Antonin Artaud, da Poesie della crudeltà

Antonin Artaud, da Poesie della crudeltà 

PENDOLO

Non sono un mietitore, checché se ne dica.
Accomodo sulle mie ginocchia la luna, mia promessa
E l’ora del pastore risuona in qualche angolo
Dietro il paravento dipinto della collina,
Sotto le palme verdeggianti del cielo deserto. Sono incline
A pensare che è senza dubbio per dosare meglio
La lenta instillazione del vino annerito del dubbio
In sentieri infiniti di cieli incrociati
Che nell’acqua del silenzio questa pietra è gettata,
Questa pietra sonora nell’attesa e nel dubbio.

 

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FESTA NOTTURNA

Questa festa collega gli stagni
Al folgorante carreggio degli astri
Con le sue cornucopie
In cui rotolano i nostri pensieri brillanti.
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In qualche posto fra terra e cielo
Essa vuota queste immondizie d’anime
Che qualcuno nella notte in fiamme
Scambia per cigni volanti
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E noi melliflui assistenti
Della trasfusione del nostro midollo
Vediamo fondere anche le stelle
Dei nostri sogni esilaranti.
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L’AMORE SENZA TREGUA

Questo triangolo d’acqua che ha sete
questa rotta senza scrittura
Signora, e il segno delle vostre alberature
sopra questo mare in cui annego
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I messaggi dei vostri capelli
il colpo di fucile delle vostre labbra
questa bufera che mi rapisce
nella scia dei vostri occhi
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Quest’ombra infine, sulla riva
dove la vita ha tregua, e il vento,
e l’orribile scalpiccio
della folla al mio passaggio.
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Quando sollevo gli occhi verso di voi
si direbbe che il mondo tremi
e i fuochi dell’amore assomigliano
alle carezze del vostro sposo.
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da Poesie della crudeltà (Nuovi Equilibri, 2002 – curatore e traduttore Pasquale Di Palmo) — immagine: Edvard Munch, Due persone sole

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Antonin Artaud – Nato a Marsiglia nel 1896, manifesta presto i sintomi di una grave sofferenza mentale. Scartato nel 1917 dall’esercito per sonnambulismo, si trasferisce a Parigi nel 1920 e qui comincia a recitare nelle produzioni dell’Atelier di Dullin e poi in quelle dei Pitoeff. Entra nel movimento surrealista di Breton, ma ne esce presto per motivi politici. Il regista cinematografico Abel Gance gli fa interpretare il ruolo di Marat nel Napoléon (1926); anche Freyer gli dà una parte nel film La passione di Giovanna d’Arco (1928).
Nel 1926 fonda con altri il Teatro Alfred Jarry, che ha però breve vita. Nel luglio 1931 assiste, all’Esposizione coloniale di Parigi, a uno spettacolo di danzatori dell’isola di Bali, che segna una tappa decisiva nella successiva elaborazione della sua poetica teatrale.
Nel 1935 inaugura il nuovo movimento del Teatro della crudeltà (Theatre de la Cruauté) nella sala parigina delle Folies-Wagram, mettendo in scena un suo testo, I Cenci, che però non ha successo.
Negli anni successivi Artaud si reca in Messico, quasi senza denaro. Nei villaggi indios della Sierra Madre matura un ttale distacco dal mondo occidentale: lo affascinano il peyotl (fungo allucinogeno), le danze solari e la simbiosi che gli indios manifestano con la terra e il suo doppio notturno (la luna).
Tornato in Europa, nel 1937 è arrestato in Irlanda e recluso per vagabondaggio. Viene rimpatriato e internato. Trasferito (1943) nell’ospedale psichiatrico di Rodez, si dedica all’arte-terapia, ma viene ferito dall’elettrochoc.
Scrive lettere e compila quaderni che documentano il lento sprofondare nella follia.
Con l’aiuto di amici lascia Rodez nel 1946. Consumato da un tumore (che lenisce con oppio e cloro), scrive il dramma radiofonico Per finirla con il giudizio di Dio. La trasmissione, prevista per la sera del 2 febbraio 1948, è sospesa per blasfemia e oscenità; va in onda tre settimane più tardi solo per pochi invitati. Pochi giorni dopo Artaud è trovato morto. (tratto dal scuolissima.net) – fotografia di Man Ray

 

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