butti dove, aldilà,
nella nostra terra di prima?
su foglie morte alito di vita?
Dentro di noi, Dio, nelle nostre arterie
c’è paura del sole non c’è speranza di luce
né fede di domani
di nuovo la vita cominceremo.
“Oh, senza essere semi
di generazioni, terra, e creato,
se fossimo rimasti mota
o brace di fuoco, a metà fra i due
per essere ciechi al mondo
per non vedere l’inferno, due volte, e Dio”.
2
Se ritornasse l’inizio del tempo
l’acqua arrivata al volto della vita
il tremito la terra e Dio chiedesse:
– Noè, salva i viventi – Non lo ascolterei,
all’arca andrei tolti i sassi
e la mota dalle orbite dei morti
al diluvio le viscere svuotando
bisbigliando dentro le loro vene
che dallo morire siamo tornati, fuori dalla caverna,
il cielo degli anni abbiamo rifatto
e dritto navighiamo, non torniamo,
per paura indietro, sordi alla parola di Dio
la morte è il nostro appuntamento, sponda
il tormento di cui intimi e paghi siamo,
un gelido mare dall’acqua di ferro
solchiamo verso la fine,
sordi a quel io ce ne andiamo
diverso da lui, un Dio nuovo cerchiamo.
*
da Adonis, Nella pietra e nel vento (Mesogea 1999; trad. e cura Francesca Corrao) – Per questi versi si ringrazia il sito casadellapoesia.org