Francis Bacon: “Ho sempre pensato di dipingere il sorriso, ma non ci sono mai riuscito” [cit.]

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F.Bacon, Studio dal ritratto di Innocenzo X di Velazquez (1953)

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“Ma che cosa pretendevate? Che mi mettessi a dipingere rose rosse nel secolo degli orrori?” (F. Bacon)

Francis Bacon nasce in Irlanda, a Dublino nel 1909 e muore a Madrid nel 1992; a sedici anni va a vivere senza la famiglia a Berlino, dove vive di lavori saltuari e nel 1926 è a Parigi, dove conosce le opere di Picasso, dalle quali nascerà il forte desiderio di  iniziare la propria carriera artistica.

“Bacon prende i corpi, li intrappola, crea in loro una forte tensione emotiva al punto da farli urlare; uno dei soggetti preferiti da Bacon è il Papa, per lui metafora della condizione umana. L’opera di riferimento, che lo ossessionava per la sua perfezione, è il “Ritratto di Papa Innocenzo X” di Velazquez, che Bacon giudicava una delle più importanti opere della storia. Nel famoso “Studio” dal “Ritratto di Innocenzo X” di Velazquez (1953) Bacon dà un’immagine sconvolgente del Papa, chiuso in una struttura tubolare, con un’espressione torturata, gravata dalla presenza di schizzi di sangue. Lo sfondo del quadro è percorso da tratti verticali che annebbiano la figura urlante, che siede, impotente, con i pugni chiusi. Nei suoi dipinti Bacon mette in evidenza le profondità sgradevoli della mente umana, immergendole in un’atmosfera da incubo. bacon_excerpt

La pittura di Bacon ha come compito il risveglio dell’uomo dal suo sogno di centralità assoluta nell’ordine delle cose per precipitarlo nell’incubo di appartenere all’ordine “corrotto” e “corruttibile” della materia. E’ quindi tipica in Bacon la rappresentazione di una figura in toni cupi, dalla testa senza occhi, di un viso che non ha più forma umana. Le figure di Bacon non si collocano nella storia e non hanno storia. Sono ad un passo dalla condizione animale, perché, come ha scritto Deleuze (filosofo), Bacon è un pittore di teste che rivelano lo spirito animale dell’uomo e il suo destino. Esse mostrano una verità che l’uomo rifiuta di conoscere, ma che da sempre conosce.” (Rosa Roselli, tratto da Francis Bacon in Arte di Rosa Roselli, Starrylink Editrice)

Francis Bacon, 1972, study for self-portrait

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Nel 2010 ebbi modo di vedere a Roma alcune opere di Bacon esposte a Galleria Borghese insieme con opere di Caravaggio, in una mostra che audacemente – pensai – affiancava due artisti molto distanti tra loro. Dopo un iniziale e comprensibilissimo momento di titubanza, guardai e riguardai le opere, osservando da vicino i lavori e mi resi conto che in entrambi si avvertiva molto forte la “tensione del genio”, che da sola valeva l’associazione tra i due.

Le “distorsioni” fisiche di Bacon, che richiamano aspetti interiori del pianeta “Uomo”, generano istintivamente empatia e desiderio di fuga in chi le osserva, per quella drammaticità – specchio dei tempi moderni – di cui sono fortemente pervase, difficile addirittura da accettare. Per guardare Bacon – secondo me – occorre “guardare oltre” il gusto estetico dominante, inevitabilmente destinato ad allontanare il fruitore dal mondo affascinante, inquieto ed inquietante di questo artista moderno, per avvicinarsi al quale occorre abbracciare una concezione ed una visione “più ampia” della pittura, dell’arte e dell’esistenza stesse (Angela Greco).

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