Igor Mitoraj: oltre la forma modernamente classica (prima parte)

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Igor Mitoraj nasce a Oederan in Germania, da genitori polacchi, nel 1944; dopo gli studi all’Accademia di Cracovia, sotto la guida del grande pittore, scenografo e regista Tadeusz Kantor, prosegue gli studi a Parigi e rimane affascinato dalla cultura Precolombiana, al punto di decidere di trasferirsi per un anno in Messico. Al suo ritorno a Parigi nel 1974, dopo aver ottenuto importanti riconoscimenti, decide di dedicarsi a tempo pieno alla scultura. Trascorre lunghi periodi tra New York e la Grecia e sono questi i viaggi che risulteranno determinanti e gli faranno toccare i due estremi, la modernità e la classicità.

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Nel 1983 si traferisce in Toscana, dove scopre, prima a Carrara e poi in Versilia, il marmo e il bronzo come materiali ideali. Apre uno studio a Pietrasanta (senza abbandonare quello di Parigi) e in Italia realizza molte esposizioni con opere anche in permanenza all’aperto, tra le quali quelle esposte nel Parco Archeologico della Valle dei Templi di Agrigento, 17 gigantesche opere bronzee inserite accanto ai millenari templi. Così a Tivoli di fronte alla Chiesa di S. Maria Maggiore e all’entrata di Villa d’Este, non senza polemiche.

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Opere esposte anche a Firenze, nel paesaggio del giardino di Boboli, dove ha curato anche la messa in scena di opere teatrali, in particolare l’Aida di Verdi nel 2009. A Siena, su commissione del Comune, dipinge il “Drappellone” per il Palio e a Roma inaugura gli splendidi portali bronzei della Basilica di S. Maria degli Angeli e dei Martiri e sempre a Roma realizza la Fontana di Piazza Monte Grappa (foto qui in alto).

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Il suo stile è fortemente influenzato dalla tradizione classica con particolare attenzione ai busti maschili, che taglia, spezza, disarticola, fa a brandelli. Sculture modernissime nella loro concezione per il loro ostentare con particolare evidenza quei danni del tempo subiti dalle sculture classiche, mentre il troncarne alcuni pezzi conferisce alle sue creazioni uno stile inconfondibile e, pur essendo la classicità il suo referente principale, il suo non è un ritorno al Rinascimento, né un ritorno al passato o al Neoclassicismo – sul quale l’artista ha espresso giudizi decisamente negativi -. Le sue fratture alludono al mistero dell’antico che si manifesta a noi per frammenti, come reperti, allusioni o evocazioni.

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Nessuna delle sue opere presenta una forma intatta, ma sempre frammentata, mutilata, attraversata da vuoti che stimolano l’immaginazione dello spettatore per comprenderne le parti mancanti: la sua non è un’operazione nostalgica, ma qualcosa più vicina ad un intervento chirurgico, un’autopsia per isolare quegli elementi di maggior rilievo, che fanno sorgere interrogativi in chi le osserva. Mitoraj si è ispirato a personaggi mitologici facilmente riconoscibili (Eros, Venere, Icaro, il Centauro…) e al mito della Magna Grecia, riuscendo a realizzare opere moderne nonostante le tematiche legate all’antichità.

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Egli sembra dialogare con entità soprannaturali, avvolte da atmosfere ultraterrene, così da creare un rapporto tra l’uomo e l’universo: rappresentare la bellezza classica frantumata, come si trattasse di resti del naufragio di un mondo ormai scomparso. L’artista, nel suo lavoro, si collega all’uomo contemporaneo e ne rappresenta fratture e sofferenze ed in questi tempi di grandi conflitti politici, religiosi, economici e culturali, si schiera dalla parte degli “eroi perdenti”, ovvero di coloro che eternamente fuggono verso la libertà. (Costantino Piazza)

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Mitoraj - La caduta di Icaro

 Sotto i lembi di un azzurro inestimabile, nell’arido giorno di quell’estate davvero a sud in cui la Valle dei Templi di Agrigento ha accolto i miei passi, precipitato in prospettiva dinnanzi al Tempio della Concordia, Icaro sembrava non dolersi delle ferite del suo gesto: il sole era ancora nella sua posizione perfetta, mentre i suoi occhi ormai statici cercavano tra pietre, alberi di mandorlo e rade erbe il motivo di quella sconfitta. Il bronzo sembrava aver prepotentemente preso il posto della pelle, in quella sospensione di tempo che trasportava altrove da lì, fuori dalla vista infima di turisti dall’animo minimo a scherzare con la sua virilità ben messa in mostra, come si conviene a chi ha attraversato la polvere e sfidato l’astro dominante il giorno. Mi fermai ad ascoltare il silenzio reboante di quel corpo bellissimo dagli arti e dalle ali spezzati e inevitabilmente pensai alla caduta in cui ormai verteva la condizione umana circostante. Rimase solo la poesia ed il suo sguardo a dettare al cuore la meraviglia che ancora oggi custodisco gelosamente. (Angela Greco)

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8 pensieri su “Igor Mitoraj: oltre la forma modernamente classica (prima parte)

    1. grazie Franco, lieta che questo lavoro realizzato in collaborazione con Costantino Piazza ti sia piaciuto. La mia scrittura, esternando quello che sono, è in sinergia con gli aspetti tecnici espressi proprio da Costantino con il quale, peraltro, ho visto quell’Icaro di cui parlo e grazie al quale ho conosciuto anche io questo artista che mi coinvolge profondamente.

  1. Pur apprezzando molto i vostri due interventi sull’artista Mitoraj che conosco da anni, credo che togliendo la maschera di tutti i significati che gli si voglia dare, essenzialmente è un artista furbo copiatore dei classici contrabbandato da artista “moderno”. Un signore che ha capito che la bellezza dell’antichità con qualche trucchetto paga e paga molto bene, tanto ci sono altre menti a rendere significante quello che non è. Mi dispiace, ma lo capisce solo il popolo che macina ancora il passato. E mi scuso per questo mio intervento a gamba tesa, ma non ne potevo fare a meno. Angela e Costantino, se potete, perdonatemi.

    1. Grazie Augusto di questo tuo intervento da addetto ai lavori dell’arte. Il rifarsi in maniera più o meno esplicita al passato è cosa che riempie di sé tutti i secoli e le espressioni artistiche e ahimè anche letterarie. Non discuto, poi, sugli aspetti, come dire, di opportunità sulla materia più o meno espliciti, però a mio parere – esplicitamente umano, romantico e poetico ma di più non sono capace – un artista se regala emozioni a me va bene lo stesso.
      Io mi sento parte di un’antichità e di una classicità che respiro in ogni pietra qui in questo mio angolo di sud dalle radici ancora greche e Mitoraj mi piace anche per questo, perché evoca una storia che sento mia. D’altronde in poesia – materia a me più vicina – quanti sono ancora fermi ad espressioni letterarie ormai desuete e convinti che oltre quelle non vi sia più nulla?
      Mia madre avrebbe sapientemente detto “mondo era e mondo è” scusando diplomaticamente anche me in questa risposta.

  2. Intanto un doveroso grazie ad Angela e Costantino per come riescono ad interessare e far conoscere artisti ed opere scelti sempre con cura e amore per l’arte. Di questo artista, conosciuto casualmente, perché condiviso da Angela Greco, sono rimasto affascinato nel preciso momento che ho visto le sue opere. Opere meravigliose e direi senza tempo, emigrate da un passato in cui gli eroi e gli dei erano al centro dell’universo, ad un presente ormai svuotato di ogni valore. Eppure l’artista riesce a restituire allo spettatore il perduto phatos esprimendo un’estetica che ci riporta indietro a rivalutare anche il quotidiano di cui non siamo più padroni e del quale dobbiamo riappropriarci.
    Infine Angela Greco con le sue parole ci aiuta a riscoprire questo phatos e umanizzando Icaro ci restituisce anche la nostra umanità.

    1. Grazie Giorgio per il tuo intervento accaduto, come il mio, da amante dell’arte. Posso solo aggiungere che ci sono cose a cui una spiegazione è insufficiente, poiché ci segnano in una zona che a molti nemmeno è data di intravedere nell’ombra.

  3. Da addetto ai lavori, mi sento di dire che in campo “artistico” succede frequentemente che artisti vengano sopravvalutati per furbizie creative che attuano “ad arte” e sono sempre molto critico verso questi personaggi che inquinano l’arte e la cultura in genere. Però non bisogna fare di tutta un’erba un fascio e riuscire a fare un distinguo e nel caso di Mitoraj, secondo me va fatto, perché penso che qualche furbizia tattica forse esiste nel suo lavoro creativo, ma indubbiamente ha immesso concettualità nuove e moderne nelle sue realizzazioni, evidenziate in questo articolo e questa valenza gli viene riconosciuta a livello internazionale. Nonostante spezzi una lancia suo favore però condivido, anche se in maniera meno estrema, il pensiero di Augusto, perché credo che nell’Arte, in genere, ci debba essere una ricerca continua che porti ad un’evoluzione dell’espressione in condizione empatica con il tempo in cui vive. Una ciliegina sulla torta il bellissimo intervento emotivo-poetico di Angela, la sapiente scelta delle immagini e l’eccellente redazione definitiva del testo tecnico.

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